Stare in piazza è fondamentale

Quando la lotta di classe è in ripresa e le piazze iniziano a riempirsi, si levano immediatamente le voci di condanna di chi la giudica inutile, etichettata come superata e anacronistica, a cui è preferibile la “dinamica democratica” che segue percorsi istituzionali e parlamentari. I governi e il padronato temono la piazza, anche se non lo dicono. Anche quando viene tollerata, la piazza la vogliono “pacata”, “pacifica”, “propositiva e non contro qualcosa”, e non deve, nel caso degli scioperi, “disturbare i cittadini”.
Ce lo hanno confermato chiaramente questi primi mesi del nuovo governo. A parole si dichiara “legittimo” manifestare, “è un diritto democratico” si dice. Ma appena ci sono state le prime manifestazioni di dissenso la Meloni, i suoi ministri e tutti i media che la sostengono, si sono scagliati contro qualsiasi forma di opposizione, e in particolare contro quella che ha scelto la piazza. E non solo screditandola a parole, ma anche reprimendola con i manganelli della polizia.
Questo governo neofascista non tollera gli intellettuali e i giornalisti che ne hanno colto e denunciato la sua natura antipopolare e liberticida (purtroppo ancora molto pochi a dire la verità). Ancora meno tollera le manifestazioni di piazza, che vanno a turbare quella falsa rappresentazione di una presunta “luna di miele” tra gli italiani e il governo, e in particolare con la presidente del Consiglio. La lotta di classe nelle piazze, i cortei di lavoratori, studenti, donne e masse popolari stridono più di ogni altra cosa con questo quadro idilliaco che si vuole dipingere.
Naturalmente noi marxisti-leninisti siamo invece tra quelli che vogliono alimentare la piazza. La lotta politica la si fa sul proprio posto di lavoro, nel sindacato, nei comitati e in qualsiasi organizzazione di massa. La si studia ed elabora, ma se una battaglia politica rimane confinata in questi ambiti, senza sfociare nelle piazze, rimane monca, senza uno sbocco concreto e tangibile. Specialmente per un partito rivoluzionario come il nostro stare in piazza è fondamentale, la lotta di classe è il suo terreno più congeniale.
Non possiamo fare tutto, viste anche le nostre esigue forze, ma non dobbiamo farci sopraffare dagli impegni e dai problemi familiari, personali o di lavoro. Dobbiamo avere ben chiaro che scendere nelle piazze a diffondere, propagandare e manifestare, è uno dei compiti fondamentali dei militanti, simpatizzanti amici e alleati del PMLI, deve essere collocato tra le nostre priorità, e mai relegato ad attività secondaria: vi si rinuncia solo quando non si può fare diversamente.
Alcuni anni fa il PMLI lanciò una parola d'ordine, un invito che era rivolto ai militanti del partito, ma che si può estendere a tutti quelli che si definiscono comunisti: “privilegiare il megafono alla tastiera”. Una esortazione che dobbiamo riprendere per applicarla nella lotta contro il governo neofascista Meloni e nel nostro lavoro politico in generale, privilegiando il megafono alla tastiera, consapevoli che il rapporto diretto, stretto, attivo e propositivo con le masse non è assolutamente surrogabile dalla rete, che è un semplice supporto e non il vero terreno della lotta di classe.
A maggior ragione lo si deve fare in questo particolare momento, contro il governo neofascista della Meloni. L'opposizione di classe e anticapitalista, ma anche quella antifascista e democratica, non si può accontentare di una battaglia fatta solo a parole, seppur importante, e non ci si può minimamente affidare all'opposizione parlamentare per fermare ed ostacolare in qualche maniera la Meloni. A parte Renzi e Calenda, che abbiamo visto già pronti a fare da stampella al governo qualora ce ne sia bisogno, la maggioranza dei parlamentari di “opposizione” pensa che tutto si debba risolvere nella “normale dialettica” tra “maggioranza” e “minoranza”.
Per il PMLI invece occorre stare in piazza, come hanno fatto gli studenti con il “no Meloni Day” che hanno subito individuato la natura neofascista e antipopolare del governo, accogliendo i suoi rappresentanti e sostenitori nelle università al grido di “via i fascisti dalle scuole”.
Occorre stare in piazza come hanno fatto le lavoratrici e i lavoratori, i precari e i pensionati che hanno partecipato allo sciopero generale del 2 dicembre indetto dai sindacati di base e quelli scesi in piazza per lo sciopero indetto da Cgil e Uil il 16 dicembre: contro l'aumento di bollette e inflazione, la legge di bilancio e la politica classista del governo contro i lavoratori e le masse popolari.
Occorre stare in piazza come hanno fatto le donne organizzate da “Non una di meno” che hanno manifestato a Roma il 26 novembre in occasione della giornata internazionale contro la violenza di genere, individuando nella Meloni, donna sì ma feroce nemica dei diritti femminili.
Occorre stare in piazza contro l'autonomia differenziata, contro il carovita, contro le condizioni di semi-schiavitù di tanti lavoratori, contro nuove e vecchie basi militari, come hanno fatto i partiti e le organizzazioni che si richiamano al socialismo e anticapitalisti, tra cui il PMLI, in manifestazioni e presidi che si sono svolti nell'anno appena concluso.
Dobbiamo rendere la vita difficile al governo, stando in piazza e contestando ogni suo provvedimento. Smascherando la propaganda di regime e della “sinistra” borghese, che attribuisce a questo esecutivo la legittimità a governare perché ha ottenuto un mandato elettorale chiaro e netto, e le affermazioni demagogiche della Meloni che dipinge il suo governo come “eletto dal popolo italiano” quasi con un plebiscito. Mentre invece sappiamo che alle ultime elezioni la destra ha ottenuto pressappoco gli stessi voti delle consultazioni più recenti, 12 milioni su oltre 46 aventi diritto, gli altri partiti 16 milioni e gli astenuti sono stati ben 18 milioni.
Per il PMLI il governo neofascista della Meloni non è una semplice continuazione del governo Draghi, anche se sul piano economico al momento se ne discosta solo in parte. È la stessa presidente del Consiglio che rivendica una “propria” visione della società, connotata a destra, rifacendosi (ma in questo caso non lo dice apertamente), al fascismo, quindi nazionalista, razzista, classista e oscurantista, confermata dai primi provvedimenti antirave e contro i migranti, da una legge finanziaria tutta a favore delle aziende e degli evasori.
Questi suoi attacchi alle condizioni economiche e di vita dei lavoratori e delle masse popolari e allo stesso tempo l'attacco ai diritti civili e democratici (come l'aborto), potrebbero portare ad un allargamento delle forze sociali che si collocheranno all'opposizione del governo. Per i partiti con la bandiera rossa e la falce e martello, compreso il PMLI, sarà fondamentale stare in piazza, trascinando anche le altre forze democratiche e antifasciste su posizioni più avanzate e anticapitalistiche.

11 gennaio 2023