Lo certifica il rapporto Inapp
Sette nuovi contratti su dieci sono a tempo determinato
Il part-time involontario è all'11,3%, il lavoro povero è strutturale

 
Lo scorso 8 novembre è stato presentato presso la Camera dei deputati dal presidente dell'Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche pubbliche (Inapp), Sebastiano Fadda, il "Rapporto Inapp 2022: Lavoro e formazione, l'Italia di fronte alle sfide del futuro" .
“Malgrado alcuni segnali confortanti alcune debolezze del nostro sistema produttivo sembrano essersi cronicizzate, con il lavoro che appare intrappolato tra bassi salari e scarsa produttività. Per questo occorre pensare ad una ‘nuova stagione’ delle politiche del lavoro, che punti a migliorare la qualità dei posti di lavoro, soprattutto per i neoassunti e per i lavoratori a basso reddito, per le posizioni lavorative precarie e con poche possibilità di carriera, dove le donne e i giovani sono ancora maggiormente penalizzati. Le politiche del lavoro devono integrarsi con le politiche industriali e con le politiche di sviluppo, in una strategia unitaria orientata al rafforzamento della struttura produttiva, alla crescita del capitale umano e dell’innovazione tecnologica, al rafforzamento della coesione e della sicurezza sociale. Una strategia che deve essere disegnata ed attuata a tutti i livelli territoriali con un coordinamento capace di rispondere alle sfide del profondo cambiamento strutturale in atto” ha affermato Fadda.
In effetti il quadro disegnato dal Rapporto è davvero sconfortante, intanto l'Italia è l'unico Paese dell' OCSCE in cui vi è stato un calo dei salari tra il 1990 e il 2020 del 2,9%,(addirittura meno 8,4% tra il 2010 e il 2020) a fronte di un aumento medio del 38,4% degli altri Paesi, cosa avvenuta nonostante un aumento del 21,9% della produttività, palese dimostrazione del fallimento delle politiche di allineamento dei livelli salariali alla performance del lavoro, in altri termini si lavora di più ma si guadagna di meno.
Ma il dato più preoccupante è che ben l'83% dei nuovi assunti sono precari, con un incremento del 34% solo negli ultimi 12 anni.
La precarietà e i vari contratti "atipici" sono dunque la norma e non l'eccezione del terrificante "mercato del lavoro" italiano, si tenga presente che si sta parlando poi solo dell'economia legale, quindi non del lavoro nero, dello sfruttamento della manodopera e delle condizioni bestiali di vita dei migranti, che ruotano in quel 33% di economia sommersa, dunque il dato complessivo sulla qualità del lavoro, il potere di acquisto, la parità tra i sessi, la sicurezza, i diritti negati, le prospettive future delle lavoratrici e dei lavoratori, a cominciare dalle pensioni vera e propria chimera per milioni di persone, è davvero terrificante.
Basti pensare che solo in riferimento a partire dal 2021 ben 7 nuovi contratti su 10 sono a tempo determinato, il part time involontario coinvolge l’11,3% dei lavoratori (contro una media OCSE del 3,2%) e solo il 35-40% dei lavoratori atipici passa nell’arco di tre anni ad impieghi stabili, i lavoratori poveri rappresentano ormai il 10,8% del totale, con una crescita del 2% rispetto alla media dei paesi della Ue imperialista.
Ben poco consolatorio quindi se analizzato nei dettagli, l'aumento degli occupati che è tornato in circa 18 mesi ai livelli pre-pandemia del 58,8%, a fronte del 56,8% a cui era sceso durante i primi mesi della pandemia.
C'è quindi sì un aumento degli occupati, ma a quale prezzo e condizioni?
Ricordiamo poi che la pandemia, prodotta dal capitalismo, non è affatto finita e diventa ogni giorno sempre più evidente che nonostante i morti e le tragedie che ha prodotto e continua a produrre, essa è stata anche e continua ad essere la tragica, ennesima, palese dimostrazione dello smantellamento del SSN e non ha portato a nessuna inversione di tendenza nelle politiche affossatrici del diritto alla salute, tutt'altro. Si pensi al tentativo di negare di fatto e di diritto l'aborto, il rilancio dell'“autonomia differenziata" (ovvero il federalismo neofascista) anche in chiave sanitaria e il famigerato PNRR concepito ad uso e consumo della borghesia, delle massomafie e dunque dei pescecani capitalisti del settore sanitario, spesso e volentieri in odore di "santità", che continuano a fare affari d'oro non solo in riferimento al Covid ma alla salute in generale, in termini di analisi, diagnosi, cura e riabilitazione di ogni paziente.
Tornando ai dati sul lavoro il Rapporto mostra i dati del 2010-2020 del tasso di “lavoro povero”, che è stato pressoché costante con un valore medio pari a 11,3% e una distanza rispetto alla Ue imperialista superiore mediamente del 2,1%.
L’8,7% dei lavoratori percepisce una retribuzione lorda annuale inferiore ai 10mila euro, solo il 26% dichiara redditi annui superiori a 30mila euro, valori molto lontani dalla media Ue.
Nell'ambito del 40% dei lavoratori con reddito più basso, il 12% non è in grado di provvedere autonomamente ad una spesa improvvisa, il 20% riesce a fronteggiare spese solo fino a 300 euro e il 28% spese fino a 800 euro.
Quasi uno su tre ha dovuto posticipare o annullare costose cure mediche (appunto). Parliamo sia di lavoratori dipendenti che di autonomi. Va ricordato infatti l'odioso fenomeno dell'apertura coattiva della Partita Iva, con tutti i costi che questa comporta e del lavoro a cottimo.
