Viva il centenario della fondazione dell'Urss. Grande e immortale capolavoro di Lenin e Stalin
Modello per l'unità e la collaborazione dei popoli

L'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss) vide la luce il 30 dicembre 1922, con l'approvazione solenne da parte del I Congresso dei Soviet dell'Unione della Dichiarazione costitutiva e del Patto costitutivo dell'Unione stessa. Ne entrarono a far parte come fondatrici la Repubblica socialista federativa sovietica della Russia (Rsfsr), la Repubblica socialista federativa sovietica della Transcaucasia (Rsfst), costituita nel marzo 1922 tra le repubbliche socialiste sovietiche di Armenia, Georgia e Azerbaijan, la Repubblica socialista sovietica dell'Ucraina (Rssu) e la Repubblica socialista sovietica della Bielorussia (Rssb). Successivamente vi entrarono anche altre repubbliche sovietiche federate indipendenti che si costituirono nell'Asia centrale, quelle dell'Uzbekistan, del Turkmenistan e del Tagikistan.
Alla nascita dell'Urss contribuì in modo determinante l'Ucraina. Divenuta socialista per volontà dei suoi operai e contadini, non soltanto non subì l'ingerenza della Russia di Lenin, divenuta anche essa socialista, ma contribuì, al contrario, alla nascita del primo Stato federale socialista della storia, che vide la luce grazie all'adesione libera, volontaria e paritaria delle suddette quattro Repubbliche socialiste. Nascita che aveva caldeggiato fin dal documento giuridico fondamentale del neonato Stato socialista quando nel rivendicare il carattere nazionale dell'Ucraina e nello stesso tempo professava la sua disponibilità a unirsi ad altri Stati socialisti, avendo chiaramente compreso che il lungo cammino che porta alla costruzione del comunismo può concepirsi soltanto “su scala internazionale ”.
Lenin non poté partecipare allo storico evento a causa della malattia che lo costringeva a restare a Gorki, ma ne fu non soltanto l'ideatore e l'ispiratore fin dai primordi della rivoluzione in Russia, ma ne fu anche e fino all'ultimo il geloso curatore e controllore, con al suo fianco Stalin, che come Commissario alle Nazionalità ne fu il realizzatore e l'organizzatore, avendo presieduto la Commissione dell'Ufficio politico del Partito comunista russo (bolscevico) incaricata del progetto di Unione e tenuto il rapporto al I Congresso dei Soviet dell'Urss.
Fu un evento dirompente e di portata mondiale, che proprio mentre nell'Occidente capitalista e imperialista si assisteva al crollo e alla disgregazione dei grandi imperi multinazionali e al rifiorire dei nazionalismi e dei conflitti interetnici che gettavano i semi della futura nuova guerra mondiale, dimostrava che grazie al socialismo e alla dittatura del proletariato la distruzione dell'immenso impero zarista poteva portare invece ad una nuova unione fraterna fra i tanti popoli e nazionalità che la Rivoluzione d'ottobre aveva liberato e messo in moto, sulla base del libero consenso, dell'assoluta parità di diritti e conservando il diritto di uscire liberamente da essa.
 
