La mobilitazione Cgil e Uil su base regionale è partita lunedì 12 in Calabria e si conclude venerdì 16 con altre regioni e la manifestazione a Roma con Landini
Sciopero contro la Legge Finanziaria del governo Meloni

La Cgil e la Uil hanno deciso di mobilitare i lavoratori contro la Legge di Bilancio varata dal governo. La finanziaria ha confermato la natura reazionaria, filopadronale e antioperaia del governo neofascista della Meloni che già i primi atti del nuovo esecutivo avevano messo in evidenza, come il decreto contro i rave party , facilmente utilizzabile contro manifestazioni e occupazioni e quindi anche contro il dissenso sociale, e la vergognosa guerra contro i migranti e le Ong che cercano di salvarli in mare. Così come gli atti e le dichiarazioni di alcuni neo ministri sul merito, sulla cultura, o le circolari anticomuniste alle scuole per indottrinare gli studenti come faceva il MinCulPop di mussoliniana memoria.
Allo stesso modo la Legge di Bilancio appena varata si configura come una manovra marcatamente di destra, classista e culturalmente reazionaria. In linea di massima non ci si discosta granché da quanto fatto da Draghi: elemosine per tamponare il caro bollette e l'aumento dei carburanti, qualche punto percentuale di detassazione sulle buste paga, la solita elemosina sulle pensioni, ma solo su quelle sotto i 2mila euro lordi, nessuna risorsa per sanità, scuola, trasporti pubblici e Mezzogiorno. In compenso mille agevolazioni alle imprese, tassazione degli extra profitti ridicola, flat tax ancora più ampia per autonomi e partite iva, rialzo dell'uso del contante a favore di criminalità ed evasione fiscale.
Non mancano tuttavia “segnali” che cercano di marcare una certa discontinuità con il precedente governo. Tra questi la restrizione della platea dei percettori del reddito di cittadinanza e la sua cancellazione entro il 2024, risorse alle “grandi opere” a partire dal Ponte sullo stretto, condoni e cancellazioni delle multe ai contribuenti morosi, la reintroduzione dei voucher , aboliti nel 2017 dopo che erano diventati uno strumento per legalizzare il lavoro nero, incentivi alle donne e alle famiglie “prolifiche” in perfetto stile Ventennio, dall'opzione donna per andare prima in pensione ai contributi alle ristrutturazioni edilizie, più favorevoli per chi ha tanti figli. Su queste palesi discriminazioni sembra però che il governo sia disponibile a fare marcia indietro.
Neanche la cautela di Cgil-Cisl-Uil, che avevano dichiarato di non avere pregiudiziali e di aspettare i primi provvedimenti del governo, stavolta ha evitato che dai sindacati confederali arrivasse la bocciatura della finanziaria. Le critiche stavolta sono state efficaci e puntuali e sostanzialmente sono le stesse che abbiamo esposto sopra. È bene però precisare che ci sono delle distinzioni tra le tre sigle, in particolare da parte della Cisl, che ha confermato ancora una volta la sua linea filogovernativa e, a parte qualche debole obiezione su alcuni punti, di fatto si è sfilata da Cgil e Uil che a supporto del loro giudizio negativo hanno indetto uno sciopero generale su base regionale, nella settimana lavorativa che va dal 12 al 16 dicembre.
La prima regione a mobilitarsi è stata la Calabria con lo sciopero e la manifestazione lunedì 12 dicembre. Il giorno seguente, martedì 13 dicembre, è stata la volta della Sicilia e dell’Umbria. La Puglia sciopererà giovedì 14 dicembre, lo stesso giorno mobilitazioni anche in Trentino, Valle d’Aosta e Veneto. Giovedì 15 dicembre toccherà alle lavoratrici e ai lavoratori di Marche, Abruzzo e Piemonte. Venerdì 16 dicembre scenderanno in piazza, contestualmente agli scioperi, tutte le altre regioni: Alto Adige, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Friuli, Liguria, Lombardia, Molise, Sardegna,Toscana e Lazio. Maurizio Landini concluderà la manifestazione che si terrà a Roma venerdì 16.
Alla Legge di Bilancio, definita “contro il lavoro, sbagliata e da cambiare” la Cgil contrappone rivendicazioni (condivise dalla Uil) essenziali, chiare e nette: aumentare i salari, conferire tutele a tutte le forme di lavoro, eliminare le forme di lavoro precario, riforma fiscale, tassazione degli extraprofitti, rivalutazione delle pensioni, risorse per il diritto all'istruzione e per la sanità, cancellare la Legge Fornero. Tutte condivisibili, a partire dalla rivalutazione dei salari, sempre più erosi dall'inflazione galoppante. Ma non condividiamo affatto che lo si debba fare con la riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, che per i lavoratori è costituito sostanzialmente dall'Irpef e dai contributi previdenziali.
Questa misura, oltre ad essere generalmente temporanea, se porta un piccolo sollievo in busta paga si rivela poi un boomerang, poiché queste tasse vanno a finanziare la spesa pubblica e le pensioni. Perciò il lavoratore sarà costretto a rivolgersi al “libero mercato” per compensare i tagli ai servizi erogati dallo Stato che si troverà a gestire minori entrate. Non a caso questa misura è richiesta a gran voce anche dal falco di Confindustria Bonomi, poiché non costa nulla alle imprese, il quale è favorevole agli sgravi sugli aumenti legati alla produttività, sui benefit e i bonus erogati dalle aziende che vi hanno un loro ritorno economico, mentre è assolutamente contrario ad un forte aumento dei minimi salariali stabiliti dal contratto nazionale di lavoro, che invece è il modo più efficace per rivalutare i salari e contrastare il carovita.
Sulle pensioni constatiamo favorevolmente che per la prima volta si parla di abolizione della Fornero, e non di modifica come era stato fatto finora. Però proponendo l'uscita flessibile a partire da 62 anni con 41 anni di contributi (che per i lavori usuranti è già in vigore) non ci si discosta di molto dall'attuale legislazione. Inoltre bisogna avere ben in mente che la Fornero e le controriforme precedenti avviate già negli anni '90, hanno stravolto in peggio la previdenza non solo dal punto di vista dell'età pensionabile, ma anche da quello economico. Il metodo contributivo attualmente in vigore, fatto di montante, rivalutazione sulla base del PIL, aspettativa di vita, coefficiente di trasformazione, fanno sì che le pensioni siano sempre più basse anche per chi ha lavorato più di 40 anni. Occorre quindi cambiare il metodo di calcolo, che deve ritornare al retributivo.
Per il momento diamo credito a Cgil e Uil per aver risposto con la mobilitazione alle misure del governo senza aspettare troppo tempo. Questa prima ondata di scioperi dovrà però essere l'inizio di una ripresa della conflittualità sindacale da parte della Cgil. Giusto un anno fa ci fu lo sciopero generale con manifestazione a Roma per chiedere misure in favore dei lavoratori, dei precari e dei pensionati, a cui però non vi fu alcun seguito, tanto che Draghi fino alla caduta del suo governo non dovette preoccuparsi dell'opposizione dei sindacati confederali. Ma per Landini quello sciopero, come ha dichiarato in una intervista al Corriere della sera del 9 dicembre, costrinse Draghi a “varare il taglio di due punti del cuneo contributivo.....e portò all'istituzione della tassa sugli extraprofitti”. Ci auguriamo che stavolta non ci si accontenti di così poco.


14 dicembre 2022