Contendendo lo spazio, l'iniziativa e l'influenza all'imperialismo americano
Il socialimperialismo cinese allarga i tentacoli in Medio Oriente
Il nuovo imperatore della Cina Xi in visita a Riyadh rafforza il partenariato tra Cina e Arabia Saudita e tra Cina e Consiglio di cooperazione del Golfo. E al primo vertice Cina – Stati arabi promuove la costruzione di una comunità Cino - Araba

 
Se la ritirata decisa dal presidente Biden, o meglio la fuga da Kabul nell'agosto del 2021, ha certificato la sconfitta dell'imperialismo americano in Afghanistan e il suo inevitabile declino che non gli permetteva più di tenere in piedi aggressioni e occupazioni militari in tutti gli scenari mondiali, per quanto presentata dalla Casa Bianca fin dai tempi dell'amministrazione Obama come una scelta strategica per concentrare gli sforzi nell'area asiatica contro il suo principale avversario nella disputa della leadership imperialista mondiale, proprio l'avversario, il socialimperialismo cinese, iniziava a costruire le basi della propria espansione nell'area del Golfo Persico e a allargare i suoi tentacoli in Medio Oriente così come certificato dalla visita ufficiale tra il 7 e il 10 dicembre del nuovo imperatore della Cina Xi Jinping in Arabia Saudita e dai contemporanei vertice coi paesi petroliferi del Consiglio di cooperazione del Golfo e il primo vertice Cina – Stati arabi. Un viaggio chiuso con un successo pieno, secondo Pechino, tanto che dai discorsi ufficiali ai dettagliati resoconti dell'agenzia Hinhua più volte era sottolineato che per la Cina "è cominciata una nuova era nelle relazioni con Arabia saudita e mondo arabo ".
 
Primo vertice Cina-Stati arabi
Un giudizio che vale senza dubbio guardando al primo vertice Cina-Stati arabi del 9 dicembre a Riyadh e al discorso alla cerimonia di apertura del presidente cinese dove definiva questo vertice "una pietra miliare nella storia delle relazioni arabo-cinesi " per costruire il futuro della cooperazione arabo-cinese, di quella serie di rapporti coltivati "attraverso l'antica Via della Seta " e rilanciati nel progetto della Nuova via della Seta, o Belt and Road Initiative (BRI). Per Xi i rapporti tra la Cina e gli stati arabi già sarebbero un esempio positivo di "cooperazione sud-sud" e snocciolava i suoi dati: le due parti hanno istituito 17 meccanismi di cooperazione nell'ambito del Forum sulla cooperazione Cina-Stati arabi; in dieci anni il volume del commercio sino-arabo è aumentato di 100 miliardi di dollari superando i 300 miliardi, gli investimenti diretti cinesi negli stati arabi sono aumentati di 2,6 volte, fino ai 23 miliardi di dollari; nell'ambito della BRI sono stati realizzati più di 200 progetti. Ma non si tratta solo affari che continuano a svilupparsi, perché il mondo è entrato in "un nuovo periodo di turbolenza e trasformazione ", diceva Xi, e il Medio Oriente sta attraversando nuovi e profondi cambiamenti con la Cina che "sostiene gli sforzi degli stati arabi per esplorare in modo indipendente un percorso di sviluppo adatto alle loro condizioni nazionali e assumere un fermo controllo del proprio destino ". Ossia a non restare bloccati e allineati con gli Usa, al rivale imperialismo dell'ovest e aprire ancora di più ai rapporti con l'imperialismo dell'est.
Intanto "per costruire una comunità arabo-cinese con un futuro condiviso nella nuova era ", quella che dovrebbe vedere la leadership mondiale della Cina socialimperialista, Xi propone ai leader arabi di collaborare "per promuovere, entro tre-cinque anni, otto importanti iniziative di cooperazione in materia di sostegno allo sviluppo, sicurezza alimentare, salute, innovazione verde, sicurezza energetica, dialogo tra civiltà, formazione dei giovani, nonché sicurezza e stabilità ", otto settori di lavoro dove ottenere rapidi risultati e "per costruire insieme un futuro ancora più luminoso per le relazioni arabo-cinesi ". Relazioni che permettano a Pechino di spingere verso la costruzione di una comunità Cino - Araba funzionale ai progetti egemonici mondiali del socialimperialismo cinese e nel contempo di contendere lo spazio, l'iniziativa e l'influenza all'imperialismo americano nella regione.
 
