Richiesta dalla interessante rivista cilena online “América Rebelde”
Inedita, ricca e approfondita intervista al PMLI sulla storia e l’attualità dell’Italia, sulla lotta antirevisionista, sulla situazione internazionale e le lotte antimperialiste
Erne Guidi articola e chiarisce brillantemente le posizioni marxiste-leniniste

 
La rivista cilena online “América Rebelde”, interessante forum di discussione utilizzato dai Partiti, movimenti e associazioni comunisti e antimperialisti di tutta l’America Latina, ha contattato il PMLI tramite la sua pagina Facebook nazionale, chiedendogli un’articolata intervista, che spazia dalla situazione storica e politica dell’Italia, dal ruolo svolto dal PCI, dall’attuale situazione della lotta di classe nel nostro Paese e in Europa, al neofascismo, fino alla situazione internazionale e alle attuali contraddizioni interimperialiste, pubblicandola integralmente nella sua edizione del 23 febbraio, accompagnata dalla foto delle bandiere dei Maestri e del PMLI.
Il nostro Partito è stato altresì accolto con tanto di benvenuto ufficiale al suo incaricato, il compagno Erne Guidi, in un gruppo online, creato da “América Rebelde” chiamato “Prensa Amiga Chile” (Stampa amica del Cile), il cui obiettivo è “combattere l’assedio dell’informazione e condividere le lotte dei nostri popoli”. A questo gruppo aderiscono 70 tra riviste e magazine, partiti, movimenti e associazioni antimperialisti da tutta l’America Latina, ma anche da Turchia, Haiti e altri Paesi sparsi nel mondo. Altro invito, accolto dal PMLI, di entrare nel gruppo online “Comunistas America”, formato dai partiti comunisti dell’America Latina, dove è possibile condividere notizie e documenti di queste Organizzazioni.
Qui di seguito, in corsivo, l’introduzione all’intervista scritta da “América Rebelde”, poi il testo dell’intervista vera e propria con le 20 domande in neretto e le risposte del compagno Guidi in chiaro.
 
La costruzione di uno strumento rivoluzionario, della generazione di un movimento popolare non può essere lontana dalla necessaria lotta contro le espressioni e le correnti opportuniste-vacillanti-riformiste-revisioniste al suo interno. Pensare che ciò che conta sia la massa del movimento e non salvaguardare i principi e gli obiettivi rivoluzionari costituisce uno dei più grandi errori in cui molti inciampano ancora.
Nella seguente intervista al Partito marxista-leninista italiano è chiara l'importanza di preservare l'ideologia rivoluzionaria come spina dorsale di ogni costruzione o spazio unitario, tra l'altro, delle masse.
América Rebelde ringrazia i compagni del PMLI per la pazienza e la dedizione, il tempo e la chiarezza con cui hanno risposto all'intervista. È la dimostrazione da parte dei compagni dell'importanza che essi attribuiscono alla lotta ideologica che deve esprimersi attraverso media alternativi, svolgendo lo stesso ruolo che ebbe ai suoi inizi la stampa operaia, la stampa rossa e rivoluzionaria.
Grazie mille colleghi, compagni e dirigenza del PMLI.
 
Nel 1921 Amedeo Bordiga e Antonio Gramsci fondarono il Partito Comunista. Nel 1925 fu messo fuorilegge dal fascista Benito Mussolini. Durante la Seconda guerra mondiale imperialista, migliaia di militanti comunisti si unirono alla Resistenza Antifascista. Nel dopoguerra il PCI iniziò a collaborare con i partiti borghesi, virando verso la Democrazia cristiana e assumendo l'eurocomunismo (Via nazionale al socialismo). Nonostante ciò, il PCI divenne il secondo partito in Europa fino al suo completo scioglimento nel 1991 al suo XX Congresso, trasformandosi nel Partito Democratico della Sinistra.
In quei 45 anni come si sviluppò il movimento comunista italiano? Quali erano le sue contraddizioni interne? Considerando anche che nel 1956 il settore revisionista del PCUS, XX Congresso, compì un colpo di Stato che portò indubbiamente conseguenze all'interno del PCI.
