Nell'incontro del 7 dicembre sulla legge di Bilancio
Meloni sbatte la porta in faccia ai sindacati
Cgil e Uil indicono una settimana di scioperi regionali, Cisl e Ugl si schierano col governo
Per affossare la manovra occorre lo sciopero generale

Un incontro di due ore per sentirsi dire che le richieste erano “sensate” e meritevoli di essere “valutate, ma che in ogni caso l'impianto del provvedimento non si cambia e che il governo è deciso a tirare dritto sulla sua strada. Questo in sostanza l'esito dell'incontro governo-sindacati del 7 dicembre a Palazzo Chigi sulla manovra di bilancio.
Un esito peraltro scontato, visto che qualche ora prima la presidente del Consiglio, affiancata dal ministro dell'Economia Giorgetti, aveva presieduto un vertice con i capigruppo e i capi delegazione dei quattro partiti di governo per rivendicare la giustezza e l'intoccabilità, salvo qualche ritocco, di tutte le misure della manovra e chiedere a ciascuno di non deflettere da questa linea, la cui osservanza sarà affidata ad un'apposita “cabina di regia” del governo per evitare sorprese da parte dei propri parlamentari. Non a caso, per non correre rischi, la discussione della legge avverrà solo alla Camera, dove il governo ha una maggioranza superblindata, per poi farla ratificare senza discussione e col voto di fiducia al Senato, dove i suoi voti sono più risicati.
“Per rispondere alle critiche strumentali e non fondate che ci sono state rivolte dobbiamo avere una linea condivisa”, ha chiesto infatti Giorgia Meloni ai capigruppo e ai leader della maggioranza. “Abbiamo fatto scelte politiche precise, certo non per fare cassa sui meno abbienti”, ha poi aggiunto respingendo ai mittenti le accuse di aver voluto con la sua prima finanziaria premiare ricchi ed evasori, con l'estensione della flat tax e la raffica di condoni ed agevolazioni fiscali; e punire i poveri, i disoccupati, i pensionati e le donne, con l'abolizione del Reddito di cittadinanza, il taglio per 3,5 miliardi dell'indicizzazione delle pensioni sopra i 2.000 euro lordi, le drastiche restrizioni all'accesso delle donne al pensionamento anticipato. Critiche piovute non solo da sindacati, partiti dell'opposizione, sociologi e corpi sociali, ma perfino da organismi istituzionali come la Banca d'Italia, l'Ufficio parlamentare di Bilancio, la Corte dei conti, l'Istat e il Cnel, tutti variamente concordi nell'esprimere riserve sulle possibili conseguenze delle misure della manovra nell'incoraggiare la propensione ad evadere le tasse, nell'aumentare la povertà e nell'allargare le disuguaglianze sociali.
Quanto alle richieste di modifica della manovra, “ho ascoltato tutti — aveva premesso Meloni aprendo l’incontro a cui erano presenti anche Salvini, Lupi e Casellati al posto di Tajani — ma resto convinta che la filosofia sia quella giusta, io i capisaldi della manovra non li cambio”. Saranno possibili solo “ritocchi minimi”, ha avvertito. Del resto l'Europa e i conti pubblici non lo consentono. Tuttavia ha rivendicato con forza di non aver deluso gli elettori della destra impiegando tutte le scarse risorse disponibili in misure volte a premiarli e dare il senso di marcia alla politica economica e sociale del suo governo neofascista: “Di più non si poteva fare, ma questa manovra segna l’inizio della realizzazione del nostro programma di governo”.
 

Meloni sorda a critiche e richieste
Non solo quindi, subito prima di incontrare i sindacati, Meloni aveva già anticipato la sua chiusura netta ad ogni ipotesi di trattativa, ma il suo intento era anche quello di dividerli, e in particolare di isolare la Cgil, com'è apparso chiaro dalla presenza del sindacato neofascista Ugl di Claudio Capone, invitato anche stavolta a Palazzo Chigi per fiancheggiare il governo, e dal comportamento collaborazionista della Cisl di Luigi Sbarra. Intento riuscito almeno in parte, perché a conclusione dell'incontro, mentre per il segretario della Cgil Maurizio Landini e per quello della Uil Pierpaolo Bombardieri l'esito veniva giudicato nettamente insoddisfacente, ribadendo il giudizio negativo sulla manovra e annunciando una settimana di mobilitazioni in tutte le regioni d'Italia, per Sbarra essa aveva invece “luci ed ombre”, ma anche “misure che condividiamo”, per cui la Cisl non avrebbe partecipato alla mobilitazione. Idem ovviamente per Capone, per il quale questo “non è il momento delle piazze, ma è l'ora del dialogo”.
Nei colloqui la premier aveva eretto subito un muro di sbarramento ad ogni critica dei sindacati alla manovra, sostenendo che “non è vero che la manovra dà un segnale di lassismo sull’evasione fiscale”, e l'innalzamento del tetto del contante e le limitazioni all'obbligo del Pos “non hanno nulla a che vedere con il contrasto al nero”. E ha pure finto di stupirsi per prenderli in castagna: “Come è possibile che abbiate la stessa posizione di Bankitalia? Capisco Bankitalia, perché le banche ci guadagnano, ma voi...”. La stessa furbizia demagogica esibita da Salvini, quando commentando l'esito dell'incontro ha chiosato soddisfatto: “La Cgil boccia la manovra economica proprio come Bankitalia. Bene, allora vuol dire che abbiamo fatto un'ottima legge di bilancio”.
Anche sulla reintroduzione dei voucher Meloni si è mostrata completamente sorda, sentenziando che “non sono uno strumento per sottopagare i lavoratori”, e tanto deve bastare. Qualche correzione, ha concesso, ci potrebbe essere su Opzione donna, ma senza stravolgerne l'obiettivo di premiare le donne con figli. Così come si è detta d'accordo sul tema di una più robusta riduzione del cuneo fiscale: che è “una nostra priorità”, ha detto, ma se ne dovrà parlare il prossimo anno. Anche se la Cgil chiede che sia devoluto tutto ai lavoratori, mentre lei lo intende per un terzo anche come sconto alle imprese. Insomma, la manovra non si tocca e i sindacati si dovranno contentare di alcuni “tavoli” da aprire dopo la sua approvazione entro fine dicembre, come quello sulle pensioni fissato a gennaio.
 

