La verità sulle foibe condanna per sempre il fascismo e i fascisti
Nel "Giorno del ricordo" Mattarella e Meloni rilanciano le falsità dei fascisti
Una riscrittura della storia Funzionale alle mire espansioniste dell'imperialismo italiano

La marcia elettorale su Roma e l'occupazione di Palazzo Chigi ha dato nuovo impeto alla canea anticomunista con alla testa la premier neofascista Meloni che il 10 febbraio è tornata a rilanciare con grande enfasi le falsità profuse dai fascisti sulle foibe e sul cosiddetto esodo dei giuliano-dalmati.
La celebrazione del cosiddetto “Giorno del ricordo” fu istituito dal governo Berlusconi nel 2004 e approvato all'unanimità dal parlamento nero con la piena e fattiva complicità del “centro-sinistra” che fin dai tempi del traditore Otello Montanari, l'ex partigiano allievo di Nilde Iotti, colui che per primo denunciò i presunti “crimini dei partigiani nel triangolo rosso di Reggio Emilia”, insieme a Occhetto, Violante e Fassino hanno sempre sostenuto e contribuito ad alimentare la propaganda fascista e anticomunista sulle foibe.
Per dare maggiore risalto alla ormai completa riabilitazione del fascismo e alle mire espansioniste dell'imperialismo italiano sui Balcani e nel mediterraneo, la facciata di Palazzo Chigi è stata trasformata in una sorta di maxischermo illuminata con il tricolore e la scritta “Io Ricordo” proiettata in primo piano.
La premier Meloni inoltre ha imposto per decreto la costituzione, presso la presidenza del Consiglio, di un apposito “Comitato di coordinamento per le celebrazioni ufficiali” sostenute e alimentate ad arte da una vergognosa e martellante campagna mediatica anticomunista basata su cumuli di menzogne, mistificazioni e falsità storiche spacciate a piene mani dai mass media di regime con alla testa la Rai che addirittura ha messo a disposizione il palco del Festival di Sanremo con l'obiettivo di rilanciare l'ideologia fascista, riscrivere la storia a proprio uso e consumo, criminalizzare la Resistenza e la lotta partigiana, confondere le vittime coi carnefici in nome di una "memoria e di una storia condivisa'' e di una "pacificazione nazionale'' tra antifascisti e fascisti attorno ai “valori della nazione”, della "patria'' e soprattutto in difesa degli interessi dell'imperialismo italiano che non ha mai rinunciato alle sue mire espansioniste nei Balcani, come dimostra l'intervento nella guerra in Kosovo autorizzato nel 1999 dal governo D'Alema, in nome della cosiddetta “vittoria mutilata” del 1918 e della presunta “ingiustizia storica” che l'Italia avrebbe subito con la firma del Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947 che assegnò alla Repubblica Popolare Federale di Jugoslavia i territori occupati dai nazi-fascisti durante la seconda guerra mondiale, gran parte della Venezia Giulia (Fiume e le isole del Quarnaro, la quasi totalità dell'Istria e gli altopiani carsici a est e nord-est di Gorizia) e istituì il Territorio Libero di Trieste comprendente l'attuale provincia di Trieste e i territori costieri istriani da Ancarano a Cittanova (oggi rispettivamente in Slovenia e Croazia).
Da ciò si evince chiaramente che dietro alla falsa propaganda sui “massacri delle foibe” e “l'esodo dei giuliano-dalmati” c'è anche un preciso disegno politico del governo neofascista Meloni che punta a rimettere a fomentare il nazionalismo patriottardo e ad assicurarsi un’opinione pubblica favorevole alle mai sopite ambizioni imperialiste della borghesia italiana nella regione dei Balcani e nel Mediterraneo.
Un disegno confermato anche dalle recenti dichiarazioni della stessa Meloni e dal ministro degli Esteri Tajani che il 24 gennaio scorso a Trieste nel corso della Conferenza dell'Unione europea sui Balcani hanno rivendicato “più Italia nei Balcani!” proprio mentre l'Italia dall’ottobre scorso ha assunto il comando della missione NATO KFOR nella regione del Kosovo.
Non a caso la premier Meloni ha aperto ufficialmente le celebrazioni con un messaggio diffuso dall'Ufficio stampa di Palazzo Chigi in cui ha ulteriormente rincarato la dose di menzogne affermando con piglio ducesco: “Oggi l’Italia celebra il Giorno del Ricordo e rende il suo tributo ai martiri delle foibe e agli italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia costretti ad abbandonare le loro case e le loro terre per il solo fatto di essere italiani. Centinaia di migliaia di nostri connazionali obbligati a fuggire e che la Nazione, in diverse occasioni, non seppe accogliere come sarebbe stato giusto fare”.