L'elemento fondamentale che caratterizza la storia del PCI è l'inganno politico.
Infatti il PCI si costituì nel 1921 per abbattere il capitalismo e realizzare il socialismo, tramite la lotta di classe e la rivoluzione socialista, mentre in realtà in tutto il corso della sua storia ha lavorato per sabotare la lotta di classe, per difendere il sistema capitalistico e la democrazia borghese e integrare in essi la classe operaia.
La caratteristica peculiare del PCI è che fin dall'indomani della sua giusta e necessaria fondazione, avvenuta su impulso di Lenin e della III Internazionale, questo partito è caduto nelle mani della borghesia, dapprima tramite la direzione dogmatica e settaria di "sinistra'' di Bordiga, e poi, dopo la sconfitta definitiva di quest'ultima nel '26, tramite la direzione revisionista di destra di Gramsci e successivamente di Togliatti. Gramsci, con le sue teorie liberal-riformiste che sostituivano la costruzione dei consigli a quella del partito, il concetto di "blocco storico'' a quello di lotta di classe, il concetto di "egemonia'' a quello della dittatura del proletariato, e il concetto di "guerra di posizione'' a quello di insurrezione rivoluzionaria per il socialismo, pose per primo le fondamenta revisioniste del PCI. Togliatti riprese, sviluppò e applicò quelle teorie con la "via italiana al socialismo'', e “la svolta di Salerno”, figlie del colpo di Stato del rinnegato Krusciov al XX Congresso del PCUS del 1956 e che stanno a loro volta all'origine dell'ulteriore passaggio revisionista del partito negli anni '70 e '80 con il “compromesso storico” con la Democrazia Cristiana e l’“eurocomunismo” di Berlinguer fino alla sua liquidazione all'insegna del neoliberalismo.
Per tutti questi anni il PCI non ha fatto che spargere nella classe operaia revisionismo, riformismo, liberalismo, elettoralismo, parlamentarismo, pacifismo, legalitarismo, al posto del marxismo-leninismo e della strategia e della tattica proletarie e rivoluzionarie. Questo inganno è stato possibile grazie a un lento, graduale e pilotato processo di deideologizzazione, decomunistizzazione e socialdemocratizzazione dei militanti, del proletariato e dei lavoratori, delle masse femminili, giovanili e popolari.
 
Nel 1949 trionfò la rivoluzione in Cina e dal 1956 il movimento comunista internazionale si divise.
Cosa stava succedendo in Italia in quel periodo? Come si esprimeva la lotta di classe, che fine ha fatto il movimento comunista antifascista che si è costruito sulla Resistenza Antifascista?
Il trionfo della rivoluzione in Cina e la nascita della Repubblica Popolare ad opera di Mao nel 1949 aprirono la strada alla vittoria del socialismo in un terzo del pianeta. Nel 1956 il colpo di Stato kruscioviano in URSS mise invece le basi per la divisione del movimento comunista internazionale. Nell'allora movimento comunista internazionale si stava irrimediabilmente consumando la rottura tra i marxisti-leninisti, capeggiati da Mao, e i revisionisti moderni, capeggiati da Krusciov, di cui Togliatti era un leader di grande rilievo, anche perché il PCI era allora in Europa il più forte partito comunista non al potere.