Le posizioni di Landini, Bombardieri e Sbarra
Uscendo da Palazzo Chigi Cgil e Uil hanno elencato i temi su cui le distanze col governo sono “profonde”, come il mancato “superamento” della Fornero, la flat tax, la tutela del potere d'acquisto dei salari, il cuneo fiscale, la precarietà, il Sud, la mancanza di un piano industriale. Per Landini “le risposte ottenute hanno confermato profonde distanze sulla questione del fisco, della precarietà e sulla tutela del potere di acquisto, perché alla nostra richiesta di portare al 5% la riduzione del cuneo contributivo e riconoscere un automatismo che rivaluti le detrazioni per il lavoro dipendente, non abbiamo avuto risposte”. Anche Bombardieri ha confermato le mobilitazioni insieme alla Cgil, dichiarando che “ci è stata data disponibilità a una serie di tavoli di confronto, ma vista l’emergenza salariale, con i tavoli non si pagano le bollette e non si mangia: scenderemo in piazza”.
Ancora una volta, invece, la Cisl sceglie di fiancheggiare il governo di turno non partecipando agli scioperi articolati, con Sbarra che in un comunicato afferma di “apprezzare” che “i due terzi della manovra siano rivolti a dare continuità e a consolidare i sostegni a lavoratori, pensionati, famiglie e imprese colpiti dal caro energia e dall’inflazione”, e che “il presidente Meloni si è impegnata a un supplemento di valutazione sulle nostre proposte. Inoltre verranno aperti tavoli di confronto su pensioni, pubblica amministrazione, sicurezza sul lavoro, politiche industriali”. Ragion per cui considera lo sciopero generale “un errore che rischia di trasferire tensioni nei luoghi di lavoro”.
Per Landini, come ha dichiarato in un'intervista al Corriere della Sera del 9 dicembre, “la manovra del governo è regressiva e pericolosa: non si aumentano i salari; sul fisco si va in direzione opposta alla lotta all’evasione; si tagliano sanità, scuola, trasporto locale; si riduce la spesa per le pensioni di 3,5 miliardi, con un danno all’indicizzazione e non si cambia la Fornero. È una manovra che ipoteca il futuro in senso contrario alle piattaforme di Cgil, Cisl e Uil”. Anche se non denuncia la presenza fissa dell'Ugl ai tavoli di confronto e l'intento di Meloni di dividere il fronte sindacale; e soprattutto non evoca lo sciopero generale, la sola arma risolutiva che potrebbe affossare questa finanziaria iniqua, compiacente con i ceti più abbienti e gli evasori e punitiva con i lavoratori, i disoccupati e i poveri.
 

Occorre lo sciopero generale
Per il momento Cgil e Uil si limitano a una serie di scioperi regionali iniziati lunedì 12 dicembre in Calabria, e che nella settimana coinvolgeranno altre regioni, per concludersi venerdì 16 con manifestazioni contemporanee in Alto Adige, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Friuli, Liguria, Lombardia, Molise, Sardegna, Toscana e Lazio. La manifestazione di Roma sarà conclusa da Landini in piazza Madonna di Loreto, a partire dalle ore 10. Ma iniziative così scaglionate e frammentarie potranno incidere ben poco a far abbassare la cresta alla neofascista Meloni e ai suoi camerati di governo.
Bisogna seguire invece l'esempio dello sciopero generale del 2 dicembre proclamato dai sindacati di base, per avere la possibilità di fermare la manovra prima che sia approvata. Ci vuole cioè lo sciopero generale nazionale, con la partecipazione di Cgil e Uil e dei sindacati di base, e con manifestazione a Roma sotto Palazzo Chigi. E più in generale ci vuole, contro questo governo neofascista, anche la creazione di un fronte unito più ampio possibile composto dalle forze anticapitaliste, a cominciare da quelle con la bandiera rossa, dalle forze riformiste e dai partiti parlamentari di opposizione. Senza settarismi, pregiudizi ed esclusioni. Deve contare solo l'opposizione a questo governo.
La piattaforma rivendicativa unitaria sulla quale tutte queste forze si possono coalizzare dentro e fuori del parlamento, oltre all'affossamento della legge di Bilancio e delle altre misure neofasciste repressive e razziste già varate, è quella indicata dal Documento del Comitato centrale del PMLI del 25 ottobre 2022, “Uniamoci contro il governo neofascista Meloni per il socialismo e il potere politico del proletariato”: l'abbattimento immediato delle bollette per le famiglie a basso e medio reddito, un forte aumento dei salari e delle pensioni, l'assunzione di tutti i precari, l'abrogazione della legge Fornero, l'affossamento dell'autonomia regionale differenziata. E a queste rivendicazioni immediate vanno aggiunte quelle strategiche come la piena occupazione, lo sviluppo del Mezzogiorno, l'abbattimento delle disuguaglianze economiche, sociali, di genere e territoriali, il risanamento delle periferie urbane.


14 dicembre 2022