Non una parola sul fatto che i fuorisciti giuliano-dalmati, come sarebbe giusto chiamarli, e non “esuli”, furono in tutto circa 35 mila persone, in gran parte anticomunisti, fascisti, spie, traditori, delatori, collaborazionisti e personaggi pubblicamente e gravemente compromessi con gli oppressori nazi-fascisti che non furono “perseguitati e cacciati dai partigiani titini” ma fuggirono volontariamente dai territori della ex Jugoslavia per sottrarsi vigliaccamente al giudizio delle loro vittime all'indomani dell'8 settembre 1943 e poi ancora nel 1947, nel 1954 e fino al 1958 .
Non una parola sugli scioperi e le proteste organizzate dai portuali di Ancona e dai ferrovieri di Bologna contro i “treni e le navi dei fascisti che scappano dalla Jugoslavia”.
Non una parola sui bombardamenti a tappeto, lo smembramento dei territori della ex Jugoslavia, l'italianizzazione forzata, le devastazioni, i saccheggi, gli eccidi, le torture, gli stupri, i rastrellamenti e le deportazioni nei campi di concentramento pepetrati dalle truppe di occupazione fascista contro le popolazioni slave.
A questa infame mistificazione, anticomunista, nazionalista, imperialista e patriottarda ha preso parte attiva il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che durante la celebrazione ufficiale al Quirinale ha ulteriormente rincarato la dose di menzogne affermando fra l'altro: “La furia dei partigiani titini si accanì, in modo indiscriminato ma programmato, su tutti quelli che non assecondavano le mire espansionistiche di Tito o non si sottomettevano al regime comunista”. Le violenze anti-italiane, ha aggiunto Mattarella, costituiscono: “Un carico di sofferenza, di dolore e di sangue, per molti anni rimosso dalla memoria collettiva e, in certi casi, persino negato”.
Per questo ha proseguito Mattarella “La legge sul 'Giorno del Ricordo ' ha avuto il merito di rimuovere definitivamente la cortina di indifferenza e, persino, di ostilità che, per troppi anni, ha avvolto le vicende legate alle violenze contro le popolazioni italiane vittime della repressione comunista... Per molte vittime, giustiziate, infoibate o morte di stenti nei campi di prigionia comunisti, l’unica colpa fu semplicemente quella di essere italiani. Ma nelle difficoltà dell’immediato dopoguerra e nel clima della guerra fredda e dello scontro ideologico, che in Italia contrapponeva fautori dell’Occidente e sostenitori dello stalinismo, non furono compresi e incontrarono ostacoli ingiustificabili”.
Pertanto “Nel ribadire lo stupore e la condanna per inammissibili tentativi di negazionismo e di giustificazionismo” Mattarella ha concluso il suo discorso sentenziando con grande soddisfazione che “Le prevaricazioni, gli eccidi, l’esodo forzato degli italiani dell’Istria, della Venezia Giulia e della Dalmazia costituiscono parte integrante della storia del nostro Paese e dell’Europa”.
In perfetta sintonia con la Meloni, anche Mattarella non ha fatto il minimo accenno agli efferati crimini commessi dagli aggressori fascisti nei territori della ex Jugoslavia messi a ferro e fuoco già a partire dagli anni '20 e poi ancora durante la feroce occupazione nazi-fascista iniziata nell'aprile del 1941 che lo stesso Mussolini aveva avviato col famigerato discorso del Teatro Ciscutti di Pola del 20 settembre 1920 in cui proclamò: “Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini italiani devono essere il Brennero, il Nevoso e le (Alpi) Dinariche. Dinariche, sì, le Dinariche della Dalmazia dimenticata!… Il nostro imperialismo vuole raggiungere i giusti confini segnati da Dio e dalla natura, e vuole espandersi nel Mediterraneo. Basta con le poesie. Basta con le minchionerie evangeliche... Io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”.
Insomma si vuole spacciare per verità storica il falso mito degli “italiani che fuggivano per non morire nelle foibe” o “venivano espulsi” dalle loro terre, quando invece dai documenti ufficiali risulta esattamente il contrario e cioè che le autorità jugoslave cercarono di ostacolare in tutti i modi l’espatrio delle popolazioni italiane e decine di migliaia di italiani continuarono a vivere in pace e tranquilli in Jugoslavia e altre migliaia addirittura vi emigrarono dall’Italia negli anni seguenti.