Il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, lo ha magistralmente ricordato con le seguenti parole nel suo splendido ed educativo discorso pronunciato il 12 settembre 2021, alla Commemorazione di Mao a Firenze nel 45° Anniversario della scomparsa, dal titolo: Applichiamo gli insegnamenti di Mao sul revisionismo e sulla lotta di classe per il socialismo. “Il revisionismo moderno ha avuto in Italia una centrale molto importante e agguerrita, che aveva una grande influenza sui partiti comunisti dei paesi capitalisti, specialmente in Europa. Il portabandiera e il teorico del revisionismo italiano era Palmiro Togliatti, allora Segretario generale del PCI, una mente sopraffina che ha ingannato anche Stalin. Mao lo teneva nel mirino e l'ha fatto smascherare attraverso due memorabili articoli, che sono stati fondamentali per la presa di coscienza dei primi pionieri del PMLI della natura revisionista del PCI. Il primo, del 31 dicembre 1962, ha per titolo ‘Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi’ ed è comparso sul ‘Quotidiano del popolo’. Il secondo, del febbraio 1963, ha per titolo ‘Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi’ ed è comparso su ‘Bandiera rossa’. Questi due articoli sono la risposta pubblica del PCC agli attacchi che Togliatti e altri avevano sferrato a Mao e ai comunisti cinesi al decimo Congresso nazionale del PCI tenutosi nei primi giorni del dicembre 1962. Essi smantellano punto per punto con ampie argomentazioni tutte le tesi del PCI circa la ‘via parlamentare al socialismo’, le ‘riforme di struttura’, lo Stato, l'economia, l'unità tra rivoluzionari e riformisti, il revisionismo moderno, l'imperialismo, le guerre nucleari, le armi nucleari, la guerra e la pace, la coesistenza pacifica, la Costituzione italiana ”.
 
Nella storia del mondo, il maggio '68 è una data iconica per il terremoto che ha colpito non solo la Francia, ma anche il Messico, l'Italia e altrove. Per alcuni, queste rivolte furono l'espressione in lotta di una nuova sinistra rivoluzionaria, influenzata anche dalla guerra in Vietnam e dal trionfo della Rivoluzione cubana, dove la lotta armata acquistò maggiore importanza come valido cammino verso la rivoluzione. Avvenne l'invasione dell'Ungheria e della Cecoslovacchia. Era un'altra lettura del marxismo. In quel periodo iniziarono ad apparire pubblicazioni, movimenti e gruppi critici dell'operato del PCI: Quaderni Rossi, Classe operaia, Potere operaio, Lotta continua, Autonomía operaia fino ad arrivare alle Brigate Rosse.
Che fine ha fatto il marxismo rivoluzionario negli anni '60? Qual è la situazione della lotta di classe e come è legata al collaborazionismo del PCI con la Democrazia cristiana e il socialismo italiano?
Il Sessantotto è stato un attacco frontale al sistema capitalistico e il primo attacco di massa al revisionismo moderno. Esso ha avuto un carattere chiaramente rivoluzionario, antimperialista, anticapitalista, antifascista, antistituzionale e antirevisionista, sia pure con delle differenziazioni, delle particolarità e delle tonalità diverse tra movimento studentesco e movimenti operaio e popolare. Lo provano le azioni, le manifestazioni, le lotte, le rivendicazioni e i documenti prodotti a quell'epoca soprattutto dal movimento studentesco. In particolare quegli anni sono segnati da centinaia e centinaia di manifestazioni in tutte le parti d'Italia contro l'imperialismo americano e per il Vietnam del Sud, che cessano solo quando il popolo di quel martoriato Paese conquista la liberazione nazionale con la forza delle armi. L'anticapitalismo e l'antirevisionismo del Sessantotto sono inconfutabili e incancellabili. Se esso non ha potuto raggiungere tutti gli obiettivi è solo perché a dirigere le masse in lotta c'erano degli imbroglioni politici, revisionisti mascherati, trotzkisti, operaisti, "ultrasinistri", che si definivano “marxisti rivoluzionari”. E il PCI remava contro.
Nella pratica le masse, specie studentesche e giovanili, si rendono conto, trovandoseli contro nelle università, nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle piazze, che i revisionisti che dirigevano il PCI negavano il marxismo-leninismo, la lotta di classe, la rivoluzione e il socialismo. Compromessi fino al collo con le istituzioni, l'ordinamento scolastico e universitario e l'intero sistema capitalistico, aspirando unicamente ad avere un posto nel governo borghese, imbolsiti dal pacifismo, dal legalitarismo e dal parlamentarismo, avevano perso ogni stimolo rivoluzionario ed erano ormai incapaci non solo di dirigere ma anche di partecipare alla lotta di massa anticapitalistica. Ed è proprio per colpa soprattutto dei revisionisti che il Sessantotto non potette arrivare fino all'insurrezione, e il proletariato fu così privato di un'altra occasione d'oro per impadronirsi del potere politico.
