L'Ucraina continua l'offensiva senza piegarsi alla guerra di sterminio di Putin
Zelensky: “Non rinunceremo a un solo centimetro della nostra terra... fallirà il piano russo di trasformare l'inverno in un'arma”

Se da un lato continua la gloriosa resistenza ucraina all’invasione neonazista russa, che è arrivata a colpire basi militari in territorio russo, dall’altra continuano i sempre più criminali, indiscriminati e dissennati bombardamenti russi su obiettivi civili, ossia sulle strategiche strutture energetiche dell’Ucraina, col solo inqualificabile intento di provocare disperazione e terrore tra le popolazioni di città e villaggi già costrette alla lotta quotidiana per la sopravvivenza contro il freddo e il gelo, senza acqua potabile e energia elettrica.
750 km, questa è la distanza tra il confine ucraino orientale e l'aeroporto militare russo nella regione di Ryazan, il 5 dicembre colpito da un attacco. Non si tratta di un caso isolato. Un'altra esplosione è avvenuta nell'aeroporto militare di Engels (500 km dall'Ucraina), una delle principali basi operative dell'aviazione a lungo raggio russa, dove si trovavano più di 30 bombardieri. Mai un attacco militare si era spinto così in profondità nelle sue sortite offensive sul suolo russo; finora si erano registrati bombardamenti ben più in prossimità, contro molteplici infrastrutture di Belgorod (il 13 ottobre, il 3 luglio e il 14 aprile) e contro l'aeroporto militare russo di Kursk (colpito già ad agosto, e nuovamente in questa giornata). Il 10 dicembre si è verificato un attacco a una base militare russa a Melitopol, la città strategica nell'oblast di Zaporizhzhia che da marzo è occupata dai russi; secondo il sindaco ucraino, Ivan Fedorov, ci sono stati "200 morti" tra i russi. Secondo il governatore imposto dalla Russia nella regione di Zaporizhzhia, Yevgeny Balitski, le forze armate ucraine hanno colpito con i missili Himar il complesso alberghiero, situato vicino a una chiesa, alla periferia della città e che era stato trasformato in una caserma. Le immagini circolate sui social mostrano l'incendio di quella che era una struttura utilizzata dai famigerati mercenari del gruppo Wagner.
Per contro il 7 dicembre l'esercito invasore russo ha colpito un mercato, una stazione degli autobus, distributori di benzina ed edifici residenziali nella città di Kurakhove nella regione di Donetsk, uccidendo almeno 8 civili. Il giorno dopo l'esercito russo ha lanciato più di mille missili e razzi negli ultimi 8 attacchi contro le strutture energetiche ucraine, come affermato dal presidente dell'azienda elettrica ucraina Ukrenergo Volodymyr Kudrytsky: "Questi attacchi rappresentano il più grande colpo alla rete elettrica che l'umanità abbia mai visto. Più di 1.000 proiettili e missili sono stati lanciati contro le linee elettriche causando gravi danni all'Ucraina", ha affermato. Due civili sono morti e altri cinque sono rimasti feriti durante i bombardamenti russi del 10 dicembre nella regione di Kherson, nell'Ucraina meridionale. Lo ha reso noto su Telegram il capo dell'amministrazione militare regionale, Yanushevych: "Gli occupanti russi hanno aperto il fuoco sul territorio della regione di Kherson 45 volte. Hanno colpito con l'artiglieria, i sistemi missilistici a lancio multiplo, i carri armati e i mortai. Il nemico ha nuovamente attaccato le aree residenziali di Kherson. I proiettili russi hanno colpito un reparto di maternità, un bar, un'infrastruttura, case unifamiliari e condomini". Altri morti e feriti tra i civili ucraini il 12 dicembre a Kherson.
Dal punto di vista diplomatico Mosca continua a rimanere ferma sulle sue posizioni: disposta a trattare ma con la postilla “che si rispettino i nostri interessi”. Ovvero che la comunità internazionale riconosca i territori ucraini occupati. Una posizione giustamente incompatibile con quella di Kiev che pone come condizione base di ogni trattativa il ritiro dei soldati russi da tutto il territorio ucraino, Crimea compresa. Il nuovo zar del Cremlino l’8 dicembre ha ammesso che il conflitto richiederà un po’ di tempo e ha avvertito della crescente minaccia di una guerra nucleare. Parlando a una riunione del Consiglio russo per i diritti umani al Cremlino, Putin ha infatti detto che Mosca combatterà “con tutti i mezzi a nostra disposizione”, in quella che insiste a chiamare “operazione militare speciale”, ma ha anche affermato di non vedere la necessità immediata di mobilitare altre truppe. Per quanto riguarda la natura prolungata dell’operazione militare speciale e i suoi risultati, “ovviamente ci vorrà un po’ di tempo”. Senza escludere categoricamente il primo utilizzo di armi nucleari, Putin ha dichiarato di considerare l’arsenale nucleare russo come un deterrente piuttosto che una provocazione. Per poi il giorno dopo affermare che “Raggiungere un accordo sull'Ucraina è inevitabile”.
