Elezioni presidenziali in Brasile
Il socialdemocratico Lula batte il fascista Bolsonaro
Il nuovo presidente: Non ci sono due Brasile, è ora di deporre le armi
Il 20,6% degli elettori ha disertato le urne nonostante il voto obbligatorio

 
Nel turno di ballottaggio del 30 ottobre il candidato della Coalizione Brasile della Speranza, il socialdemocratico Luiz Inacio Lula da Silva con oltre 60 milioni di consensi, pari al 50,9% dei voti validi, ha superato sul filo di lana il presidente uscente, il fascista Jair Bolsonaro candidato della Coalizione per il bene del Brasile che si è fermato a 58,2 milioni di consensi, pari al 49,1% dei voti validi, e dal prossimo 1 gennaio assumerà ufficialmente la carica di presidente della Repubblica Federale del Brasile, una carica che ha già ricoperto per due mandati consecutivi dal 2003 al 2011.
Al primo turno del 2 ottobre il socialdemocratico Lula aveva raccolto oltre 52 milioni di consensi, il 48,43% dei voti validi, staccando il rivale fascista Bolsonaro di oltre sei milioni di voti e di 5 punti percentuali. Nella tornata elettorale erano stati rinnovati anche un terzo dei seggi del Senato e tutti i 513 della Camera dei Deputati dove sono rappresentate 27 diverse formazioni politiche e dove il Partito liberale di Bolsonaro ha conquistato la maggioranza relativa con quasi 100 seggi, il Partito dei lavoratori di Lula è il secondo con 79 seggi.
Impedire il secondo mandato del presidente uscente e voltare nuovamente pagina nella politica di destra del governo ribadite nel terzo mese di campagna elettorale sono stati tra gli argomenti che hanno permesso a Lula di mantenere il vantaggio utile alla sua elezione, pescando anzitutto nel bacino degli astensionisti tanto che per la prima volta nella storia elettorale recente del Brasile il numero dei non votanti è calato dal 20,95% del primo turno al 20,58% del secondo turno mentre le nulle e bianche nelle due giornate sono rimaste sul 4,6%, la metà di quelle del 2018 e il minimo degli ultimi 20 anni.
La diserzione delle urne al ballottaggio del 30 ottobre, nonostante il voto obbligatorio, è stata comunque scelta da 32,2 milioni di elettori, sui 156,4 milioni aventi diritto al voto, cui si sommano 3,9 milioni di schede nulle e quasi 1,8 milioni di schede bianche che danno un astensionismo complessivo di quasi un quarto del corpo elettorale.
“Governerò per 215 milioni di brasiliani e non solo per chi ha votato per me. Non ci sono due Brasile. Siamo un paese solo, un popolo solo, una grande nazione” è stato il commento a caldo del 77enne Lula che aggiungeva “vivremo una nuova era di pace, amore e speranza” invitando Bolsonaro a deporre le armi, a riconoscere la sua vittoria e consentire un tranquillo passaggio dei poteri fra due mesi quando si presenterà al Palácio do Planalto, il palazzo presidenziale a Brasilia.
Sarà accompagnato dal suo vice Geraldo Alckmin, ex avversario di destra battuto alle presidenziali del 2006, ex governatore di San Paolo e devoto cattolico, imbarcato nella Coalizione Brasile della Speranza nell'aprile scorso nonostante abbia appoggiato il governo provvisorio di Michel Temer che nel 2016 mise fine ai 13 anni consecutivi di presidenza del Pt di Lula e Dilma Rousseff, travolti da scandali e corruzione. Anche nella sua prima vittoria nel 2002 Lula aveva scelto come vicepresidente il magnate del tessile Jose Alencar del Partito liberale.
Nel suo primo discorso da presidente il 27 ottobre del 2002 Lula aveva affermato che con lui "un nuovo Brasile sta nascendo"' ma non potendo far miracoli annunciava cambiamenti "senza sorprese e senza shock" e sottolineava che il Brasile avrebbe rispettato tutti gli accordi presi coi creditori internazionali a partire dal Fmi. Quello che per la "sinistra" borghese allora era un modello vincente da seguire a dire il vero non ha inciso sostanzialmente sulle condizioni di vita delle masse popolari, nonostante il Pt sia rimasto alla guida del paese per 13 anni, i due mandati consecutivi di Lula dal'1 gennaio 2011 all'1 gennaio 2011 e i quasi due della Dilma Vana Rousseff fino al 31 agosto 2016. Questa volta Lula riparte da una condizione non molto diversa da quella di 20 anni fa e peggiorata dai cinque anni di presidenza del fascista Bolsonaro che è stata segnata tra le altre dalla criminale gestione dell'emergenza pandemia con quasi 700 mila morti di Covid, dall'aumento dei poveri, dalla diminuzione di tassi di alfabetizzazione e frequenza scolastica. Una serie di problemi delle masse popolari che potrebbero di nuovo essere deluse dalle promesse di cambiamento con le quali Lula si è conquistato il terzo mandato ma con un esecutivo che per decollare ha bisogno intanto dell'indispensabile appoggio delle formazioni di centro tutto da "conquistare" con posti nei ministeri.

9 novembre 2022