Imbroglioni che ancora oggi ritroviamo nelle istituzioni, in partiti parlamentari della destra e della "sinistra" borghese, nei vertici dei media e persino nei governi. Ciò non deve meravigliare perché la borghesia infiltra sempre dei suoi agenti nei movimenti di massa e nei partiti rivoluzionari nel tentativo di farli fallire. Bisogna quindi essere sempre vigilanti e pronti a smascherarli e impedirgli di prendere la direzione. Ma questo non è possibile se non siamo risoluti a farlo e se non abbiamo la cultura adeguata allo scontro ideologico e politico. Cultura che ci può dare solo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, che tra l'altro ci educa alla lotta tra le due linee all'interno del Partito.
Le nuove generazioni devono sapere quello che è stato effettivamente il Sessantotto. Le masse studentesche, operaie e popolari protagoniste di quello straordinario avvenimento storico devono recuperarne la memoria, lo spirito, la combattività e gli obiettivi. I vecchi e nuovi combattenti per il socialismo devono imparare da quella grande esperienza per rinverdirne le gesta, non ripeterne gli errori e ricavarne nuova forza e nuova ispirazione per proseguire nella lotta incessante contro la classe dominante borghese e i suoi lacchè.
Da quando esiste la proprietà privata, la storia è storia di lotte di classe. Di conseguenza ogni classe dà la sua interpretazione di classe degli avvenimenti quotidiani e storici. Mao rileva: "Lotta di classe - alcune classi trionfano, altre vengono eliminate. Questa è la storia, questa è da millenni la storia delle civiltà. Interpretare la storia da questo punto di vista è ciò che si chiama materialismo storico; mettersi in contrapposizione a questo punto di vista è ciò che si chiama idealismo storico".
Il Sessantotto va interpretato in questa chiave, altrimenti non se ne capisce il senso, e non si riesce a trarne degli insegnamenti utili alla lotta di classe e si dà via libera alle mistificazioni e alle falsificazioni storiche della borghesia, dei revisionisti e dei riformisti. In realtà, in base ai fatti, alla durata e alle asprezze degli scontri di classe, alla vastità delle forze sociali coinvolte, e agli sconvolgimenti sociali e politici causati, il Sessantotto costituisce il più grande avvenimento della storia della lotta di classe del dopoguerra in Italia. In precedenza vi erano stati la grande spinta insurrezionale del '48 e i moti di piazza del luglio '60 contro il governo clerico-fascista Tambroni, ma mai la lotta di classe, dopo la vittoriosa Resistenza, aveva raggiunto l'intensità, l'ampiezza e la profondità del Sessantotto, mai soprattutto a livello di massa e come obiettivo generale della lotta di massa era stata posta la questione del potere politico e del socialismo.
Il Sessantotto non è una fiammata di un giorno o di un mese ma una Grande Rivolta studentesca, operaia e popolare che sprigiona la sua massima forza nel quadriennio di fuoco che va dal '67 al '70, e i cui ultimi bagliori arrivano fino al '74-'75. Il Sessantotto è perciò un anno simbolo, una data periodicizzante che segna un'intera epoca storica. Il Sessantotto rientra nella categoria della storia della lotta di classe in Italia. Ovviamente si tratta di storia passata, che tuttavia parla ancora al presente. Una storia irripetibile che non può più tornare a riprodursi nelle stesse forme, poiché ogni lotta nasce, si sviluppa e si esaurisce in base alle condizioni, alle circostanze, al luogo e al tempo specifici e ben determinati. Ma il suo spirito è eterno e la sua luce illuminerà il cammino dei marxisti-leninisti e dei combattenti per il socialismo di oggi e del futuro.
 
Questo movimento rivoluzionario è brutalmente represso dalla DC e dal PCI. Alcuni fanno notare che l'assassinio di Aldo Moro fu la fine delle Brigate Rosse e che questo fatto diede origine e pretesto a questa repressione. Ma altri suggeriscono che questa repressione sia stata in definitiva una repressione globale contro questa nuova sinistra rivoluzionaria. Citano quello che è successo con la Red Army Faction (RAF, Germania) e quello che è successo con Andreas Baader, Marie Meinhof, Jan Karl Raspe, Gudrun Ensslin, tra gli altri, tutti militanti della RAF, tutti "suicidati" mentre erano in prigione.