Il partenariato tra Cina e Arabia Saudita
Il primo importante mattone di questo progetto di Xi va certamente in porto col rafforzamento del partenariato tra Cina e Arabia Saudita ribadito nel corso degli incontri ufficiali del nuovo imperatore cinese con re Salman bin Abdulaziz Al-Saud e il principe ereditario e primo ministro Mohammed bin Salman a Riyadh. Affari previsti in 34 accordi specifici per un valore di una trentina di miliardi di dollari e cooperazione sempre più estesa vanno a braccetto nell'accordo di "partenariato strategico globale " firmato da Xi e re Salman l'8 dicembre nell'incontro al Palazzo Al Yamamah che consolidano la posizione della Cina già principale partner commerciale dell'Arabia Saudita.
Nella dichiarazione congiunta rilasciata dopo l'incontro Xi e re Salman mettevano in evidenza l'importanza della firma di un piano di attuazione della sinergia tra la BRI cinese e la Vision 2030 dell'Arabia Saudita. Il progetto saudita annunciato per la prima volta dal principe ereditario Mohammed bin Salman nell'aprile 2016 con l'obiettivo di diversificare l'economia e ridurre la dipendenza dell'Arabia Saudita dal petrolio ha tra i progetti la costruzione di una nuova città high-tech e un imponente progetto fondiario e immobiliare per il turismo che si sposano con le capacità tecnologiche e infrastrutturali delle multinazionali cinesi già sperimentate nella BRI. La Visione 2030 dell'Arabia Saudita e la BRI cinese si completano a vicenda, registrava con evidente soddisfazione un commento della Xinhua che ricordava come nel 2022 l'Arabia Saudita è stata il maggior beneficiario degli investimenti cinesi nella BRI, con una media di 5,5 miliardi di dollari di accordi stupulati.
I tre principi alla base della Vision vogliono che l'Arabia Saudita diventi il "cuore del mondo arabo e islamico ", una centrale di investimento mondiale e un hub che colleghi l'Afro-Eurasia. Per i socialimperialisti cinesi si apre una nuova autostrada economica e politica verso il Nordafrica e l'Europa, parallela a quella già faticosamente costruita poco più a nord lungo Pachistan, Afghanistan e Iran. Per l'Arabia Saudita si rafforza l'ambizione di potenza imperialista locale che lavora per conto proprio, in concorrenza con Iran e l'accoppiata Qatar-Turchia, e che era già stata messa in evidenza da iniziative politiche quali la non partecipazione quantomeno formale agli accordi di Doha sull'Afghanistan e di Abramo sulla Palestina patrocinati dall'amministrazione Trump nel 2020 e soprattutto dalla non partecipazione alle sanzioni volute da Biden alla Russia per l'invasione dell'Ucraina e il rifiuto di modificare la propria produzione e quella dell'Opec per buttare giù il prezzo del petrolio e gli incassi di Mosca.
Nella dichiarazione congiunta spuntava così la sottolineatura della Cina a favore del ruolo dell'Arabia Saudita nel mantenere un equilibrio e mercato petrolifero globale stabile mentre l'Arabia Saudita ribadiva il suo impegno per il principio della Cina unica, ossia che Taiwan è una parte inseparabile del territorio cinese, nella formuletta che Pechino contrappone alle provocazioni dell'imperialismo americano. E restavano agli atti l'accoglienza calorosa di re Salman a Xi per la sua seconda visita in Arabia Saudita, dopo il successo di quella definita davvero memorabile del 2016 con i relativi memorandum d'intesa oggi aggiornati e rilanciati. A nome del re Salman il principe ereditario e primo ministro Mohammed bin Salman Al-Saud dava il benvenuto a Xi esprimendogli le sue sincere congratulazioni per il successo del 20° Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese e per la sua rielezione a segretario generale del Comitato Centrale del PCC. Xi ricambiava sottolineando che la Cina considera lo sviluppo delle sue relazioni con l'Arabia Saudita come "una delle priorità delle sue relazioni estere ", e più in particolare della sua diplomazia in Medio Oriente.
 
