10 femminicidi al mese
Gli assassini più della metà delle vittime sono i partner

 
I femminicidi e gli episodi di violenza contro le donne non hanno tregua, come testimoniano le pagine di cronaca dei giornali.
Dall’inizio del 2022 fino al 21 novembre in Italia sono state ammazzate 104 donne, quasi 10 al mese. Un dato in aumento rispetto a quello dello scorso anno in cui alla fine del 2021 le donne uccise sono state 100.
I dati delle forze di polizia, contenuti nel report “Il pregiudizio e la violenza contro le donne”, elaborato dalla Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza portano sotto i riflettori i numeri di una strage inaudita: dall'inizio dell'anno i femminicidi sono stati 82, 71 dei quali consumati in ambito familiare e, in relazione a queste 71 donne, 42 (quasi 2 su 3) hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex partner.
Nella quasi totalità dei casi (94,6%) le violenze sono riferibili a un solo autore e nel 3,5% dei casi a due. Gli autori della violenza si trovano soprattutto tra le persone con cui la donna ha legami affettivi importanti.
Nel 58,8% dei casi è il partner a perpetrare la violenza sulla donna, nel 22,9% si tratta di un ex partner, nel 12,5% è un altro familiare o parente; le violenze subite fuori dall'ambito familiare e di coppia costituiscono il restante 9,9% (dati Istat).
Un altro rapporto, realizzato da Eures, mette in luce altri elementi, il primo è che è in diminuzione l’incidenza delle grandi aree metropolitane come regioni dal rischio più elevato per le donne: in cima alla graduatoria nazionale per numero di femminicidi si conferma anche nel 2022 Roma, ma con 8 femminicidi, a fronte dei 14 vittime del 2021), in calo anche Milano (5 femminicidi, 2 in meno rispetto all’anno scorso). L’altro è che aumentano i femminicidi a mani nude (+26,3 per cento, con 24 donne uccise) e in particolare quelli da percosse, che passano dai 3 casi del 2021 agli 8 del 2022, accompagnati da esplosioni di rabbia spesso derivanti dalla impossibilità di esercitare il proprio controllo sulle scelte o sui comportamenti delle vittime. E questo ultimo dato mette a nudo la concezione della donna della cultura dominante borghese, insita nel capitalismo, che la considera puramente un oggetto di proprietà, vincolato al dogma cattolico oscurantista dell'“indissolubilità” del matrimonio e della coppia.
La maggior parte dei responsabili di femminicidio ha un’età compresa tra 31 e 44 anni (29% nel 2021 e 28% nel 2022). Seguono i 45-54enni con il 23%; gli ultra 65enni e la fascia 18-30 anni raggiungono il 19%. Netta la prevalenza degli italiani (75% in entrambi gli anni). Negli ultimi nove mesi, invece, l’incidenza maggiore di vittime (29%) si registra nella fascia d’età dai 65 anni in su. Seguono la fascia 31-44 anni (24%) e 45-54 anni (21%). Anche in questo caso prevalgono le italiane (l’81% nel 2021 e il 79% nel 2022).
Una strage di donne che neanche il Codice rosso, la legge istituita dal governo Conte nel 2019, enfatizzata all'epoca come rimedio per contrastare la recrudescenza della violenza sulle donne e i femminicidi a livello legislativo, ha saputo fermare. Dal suo insediamento gli unici dati “positivi” sono: la diminuzione del reati di costrizione o induzione al matrimonio (-53%) e il revenge porn (-20%). In compenso sono cresciute le violazioni dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla donna offesa (+ 12%) e le lesioni con deformazioni o sfregio permanente al viso (+17%).
Ipocrita pare la mozione approvata in modo unanime dalla Camera il 23 novembre, due giorni prima della giornata internazionale contro la violenza di genere del 25 novembre, che impegna l'esecutivo “a proseguire nelle politiche di contrasto alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica quali prioritarie nell'azione di governo” quando proprio il governo neofascista Meloni è il massimo esponente dell'ideologia e la cultura reazionaria, razzista, maschilista, clericale, omofoba della destra che ha al centro il trinomio mussoliniano “Dio, patria e famiglia” che sta alla base della violenza sulle donne e i femminicidi.
Se vogliamo farla finita con questa intollerabile strage di donne occorre dare vita a un grande movimento di massa che rivendichi tutte quelle misure che tutelano pienamente le donne dai femminicidi: al primo posto il lavoro, molte delle donne uccise non hanno potuto lasciare il partner violento perché non erano indipendenti a livello economico. L'indipendenza economica delle donne, quindi, diventa una questione urgente se si vuole contrastare questa scia nera dei femminicidi nel nostro Paese, non il “reddito di solidarietà” della neofascista Meloni ma un lavoro per tutte le donne che deve essere a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato.
I femminicidi sono la più marcia espressione della concezione patriarcale e maschilista dei rapporti fra i sessi e della famiglia, che ispira e impregna il capitalismo e la cultura borghese e ora col governo neofascista Meloni trovano il loro massimo esponente. Diventa quindi urgente l'appello del PMLI col documento del Comitato centrale del 25 ottobre di “creare contro il governo Meloni, almeno nella pratica, un fronte unito più ampio possibile composto dalle forze anticapitaliste, a cominciare da quelle con la bandiera rossa, dalle forze riformiste e dai partiti parlamentari di opposizione. Senza settarismi, pregiudizi ed esclusioni. Deve contare solo l'opposizione a questo governo”. E ancora “Finché non si riuscirà ad abbattere il governo neofascista Meloni bisogna rimanere uniti, poi ognuno andrà per la propria strada. Il PMLI andrà fino in fondo sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista”. L'unica società in grado di estirpare le cause dei femminicidi.

30 novembre 2022