Si vogliono far passare come “martiri” alcune centinaia di infoibati, ma si fa silenzio assoluto sullo sterminio di oltre 340.000 civili slavi fucilati e massacrati dall’aprile 1941 all’inizio di settembre 1943 nel corso dei cosiddetti “rastrellamenti” ed operazioni di rappresaglia contro le forze partigiane insorte. Di altri 100.000 civili montenegrini, croati e sloveni deportati nei capi di concentramento approntati dalla primavera all’estate del 1942 dalle orde mussoliniane per rinchiudervi vecchi, donne e bambini colpevoli unicamente di essere congiunti e parenti dei “ribelli”. In quei campi disseminati dalle isole di Molat e Rab/Arbe in Dalmazia fino a Gonars nel Friuli ed altri in Italia, morirono di fame, di stenti e di epidemie circa 16.000 persone nel giro di poco più di un anno di deportazione. Si tace sulla feroce politica di snazionalizzazione forzata che costrinse all'esilio più di 80.000 sloveni, croati, tedeschi e ungheresi e anche alcune migliaia di comunisti italiani, antifascisti e oppositori del regime; si tace sulle violenze e le stragi compiute dagli aguzzini in camicia nera contro i civili perpetrate in base a “una ben ponderata politica repressiva” come testimonia ad esempio la famigerata circolare del generale Roatta del marzo 1942 nella quale si legge: “il trattamento da fare ai ribelli non deve essere sintetizzato nella formula dente per dente, ma bensì da quella testa per dente”. Mentre il generale Robotti, durante i rastrellamenti a tappeto nel giugno e agosto 1942, rimproverava alle truppe dell’XI Corpo d’Armata che: “Si ammazza troppo poco!” e ordinava l'“esecuzione di tutte le persone responsabili di attività comunista o sospettate tali e di internare tutti gli sloveni per rimpiazzarli con gli italiani per far coincidere le frontiere razziali e politiche”.
Fatti storici e ampiamente documentati che smentiscono inconfutabilmente le tesi dei fascisti a cominciare dal presidente del Senato Ignazio La Russa che per l'occasione si è recato a Trieste per inginocchiarsi davanti alla foiba di Basovizza (dichiarato monumento nazionale il 10 febbraio 2007 dal governo Prodi II) e vomitare altro veleno anticomunista in “ricordo delle migliaia di vittime italiane dell’odio titino... un segno importante della nostra comunità nazionale che tende a una storia e a una meoria condivisa... Oggi questo mi lascia sperare su un percorso che va completato ma è già in corso".
Quello di La Russa è lo stesso odio anticomunista vomitato pochi giorni fa dai neofascisti di Casapound contro Tomaso Montanari, saggista, storico dell’arte e rettore dell’università per stranieri di Siena, minacciato e etichettato come “revisionista e giustificazionista degli assassini dei nostri connazionali infoibati” e per aver coraggiosamente denunciato che: “Entrare a sindacare cosa si insegni nelle scuole è un brutto e vecchio vizio fascista. Non è un caso che a innervosire tanto Casapound sia una lezione sull’articolo 9 della Costituzione, che lega l’idea di nazione non al sangue, alla stirpe e alla razza come volevano i fascisti, ma invece alla cultura, facendo dell’idea di nazione un’idea aperta a tutti”.
Del resto ad assecondare l'attacco neofascista contro la Resistenza e i partigiani è stato lo stesso presidente nazionale dell'Anpi, Gianfranco Pagliarulo, il quale, durante il convegno sulle foibe svoltosi lo scorso 20 gennaio a Zagabria, presso la Casa dei giornalisti, ha sposato le falsità dei fascisti proponendo che: “non si faccia del Giorno del Ricordo in Italia un momento di ulteriore strappo, di divisione fra gli italiani e fra gli italiani, gli sloveni e i croati. Sia davvero una giornata di memoria osservante di tutte le memorie: delle foibe, dell'esodo, delle stragi operate in Slovenia e in Croazia, dei morti nei campi di internamento. Sia una giornata di rispetto e non di oltraggio, di analisi storica e non di propaganda, di fraternità e non di odio, di pace e non di guerra. Questo è il messaggio che ci permettiamo di inviare alle autorità italiane”.
Come dire: chi ha avuto ha avuto... scordiamoci il passato... siamo tutti patrioti italiani!
No caro Pagliarulo, la verità sulle foibe è una sentenza inappellabile della storia che condanna per sempre il fascismo e i fascisti per le nefandezze compiute e non la si può cambiare a seconda delle proprie convenienze politiche e personali.
Il “giorno del ricordo” va semplicemente abolito e non trasformato in un “giorno di tutte le memorie” per spianare la strada all'imperialismo italiano verso i Balcani e l'intero mediterraneo.

15 febbraio 2023