Cos’è successo in termini organici, con i legami con le masse di questo settore rivoluzionario? Che fine hanno fatto gli approcci ideologici, programmatici e strategici di questo marxismo rivoluzionario?
La nostra posizione sulla natura, la funzione e gli scopi provocatori e controrivoluzionari delle cosiddette "Brigate Rosse'' è stata espressa in maniera chiara e ferma fin dal 1974 e in primo luogo nel comizio del compagno Giovanni Scuderi tenuto il 25 Aprile di quell'anno a Firenze in cui egli affermò senza mezzi termini che "non sono rossi, ma neri i rapimenti di Godalla, Amerio, Sossi'', le prime clamorose imprese delle "Brigate Rosse''. Su "Il Bolscevico'' che riportava il testo di quello storico discorso compariva anche un articolo dal titolo "Le 'Brigate rosse' sono nere, pedine della fascistizzazione'' (cfr. "Il Bolscevico'' n. 6/1974). Da allora la nostra denuncia è stata sempre puntuale e altrettanto ferma - seppur vigliaccamente ignorata dai mass media borghesi e da quelli falsamente di "sinistra'' -, fino al Documento dell'Ufficio politico del 20 marzo del 2002 sul delitto di Marco Biagi in cui fra l'altro si afferma che "Il terrorismo arriva puntuale ogni volta che le masse vogliono più giustizia sociale, più benessere, più libertà, più democrazia. Segno evidente che c'è una precisa regia, una centrale occulta, che non vuole che tutto ciò si realizzi. è stato sempre così, specie dal delitto Moro e poi quelli di Tarantelli, Ruffilli e D'Antona e ora Biagi... La storia del nostro Paese, fin dalla strage di Portella delle Ginestre, passando dalla strage di Piazza Fontana, dalla stagione del terrorismo degli anni '70 e '80 e dagli attentati successivi fino ad arrivare ai giorni nostri, e tenendo presente il `Piano di rinascita democratica' e dello ‘Schema R’ della P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi, dimostra chiaramente che il terrorismo viene da destra, è manovrato dalla destra ed è funzionale alla destra. Anche se la manovalanza si professa a ‘sinistra’. Quindi se non si combatte la destra, e l'attuale governo che la esprime, non si riuscirà mai a venire a capo del terrorismo'' (cfr. "Il Bolscevico'' n. 12/2002).
I terroristi, e ci riferiamo in primo luogo ai teorici e ai manovratori del terrorismo, non sono affatto "compagni che sbagliano'' come la storia del terrorismo in Italia ha ampiamente dimostrato. Basterebbe andare a vedere che fine hanno fatto i "capi storici'' e i teorici delle "Brigate Rosse'' e di altri gruppi terroristici cosiddetti "rossi'', quali Curcio, Franceschini, Moretti, tornati sotto le gonne della classe dominante borghese e dei suoi partiti e le tonache del Vaticano.
Le "Brigate Rosse'' e gli altri gruppi terroristici in Europa sostenevano la lotta armata per la lotta armata. La lotta armata come fine e non come mezzo. Il primato dell'azione militare sulla politica e sul partito. Occorre su questo punto essere molto chiari. La violenza rivoluzionaria è la violenza delle masse. La storia la fanno le masse e non i singoli individui. La trasformazione della società, l'abbattimento del capitalismo e la conquista del socialismo possono avvenire solo attraverso la lotta di classe e la rivoluzione proletaria che è opera delle masse proletarie e popolari, non di piccoli gruppi. Solo in questo contesto è giustificato, necessario e utile l'esercizio della violenza rivoluzionaria, ma sempre da parte delle masse che lottano contro la violenza reazionaria della classe dominante borghese, del suo governo e delle sue istituzioni.