D’altro canto il 7 dicembre il presidente ucraino Zelensky era stato chiaro intervenendo nella giornata delle Forze armate ucraine: “Ovviamente, il dittatore ha perso. Ma sta facendo di tutto per garantire che la Russia continui a combattere, se non altro per evitare di ammettere a sé stesso e agli altri che è stato commesso un errore storico. Se la Russia si sente messa all’angolo, la colpa è solo sua. L’Ucraina e il mondo libero non devono assolutamente cambiare i loro obiettivi e scambiare i loro valori con qualche compromesso, se la dittatura ha paura di ammettere un errore... Chiunque abbia iniziato una guerra criminale e non provocata deve perdere e assumersi le proprie responsabilità. L’Ucraina e il mondo devono ricevere garanzie di pace, stabilità e sicurezza. Celebrando oggi la Giornata delle Forze Armate, riteniamo di poterlo fare. E quindi dobbiamo farlo! A parte la vittoria ucraina, qualsiasi altra opzione sarà un errore, e questo deve essere onestamente ammesso”. L’8 dicembre sul tema interveniva anche il capo dell’ufficio presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak: “La Russia deve ritirare le sue truppe e liberare i territori. Le élite della Federazione Russa devono subire una trasformazione. E poi ci saranno negoziati: un dialogo costruttivo, che registrerà il ritorno della Federazione Russa al diritto internazionale, l'ammontare dei pagamenti compensativi e concorderà il programma delle riunioni del tribunale speciale di Yalta". Podolyak aggiungeva il giorno dopo: "Putin non si pente di aver iniziato il genocidio in Ucraina, ma si rammarica di non averlo fatto prima. Promemoria per coloro che sostengono compromessi con il Diavolo, su chi hanno a che fare. La Federazione russa imparerà a rispettare il diritto internazionale e ad accettare le realtà 'sul terreno' che corrispondono ai suoi confini nel 1991". E l’11 dicembre in un messaggio su Twitter: “C'è solo un modo per porre fine alla guerra: la sconfitta militare dei russi, le sanzioni contro Mosca e il sabotaggio interno nella Federazione Russa. Non c'è bisogno di avere paura del futuro post-Putin. C'è solo un modo per porre fine alla guerra: sconfitte militari della Russia sul campo di battaglia + esaurimento dell'economia russa per le sanzioni + isolamento della Russia sui mercati mondiali + sabotaggio interno nella Federazione Russa = vittoria dell'Ucraina e ripristino della sicurezza globale".
L'Ucraina "è capace di tutto se la Russia continua il suo terrore missilistico". Lo ha dichiarato il segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale ucraino, Danilov, secondo quanto riportato da Ukrinform . "Siamo capaci di tutto. Dopotutto, non chiederemo a nessuno nulla che riguardi i nostri interessi, dove dobbiamo sconfiggere il nemico. Non chiederemo a nessuno come dovremmo distruggere il nemico", ha detto alla tv ucraina Nta . A tutti coloro che consigliano all'Ucraina di non esacerbare la situazione, quest'ultima "si è esacerbata non solo dopo il 24 febbraio, ma per anni. Non possiamo non rispondere all'aggressore che invade costantemente il nostro territorio", ha aggiunto l'esponente ucraino. In precedenza, Danilov ha affermato che il metodo migliore "per prevenire l'escalation del conflitto" è una sconfitta militare completa e incondizionata della Russia.
Intanto dal punto di vista diplomatico il governo di Kiev guarda con favore a un possibile ruolo della Santa Sede in una futura trattativa di pace ma "la triste verità è che non è ancora arrivato il momento per la mediazione e la ragione è il presidente Putin. Se vuoi la pace, non mandi missili ogni settimana per distruggere le nostre infrastrutture, non continui a mandare militari per catturare le nostre città, non annetta territori che sono di altri". Lo ha detto il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ai giornalisti in missione con l'ambasciata ucraina presso la Santa Sede. "Arriverà il momento della mediazione e se la Santa Sede vorrà partecipare sarà benvenuta".

14 dicembre 2022