Questi principi sono sempre stati ben chiari per Lenin e da lui sempre difesi strenuamente contro i partiti socialdemocratici revisionisti e sciovinisti allora dominanti in Russia e in Occidente, conferendo al Partito bolscevico una statura unica e originale nella trattazione della questione nazionale. Nel suo scritto del 1915 “Il proletariato rivoluzionario e il diritto di Autodecisione delle Nazioni”, spiegando come il proletariato russo non poteva combattere per la rivoluzione socialista senza chiedere anche la piena e incondizionata libertà di separazione dalla Russia per tutte le nazioni europee ed asiatiche oppresse nell'impero zarista, egli così motivava questo irrinunciabile principio: “Noi esigiamo la libertà di autodecisione, cioè l'indipendenza, cioè la libertà di separazione delle nazioni oppresse, non perché sogniamo il frazionamento economico o l'ideale dei piccoli Stati, ma, viceversa, perché desideriamo dei grandi Stati e l'avvicinamento, persino la fusione, tra le nazioni su una base veramente democratica, veramente internazionalista, inconcepibile senza la libertà di separazione ”.
Col che chiariva una volta per tutte al Partito e al proletariato che un futuro grande Stato socialista (quale sarebbe poi stata l'Urss) non poteva nascere semplicemente impadronendosi del potere dell'impero zarista così com'era, ma che prima quest'ultimo doveva essere distrutto e i loro popoli liberati e resi indipendenti, e solo successivamente essi avrebbero potuto unirsi su basi del tutto nuove e originali: sulle basi cioè della comune adesione al socialismo, dell'unione volontaria, dell'assoluta uguaglianza dei diritti e della libertà di uscita. Non a caso, all'indomani stesso dell'insurrezione di Pietrogrado del 7 novembre 1917, nel proclama “Agli operai, ai soldati e ai contadini! ”, approvato dal II Congresso dei Soviet dei deputati operai e soldati e dai delegati dei contadini di tutta la Russia, redatto sotto la direzione dei bolscevichi, tra le prime storiche misure annunciate compariva anche che il nuovo potere sovietico “garantirà a tutte le nazioni che popolano la Russia il diritto effettivo all'autodecisione ”. Cosa che infatti avvenne realmente, quando il governo rivoluzionario bolscevico della Russia mantenne la parola concedendo subito l'indipendenza chiesta dalla Finlandia e ritirando i distaccamenti militari che il deposto regime manteneva nella Persia del Nord, in Cina e in altre regioni asiatiche.
 

I fattori che spingevano verso l'Unione
Ma il riavvicinamento tra le nazionalità dell'ex impero zarista frantumato, molte delle quali si erano via via costituite in Repubbliche socialiste o popolari sovietiche, fu presto determinato dalle necessità della guerra civile contro l'aggressione delle potenze imperialiste – Usa, Inghilterra, Francia, Italia, Giappone – e contro gli eserciti zaristi da esse armati e foraggiati, durata dal marzo 1918 alla fine del 1920, che le spinsero a coalizzarsi sul piano militare, dando vita anche alla gloriosa Armata Rossa che sbaragliò uno dopo l'altro gli eserciti reazionari bianchi di Kolciak, Denikin, Iudenich e Vranghel. Liberando, anche a prezzo di spaventosi sacrifici e di grande eroismo degli operai, dei contadini e delle masse popolari di tutta la Russia, l'intero territorio euroasiatico dell'ex impero zarista.
Fu questo dell'unione militare il primo fattore che favorì la creazione della futura Unione sovietica, che cominciò a diventare un argomento maturo ai primi mesi del 1922, quando si pose il problema della ricostruzione dell'economia del Paese uscita distrutta dalla lunga e sanguinosa guerra civile, con l'esigenza di mettere in comune le poche risorse economiche e finanziarie rimaste per promuovere l'industrializzazione e la modernizzazione dell'agricoltura ancora in condizioni arcaiche, ridurre la divisione del lavoro e le sperequazioni di sviluppo tra le diverse nazioni, unificare i trasporti e le comunicazioni, superare le barriere linguistiche e culturali tra le varie nazionalità e rafforzare il potere contrattuale dell'intero Paese nel campo della politica internazionale, del commercio con l'estero e dell'attrazione di investimenti stranieri.
In quell'anno, infatti, le conferenze di Genova e dell'Aja, in cui il governo sovietico russo, grazie ad un accordo preventivo con i governi delle altre Repubbliche sovietiche, era riuscito a sventare le manovre delle potenze imperialiste per mantenere un cordone sanitario economico e finanziario attorno alla nuova realtà socialista e imporle pesanti sanzioni e la restituzione dei debiti e delle proprietà confiscate alle classi spodestate, avevano mostrato la necessità e l'utilità anche di un fronte diplomatico unico, dopo quelli militare ed economico.
Un altro potente fattore che spingeva verso l'unione era rappresentato dallo stesso potere sovietico, fondato sulla proprietà collettiva e non privata, sul lavoro e non sul capitale e lo sfruttamento del lavoro stesso, che faceva sì che le masse lavoratrici tendessero ad unirsi e solidarizzare, al contrario del regime capitalista che favorisce i conflitti tra i popoli e le nazioni.
 