La violenza è una necessità storica imposta al proletariato dalle condizioni specifiche della sua esistenza e non una scelta facoltativa. Il proletariato usa la violenza spinto dal desiderio di sopprimere ogni violenza, che però continua ad esistere finché permarrà la divisione in classi: questo è il motivo che fa della violenza del proletariato una cosa giusta e della violenza della borghesia una cosa ingiusta. La violenza è rivoluzionaria se è la classe rivoluzionaria a compierla, se è una manifestazione di una sua esigenza di vita e di lotta, se corrisponde al suo stato d'animo. La violenza è indissolubilmente legata alla politica e perciò non si manifesta solo sul piano militare ma su piani diversi: non è mai un fine ma è sempre un mezzo per raggiungere gli obiettivi politici generali. Usare la violenza solo nell'azione militare significa ridurre la rivoluzione alla sola lotta armata dimenticando che la rivoluzione socialista non è un colpo di Stato o un complotto ma un processo di massa che nel corso del suo sviluppo agisce su tutti i piani investendo ogni aspetto della vita sociale del capitalismo in modo da indebolirlo e disgregarlo in ogni campo e nel contempo creare e allargare il Fronte unito rivoluzionario e l'Esercito rosso che, sotto l'egemonia e la direzione del Partito sono gli strumenti fondamentali per la conquista del potere politico da parte del proletariato. L'idea che l'azione individuale e il terrorismo abbiano effetti taumaturgici per la rivoluzione è già stata battuta dalla storia che ha dimostrato come tali metodi non abbiano mai prodotto l'effetto proclamato dai suoi propugnatori né agli albori del capitalismo né nella fase del capitalismo maturo com’è accaduto negli anni '70-'80. Il terrorismo in realtà non ha mai torto un capello al capitalismo e all'imperialismo. Anzi li ha rafforzati. Non è mai riuscito a spostare le masse sul terreno rivoluzionario e del socialismo. Anzi le ha lasciate in balia della borghesia e dei suoi partiti.
 
Néstor Kohan, intellettuale marxista argentino, nel suo libro “Toni Negri y los desafíos de Imperio”, in relazione a questa epoca di inasprimento della lotta di classe e della repressione in Italia dice: “Durante la sua prigionia, Aldo Moro approfondisce, fornendo dettagli, ad esempio, sulla struttura segreta politico-militare dell'Operazione Gladio (Spada), un'organizzazione clandestina gestita dai servizi segreti italiani e dai servizi segreti americani (CIA) con il pieno avallo della Democrazia Cristiana. Questa organizzazione clandestina, - che avrebbe circa 15.000 membri, arsenali di armi ed esplosivi -, è destinata a controllare un'eventuale vittoria elettorale del Pci”. Più avanti, in relazione allo stesso periodo precedente, rileva: “...a quasi due decenni dai primi processi, continuano a soffrire numerosi militanti italiani e prigionieri politici degli anni '70. Di loro, circa 207 sono ancora detenuti e circa 500 sono in esilio, principalmente in Francia. Complessivamente si stima che la criminalizzazione da parte dello Stato della sinistra extraparlamentare italiana comprenda approssimativamente l'incarcerazione di oltre 60.000 persone, l'esecuzione di oltre 20.000 cause giudiziarie e il mantenimento di circa 6.400 prigionieri politici…” (nota: il libro di Néstor Kohan è stato pubblicato nel 2002).
Indubbiamente, questo livello di repressione è solo simile a un regime fascista o alle dittature militari latinoamericane, ma in nessun caso a una democrazia o a uno Stato di diritto. Il fascismo è stato sconfitto in Italia o il regime fascista è rimasto intatto ed è fascismo senza Mussolini?
La denuncia sui pericoli di golpe in Italia che noi marxisti-leninisti lanciammo fin dalla metà degli anni '70 ha trovato un'autorevole conferma negli anni seguenti nelle parole del capo dei gladiatori e senatore a vita Francesco Cossiga, morto nel 2010, dopo che sono emersi i suoi antichi legami con la destra economica e politica, coi golpisti, la massoneria e la P2, e il ruolo chiave da lui svolto nei più oscuri "misteri della Repubblica" come la "Gladio", il "piano Solo", il caso Moro e la strage di Ustica, e da altri esponenti del regime neofascista italiano. “Gladio” fu una struttura illegale e clandestina che dietro finalità difensive e patriottiche nascondeva attività e obiettivi anticomunisti, eversivi e golpisti. Anche impedire che il PCI andasse al governo dopo regolari elezioni politiche.