Primo vertice Cina-Consiglio di Cooperazione del Golfo
L'asse Pechino-Riyadh funzionava già a meraviglia nel pomeriggio del 9 dicembre al primo vertice Cina-Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG), che metteva attorno allo stesso tavolo il nuovo imperatore cinese e i re, principi e sceicchi che guidano i regimi teocratici reazionari sunniti dei sei paesi petroliferi filoccidentali del Golfo Persico. Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, che ha presieduto il vertice a nome del re, ha tra le altre elogiato la Cina che sotto l'abile guida del Presidente Xi Jinping sarebbe diventata una delle principali forze progressiste che guidano la cosiddetta governance globale, resa sempre più critica dalle iniziative unilaterali dell'imperialismo americano secondo la narrativa di Pechino.
L'intesa tra Cina e paesi del Golfo era presto trovata sulla definizione di un piano d'azione 2023-2027 per il dialogo strategico tra le parti e per una serie di attività di cooperazione finanziaria e investimenti per i prossimi tre anni in cinque grandi aree di cooperazione che vanno dall'energia alle nuove tecnologie, all'aerospaziale. Nel suo discorso il nuovo imperatore Xi aveva chiarito che "la Cina ha un vasto mercato di consumo e un tessuto industriale completo e i paesi del GCC hanno ricche risorse naturali ed energetiche e un forte potenziale di crescita. Una diversificazione economica che rende entrambe le parti partner naturali ”.
La definizione di partner naturali e complementari a suggellare la cooperazione strategica fra le parti sarà usata anche nel primo vertice Cina-Stati Arabi del 9 dicembre che nella Dichiarazione di Riyadh emessa al termine dei lavori annuncia il comune impegno per costruire una comunità Cino-Araba, ovviamente con un futuro condiviso nella nuova era. I rapporti tra la Cina e i 21 paesi della Lega Araba viaggiavano già dal 2004 atttraverso il Forum di cooperazione Cina-Stati arabi (CASCF). Dal Forum precedente alla comunità arabo-cinese, è il passaggio segnato dall'incontro di Riyadh che è stato definito da Pechino "una pietra miliare epocale nelle relazioni Cina-Arabia" che intanto dall'assise completa dei paesi arabi incassava di nuovo l'appoggio al principio di una sola Cina, Taiwan compresa.
L'Arabia Saudita apprezzava tra le altre la proposta cinese dell'Iniziativa di Sviluppo Globale (GDI), quella proposta lanciata da Xi alla 76ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 22 settembre 2021 ma rimasta pressoché al palo all'Onu e seguita con un maggior interesse, perchè riguarda la sicurezza e non lo sviluppo, ma non ancora con maggior fortuna dalla Global Security Initiative (GSI), proposta in occasione della sessione asiatica del Forum di Boao del 21 aprile scorso. GDI e GSI accompagnano la realizzazione della BRI e assieme rappresentano il pacchetto di proposte del socialimperialismo cinese per dare vita a quel cosiddetto “nuovo ordine mondiale” al posto di quello dominato dall'imperialismo americano. La riposta di Biden a Xi che macinava accordi e affari nel Golfo dove passa il 40% del petrolio mondiale, era nell'immediato la convocazione a Washington dal 13 al 15 dicembre del secondo vertice Usa-Africa, a distanza di 8 anni da quello organizzato nel 2014 da Barack Obama e con ancora l'obiettivo di frenare l’avanzata di Cina e Russia nel continente; quella della UE imperialista era la celebrazione il 14 dicembre a Bruxelles coi paesi dell'ASEAN del 45° anniversario del partenariato di dialogo, elevato due anni fa al rango di "partenariato strategico", e con questo gruppo di paesi interessati al piano infrastrutturale Global Gateway, il progetto dell'imperialismo europeo alternativo alla BRI.

21 dicembre 2022