Le spinte contrarie e le difficoltà da superare
Tuttavia esistevano anche spinte contrarie e il processo che portò all'unione federale non fu privo di problemi e difficoltà da superare. Permanevano soprattutto, anche all'interno del Partito e nelle strutture dello Stato, forti residui dello spirito sciovinistico grande-russo da debellare, così come esistevano forti residui di nazionalismo locale, come accadeva in quegli anni in Georgia e Azerbaijan nei confronti delle popolazioni armene, fattori che rischiavano di pregiudicare il complesso processo federativo.
Su questo problema Lenin intervenne personalmente per correggere e indirizzare la linea del Partito su una corretta applicazione dei principi della questione nazionale, insistendo in particolar modo contro lo sciovinismo grande-russo e per rimarcare nell'atto costitutivo la volontarietà dell'adesione all'Unione, la completa uguaglianza di diritti delle nazioni e il diritto di uscirne, raccomandando anche all'Ufficio politico del PCR(b) di affiancare al nascente Comitato esecutivo centrale dell'Unione anche un “Cec federale dell'Unione delle Repubbliche sovietiche dell'Europa e dell'Asia”; proposta che fu realizzata dal II Congresso dei Soviet dell'Urss del gennaio 1924, che approvò la Costituzione dell'Unione creando anche il Comitato esecutivo delle nazionalità, composto da un ugual numero di delegati per ogni nazionalità, da affiancare al Comitato esecutivo dell'Unione stessa.
Nelle Tesi presentate a nome del CC al XII Congresso del PCR(b) del marzo 1923 sugli “Aspetti della questione nazionale nell'edificazione del Partito e dello Stato”, Stalin tracciò in maniera chiara e definitiva la linea per affrontare di petto e risolvere questi complessi problemi che ostacolavano la costruzione dell'Unione: lo sciovinismo grande-russo, le sperequazioni economiche tra le nazioni dell'Urss e i nazionalismi locali. “Lo Stato plurinazionale sovietico può essere veramente stabile e la collaborazione dei popoli nel suo seno può essere effettivamente fraterna – ammoniva Stalin – solo nel caso che queste sopravvivenze siano sradicate nella pratica delle nostre istituzioni statali in modo decisivo, definitivo. La lotta risoluta contro le sopravvivenze dello sciovinismo grande-russo è quindi il primo compito immediato del nostro Partito ”.
 

Aiuto alle nazioni più arretrate e rispetto delle differenze
Al secondo posto nei compiti immediati del Partito, Stalin indicava la lotta contro “la disuguaglianza di fatto, cioè economica e culturale, delle nazionalità dell'Unione delle Repubbliche ” ereditata dallo zarismo e dal capitalismo, che avevano trasformato le regioni periferiche “in regioni esclusivamente fornitrici di materie prime, sfruttate dalle regioni centrali industrialmente progredite ”. Questa disuguaglianza, sottolineava Stalin, “può essere eliminata solo mediante un aiuto duraturo e concreto del proletariato russo ai popoli arretrati dell'unione per assicurare il loro progresso economico e culturale ”.
Al terzo posto Stalin poneva la lotta alle “sopravvivenze del nazionalismo in seno a parecchi popoli che hanno sopportato il pesante giogo dell'oppressione nazionale e non sono ancora riusciti a liberarsi del risentimento provocato dalle vecchie offese fatte alla loro nazione ”. Tuttavia in alcune repubbliche questo nazionalismo difensivo si trasformava spesso “in nazionalismo aggressivo, in sciovinismo feroce delle nazionalità più forti contro le nazionalità deboli di queste repubbliche ”, minacciando di “trasformare alcune repubbliche nazionali in arene di contese e discordie ”, e quindi occorreva debellarlo. Ma a questo proposito Stalin sottolineava che il mezzo più sicuro per farlo era proprio la lotta allo sciovinismo grande-russo, e che bisognava combattere come “antiproletaria e reazionaria ” la concezione di quei funzionari sovietici che consideravano l'Unione “non come una federazione di unità statali che godono di uguali diritti e destinata ad assicurare il libero sviluppo delle repubbliche nazionali, ma come un passo verso la liquidazione di queste repubbliche, come l'inizio della costituzione di un organismo cosiddetto 'unico e indivisibile' ”.
Poiché l'Unione delle repubbliche è una forma nuova di convivenza dei popoli, una forma nuova della loro collaborazione in un unico stato federale, nel cui seno le sopravvivenze che abbiamo sopra descritto devono essere eliminate durante il processo del lavoro comune dei popoli, gli organi supremi dell'Unione devono essere costituiti in modo da rispecchiare interamente non solo i bisogni e le esigenze comuni di tutte le nazionalità dell'Unione, ma anche i bisogni e le esigenze particolari delle singole nazionalità ”, aggiungeva Stalin, sottolineando quindi l'esigenza di creare “un organo speciale che rappresenti le nazionalità e sia fondato sui principi dell'uguaglianza ”. Questo organo speciale sarà rappresentato, nella Costituzione dell'Urss ratificata il 31 gennaio 1924, dal Soviet delle nazionalità, eletto con rappresentanza paritetica tra le varie nazionalità, che andava ad affiancare il Soviet dell'Unione creato nel 1922.
 