La repressione della sinistra extraparlamentare è sempre stata presente nell’Italia del dopoguerra ed in particolare dopo i grandi movimenti politici e sociali del ‘68 e del ‘77. Ne sappiamo qualcosa noi del PMLI, i cui dirigenti ma anche militanti, sono stati più volte incriminati, a partire dal Segretario generale Giovanni Scuderi, per aver denunciato la seconda repubblica neofascista.
 
Anche quanto descritto da Néstor Kohan dà conto di un movimento rivoluzionario abbastanza radicato nelle masse, con molto potere organizzativo e ideologico.
Cosa è rimasto di tutto questo dopo la repressione? Cos’è successo a quei prigionieri politici ed esuli? Sono ancora in prigione, sono ancora in esilio? Ci sono prigionieri politici in Italia? Quanti? Questa repressione ha significato la morte di quel movimento rivoluzionario?
Come prigionieri politici ci dovrebbero essere ancora degli ex BR e anarchici, il più noto è Alfredo Cospito che è in sciopero della fame contro l’ingiusta e indegna detenzione sotto il regime del 41 bis, la legge punitiva contro i boss della mafia che si sono macchiati di stragi e assassinii, a lui applicato senza che si sia mai macchiato di tali crimini.
 
Sulla base di tutto ciò che questo movimento e quel tempo hanno potuto dare, come descriveresti il processo di ricostruzione del movimento rivoluzionario? Com'è stata quella lunga strada fino ad oggi?
Una strada irta, tutta in salita, a causa dello sbocco non rivoluzionario e socialista di quel movimento in Italia e in Europa. Non è fallita tuttavia l'idea immortale della necessità storica ineluttabile del socialismo, che continua e continuerà sempre a vivere tra gli sfruttati e gli oppressi dal capitalismo e dall'imperialismo, ma è fallito solo il simulacro di socialismo che era rimasto dell'URSS e degli altri Paesi ex socialisti dell'Est dopo il colpo di Stato dei revisionisti kruscioviani del XX congresso del PCUS nel 1956, che con la "destalinizzazione" aveva rovesciato la dittatura del proletariato e restaurato quella della borghesia, avviando già da allora, come aveva lucidamente previsto Mao, la rovinosa parabola che si sarebbe conclusa nell'89 con il cosiddetto crollo del Muro di Berlino e la resa al capitalismo e all'imperialismo dichiarata dal rinnegato Gorbaciov. Con la stessa logica, dopo la morte di Mao, anche in Cina la borghesia ha ripreso il potere trasformando questo glorioso Paese socialista in una tenebrosa dittatura fascista, dove imperversano il capitalismo selvaggio e il supersfruttamento dei lavoratori e dell'ambiente.
 
Quanto sopra indica che un movimento o partito rivoluzionario deve essere clandestino per evitare questi livelli di repressione. Questa ricostruzione del movimento rivoluzionario e delle attuali organizzazioni rivoluzionarie, come sono costruite?
Noi possiamo parlare solo per il nostro Partito.
Il PMLI non è un Partito semi-clandestino, ma operiamo alla luce del sole. I militanti del PMLI, come i simpatizzanti attivi, sono costantemente impegnati nelle piazze, nei luoghi di lavoro, di studio e di vita. Senza temere né la repressione poliziesca e giudiziaria né quella padronale e delle autorità scolastiche e universitarie. Non per questo però agiamo da kamikaze. Adottiamo delle misure di vigilanza affinché la mannaia repressiva faccia meno danni possibile. Per esempio non andiamo allo sbaraglio negli scontri di piazza ed abbiamo dei compagni coperti che lavorano in seconda linea, dando il loro contributo nell’anonimato.