La crisi economica e commerciale e l'alta inflazione spingono le piccole e medie imprese che riescono a rimanere in vita a ridurre la ricerca di adeguamento delle conoscenze e le competenze di specifiche figure professionali, lo fa solo il 22,8% del totale delle imprese (solo quelle grandi), nel 2017 erano un terzo del totale.
In questo quadro sono drammatici anche i dati circa la sostenibilità e la conversione in senso ecologico della produzione, lo sviluppo di politiche in tema di sostenibilità, sono state adottate tra il 2018 e il 2020 solo dall’8,6% delle imprese, anche qui prevalentemente quelle medio-grandi, non dalle piccole, che non hanno liquidità sufficiente per farlo, hanno enormi balzi dei costi, si pensi alle bollette e nulla possono contro lo strapotere dei monopoli.
In uno scenario iperinflattivo come quello attuale il dato più allarmante è certamente quello riguardante il potere d'acquisto dei lavoratori: “Questa condizione di stagnazione dei salari è resa più preoccupante dalla ripresa dell’inflazione, per cui si torna a porre il problema dei meccanismi idonei a contrastare la riduzione del potere d’acquisto di tutti i redditi fissi. Le cause di una dinamica salariale così contenuta sono diverse, una di queste è il meccanismo di negoziazione dei salari. Resta bassa la quota di imprese che dichiarano di applicare entrambi i livelli di contrattazione (4%); Inoltre, in sette anni si è ridotto il numero di aziende che dichiarano di applicare un CCNL (-10%), mentre si è più che duplicata la quota di imprese che dichiarano di non applicare alcun contratto (dal 9% nel 2011 al 20% nel 2018)” ha poi concluso il presidente dell'Inapp.
Per noi marxisti-leninisti occorre fare fuoco e fiamme per il lavoro stabile, a tempo pieno, a salario intero, (da svolgere in condizioni di massima sicurezza) e sindacalmente tutelato, è una battaglia imprescindibile e inderogabile, non siamo contrari a politiche di sostegno al reddito, ma per noi non può mai essere fatto in deroga al diritto al lavoro, ma solo in aggiunta, per questo abbiamo sempre criticato da sinistra il Reddito di Cittadinanza, vera elemosina di Stato che presuppone l'infame mercato del lavoro capitalistico e per questa ragione lo abbiamo sempre criticato come del tutto fuorviante nell'ambito della lotta per la piena e sana occupazione.
Continuiamo a combattere con forza invece per il Reddito di emergenza di 1.200 euro al mese per tutta la durata della pandemia per tutti i senza reddito, migranti inclusi, più in generale siamo contrari ad ogni forma di sostegno al reddito slegato dal lavoro.
Alla questione lavorativa è connessa la questione femminile. Come si vede le donne lavorano meno degli uomini e quando lo fanno sono sempre pagate di meno, si aggiunga la schiavitù domestica che il capitalismo impone alle donne nell'ambito della subalternità all'uomo nella "sacra famiglia" monogamica, fondata sul matrimonio che di naturale non ha un bel nulla e che è uno dei cardini della concezione borghese del mondo.
La famiglia monogamica (nata in un periodo assai tardo della storia umana) è infatti la cellula fondamentale della società capitalista nella quale la donna è il proletario e l'uomo il borghese, come se fosse una piccola azienda, alla donna spetta il ruolo di "moglie e madre" per scaricarle addosso il lavoro domestico, che invece va socializzato ad ogni costo, e più in generale viene esaltata dai borghesi e dalla Chiesa perché rappresenta un formidabile ammortizzatore sociale all'interno del quale scaricare la manodopera di riserva da impiegare poi a basso costo quando quella famiglia viene meno per aumentare i profitti del capitalista, con tutto quello che questo comporta in particolare per le donne (si pensi ai dati del famminicidio), le discriminazioni verso gli Lgbtqi+, il disagio psicologico e psichiatrico dei giovani e meno giovani tagliati fuori dal mondo del lavoro (i cosiddetti "neet") spesso e volentieri definiti "fannulloni", la cura di malati spesso anziani affidata ai familiari quando quel nucleo familiare non può permettersi assistenza sanitaria domiciliare qualificata e così via, che sono tutti un prodotto del capitalismo e del regime neofascista ad esso asservito.
Occorre dunque lottare per i lavoro, i diritti delle donne e degli Lgbtqi+, per l'appagamento di ogni bisogno popolare progressista delle masse, a cominciare dalla lotta per il diritto alla salute e quindi per la sanità pubblica, gratuita, senza ticket tenendo nel mirino il governo neofascista Meloni, che va buttato giù da sinistra e dalla piazza da un ampio e combattivo fronte unito antifascista.
Come indicato dal fulminante Documento del CC del PMLI contro il governo neofascista Meloni: "In questo fronte unito il proletariato - la classe delle operaie e degli operai che producono tutta la ricchezza del Paese ma ne ricevono solo le briciole - deve assumere un ruolo dirigente appropriandosi della sua cultura storica, che è il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e non quella dell'operaismo, dell'anarco-sindacalismo e del riformismo.
Finché non si riuscirà ad abbattere il governo neofascista Meloni bisogna rimanere uniti, poi ognuno andrà per la propria strada. Il PMLI andrà fino in fondo sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista.
Che gli autentici fautori del socialismo - donne, uomini, Lgbtqia+ - capiscano che il loro dovere rivoluzionario è di dare tutta la propria forza intellettuale, morale, politica, organizzativa e fisica al PMLI per il trionfo del socialismo in Italia".


14 dicembre 2022