Un capolavoro di equilibrio e lungimiranza
È grazie dunque al lavoro infaticabile di Stalin e agli interventi personali di Lenin, che pur impedito dalla malattia non cessò mai di vigilare sulla corretta applicazione dei principi bolscevichi sulla questione nazionale, che si è realizzato quell'immortale capolavoro di equilibrio di libertà, uguaglianza e solidarietà tra tanti diversi popoli e nazionalità che è l'Urss. Un equilibrio esemplare realizzato attraverso una mirabile architettura istituzionale e una sapiente distribuzione delle competenze tra i diversi livelli e organismi di potere e tra il centro e la periferia dell'Unione.
Organo supremo del potere era il Congresso dei Soviet dell'Unione, e negli intervalli dei Congressi, il Comitato esecutivo centrale dell'Urss (Cec), composto da rappresentanti eletti in proporzione alla popolazione; che a sua volta eleggeva un Presidium per gestire il potere negli intervalli delle sessioni del Cec dell'Unione. L'organo esecutivo o “governo” del Cec dell'Unione era il Consiglio dei Commissari del popolo dell'Unione (Ccp), al quale spettava la direzione diretta ed esclusiva su affari esteri, esercito e marina, commercio con l'estero, trasporti e comunicazioni, poste e telegrafi, ispezione operaia e contadina.
Vi erano poi altre materie di primaria importanza, come l'economia, il lavoro, gli approvvigionamenti e le finanze, la cui direzione era condivisa tra il Ccp dell'Unione e il Ccp delle repubbliche federate; mentre tutte le altre materie restanti erano di competenza esclusiva di quest'ultimo organismo, come gli affari interni, la giustizia, l'istruzione, la sanità pubblica, le assicurazioni sociali. Il centralismo democratico era assicurato da regole che consentivano al Ccp dell'Unione di emettere decreti e decisioni impegnativi ed immediatamente esecutivi in tutto il territorio dell'unione, e ai Comitati esecutivi dei Ccp delle repubbliche federate di potervi ricorrere contro, pur senza sospenderne l'esecuzione in attesa delle decisioni in merito del Cec dell'Unione e del suo Presidium. Nel Patto costitutivo dell'Unione si sanciva inoltre la cittadinanza unica dell'unione per tutti i cittadini delle repubbliche federate, e il diritto di queste ultime di uscire liberamente dall'unione.
 

La Costituzione del 1936 e la guerra
L'Urss nasceva dunque con basi solidissime e pronta ad affrontare la sfida della ricostruzione economica e civile del Paese devastato da anni di guerra civile e di carestie. E fu infatti grazie a queste basi solide, a questo patto di aiuto e solidarietà reciproca, liberamente e convintamente sottoscritto dai popoli e dalle nazionalità dell'Unione, che essa poté compiere con successo il poderoso balzo in avanti nell'industrializzazione e nella collettivizzazione dell'agricoltura che in meno di vent'anni dalla Rivoluzione d'Ottobre trasformarono il Paese da uno dei più arretrati d'Europa a una grande nazione industrializzata e moderna, dove lo sviluppo economico, sociale e culturale generale aveva cominciato ad estendersi significativamente anche nelle regioni più periferiche dell'immenso Paese. Il socialismo dimostrava tutta la sua vitalità e superiorità, mentre il mondo capitalista andava incontro alla sua più grande crisi economica e sociale e covava i mostri del fascismo e del nazismo.
L'adozione della nuova Costituzione, approvata il 5 dicembre 1936 dall'VIII Congresso straordinario dei Soviet, sanciva questa grande vittoria del socialismo, e la nuova Costituzione ne era l'espressione a livello legislativo. In essa si sanciva tra l'altro la proprietà socialista della terra, delle fabbriche e dei mezzi di produzione, la soppressione dello sfruttamento, il diritto di ogni cittadino al lavoro, all'istruzione, all'assistenza, la direzione dello Stato da parte della classe operaia come classe d'avanguardia nella società, l'eguaglianza dei diritti economici, sociali, culturali e politici di tutte le nazioni e le razze, l'eguaglianza dei diritti dei cittadini indipendentemente dalla condizione, dall'origine, dal sesso, dal lavoro svolto, ecc.,
la garanzia, sulla base del principio della democrazia socialista, non solo dei diritti dei cittadini ma anche dei mezzi necessari all'esercizio di questi diritti.
Pochi anni dopo, nel giugno 1941, la lungimiranza e la saldezza del Patto costitutivo alla base dell'Urss dovettero essere duramente messe alla prova dalla vile e barbarica guerra di aggressione e di sterminio delle armate nazi-fasciste e dalla lunga guerra per resistere al loro impeto e infine sconfiggerle, che costò al popolo sovietico immani sofferenze e un altissimo tributo di sangue, con oltre 20 milioni di morti e la distruzione di ingenti apparati e risorse industriali e agricole. I nazi-fascisti contavano proprio sul fatto che la proditoria, fulminea e terrificante invasione dell'Urss, in un fronte unico che andava dal Baltico fino al Caucaso, producesse il collasso dell'esercito, del governo e dell'intero sistema politico e amministrativo dell'Unione sovietica, che secondo i loro calcoli sarebbe andata in pezzi, con molte nazionalità che sarebbero passate dalla parte degli invasori pur di liberarsi dalla “tirannia bolscevica”.
Ma ciò non avvenne, il patto di unità e solidarietà che legava le diverse nazionalità dell'Urss resse, l'invasione fu fermata eroicamente alle porte di Mosca, e i popoli dell'Urss che da soli, sotto la guida di Stalin e con alla testa la gloriosa Armata rossa, si trovavano in quel drammatico momento a reggere tutto l'urto dell'esercito più forte e vittorioso del mondo, combatterono anche per tutti gli altri popoli oppressi d'Europa e riuscirono a ribaltare il corso della storia fino alla sconfitta definitiva del mostro nazifascista.
 

L'esempio dell'Urss è ancora vivo
Oggi l'Urss non esiste più, distrutta dall'interno dai rinnegati revisionisti, a partire da Krusciov, passando per Breznev, Gorbaciov e fino a Eltsin, e smembrata dalle varie cricche borghesi nazionaliste e mafiose che hanno preso il sopravvento, mentre si è riformato con la Federazione russa di Putin quello sciovinismo grande-russo che Lenin e Stalin avevano combattuto e che nutre i sogni imperialistici, guerrafondai e neonazisti del nuovo zar del Kremlino.
La dissoluzione di Stati federali come l'Urss e la Jugoslavia dimostra come, venendo meno il collante del socialismo che li teneva uniti, si apra la strada ai nazionalismi e alle guerre interetniche, di religione e di annessione. La propaganda borghese imperialista dipinge la Russia di Putin come la continuazione dell'Urss o lo accusa di voler ricostruire l'Urss, ma è vero esattamente il contrario: Putin vuole ricostruire non l'Urss bensì l'impero zarista, e non per nulla per giustificare l'invasione dell'Ucraina ha attaccato proprio Lenin, Stalin e i bolscevichi accusandoli di aver creato insieme all'Urss degli “Stati artificiali” come l'Ucraina stessa. Nonché di aver creato, concedendo il diritto alle diverse nazionalità di uscire dall'Unione, le premesse per dividere quelli che lui considera tutti “popoli russi”: cioè da annettere unilateralmente e per diritto imperiale alla Federazione russa, come Ucraina, Bielorussia, Moldova e altre nazioni del Caucaso. La Russia imperialista e neozarista di Putin è proprio l'antitesi stessa della gloriosa Unione delle repubbliche socialiste sovietiche di Lenin e Stalin.
Ecco perché, nonostante tutto, oggi sopravvive e vivrà per sempre il suo esempio, a indicare ai popoli del mondo qual è la strada giusta per sconfiggere le divisioni, le barriere nazionaliste e le guerre, prodotti inevitabili del capitalismo e dell'imperialismo, e costruire invece l'unità e la collaborazione dei popoli nel quadro del socialismo e del potere politico del proletariato.
 
21 dicembre 2022