Il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, ha avuto non due ma più processi. Eppure continua a rimanere al suo posto di combattimento. Così altri compagne e compagni dirigenti o semplici militanti di base che sono stati repressi dalle istituzioni borghesi oppure hanno avuto dei problemi professionali o scolastici. Solo i più deboli sono crollati.
 
Nel 1973 avvenne in Cile il colpo di Stato contro Salvador Allende. Fu anche il fallimento della Via cilena al socialismo, cugina dell'eurocomunismo e della Via nazionale al socialismo proposta dal PCI. Per questo il PCI nel 1974 promosse il "Compromesso Storico" che era l'alleanza o cogoverno tra PCI e DC e nel 1977 fu fondato il Partito marxista-leninista italiano (PMLI).
Come sono stati questi due processi?
Con i fatti del Cile del 1973 ancora una volta viene mostrato alla classe operaia internazionale quale mortale pericolo si celi dietro alla funesta strategia revisionista delle "vie nazionali al socialismo". Ancora una volta tragicamente, come già in Indonesia nel 1965, viene smentita nel Cile la dottrina dei rinnegati revisionisti che illude la classe operaia sulla conquista per via pacifica e parlamentare del socialismo. Ancora una volta a pagare le conseguenze dell'opportunismo revisionista sono le masse, con il loro sangue, la tortura e la galera.
Berlinguer e il vertice del PCI colgono a pretesto la tragedia cilena per un'ulteriore sterzata a destra della politica revisionista. Per evitare alla "via italiana al socialismo" l'epilogo cileno chiama senza vergogna il proletariato all'aperta collaborazione con la DC, il partito dei suoi aguzzini, oppressori e sfruttatori, in nome della realizzazione del cosiddetto "compromesso storico" fra proletariato e borghesia. Dopo aver contrapposto alla rivoluzione socialista la conquista parlamentare del 51%, il vertice revisionista del PCI liquidava definitivamente ogni ipotesi di conquista del socialismo e si riduceva a mendicare un posto al governo insieme alla DC ricattando le masse popolari: o accettate di collaborare, di "intendervi" con il capitale monopolistico e vi piegate ai suoi voleri, o sarete anche voi, come le masse cilene, sottomesse con la violenza reazionaria.
Sulla base degli insegnamenti di Mao e spinti dall'esempio della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria cinese, in Italia i primi a denunciare la natura revisionista, riformista, borghese, controrivoluzionaria e anticomunista del PCI sono stati, nel '67, i primi quattro Pionieri del PMLI, Giovanni Scuderi, Mino Pasca, Patrizia Pierattini e Nerina Paoletti alias Lucia, e via via le compagne e i compagni che si sono uniti a loro per fondare nel dicembre '69 l'OCBI m-l e il 9 Aprile 1977 il PMLI. Un'accanita lotta ideologica e politica di smascheramento, che è terminata con la fine del PCI che si è autodissolto.
 
Una cosa sul compromesso storico. Perché pensate che la logica dell'impegno storico avvenuto in Italia sia stata replicata nella transizione spagnola, nella transizione cilena e nella transizione sudafricana? Nel senso che il collaborazionismo dei vecchi partiti comunisti con i partiti borghesi e il vecchio regime uscente si impone per imporre il gattopardismo.
Qual è l'importanza di Italia, Spagna, Sudafrica e Cile per una politica da replicare? Certo, con le sue sfumature ma con conseguenze simili.
L’esperienza fallimentare del “compromesso storico” in Italia ha trovato proseliti in Spagna, Sudafrica e Cile grazie agli stessi interpreti revisionisti e riformisti locali, scesi a patti col grande capitale nazionale, tradendo la classe operaia e le masse popolari dei rispettivi paesi.
 
Quali furono le condizioni politico-sociali che permisero la formazione del Partito marxista-leninista italiano (1977) Come ti definisci ideologicamente all'interno dell'ampio spettro marxista-leninista? Sei affiliato con qualche Internazionale?
Il nostro Partito è stato fondato il 9 Aprile 1977. Ma la nostra Lunga marcia politica e organizzativa comincia dieci anni prima, nel 1967, quando i primi quattro Pionieri del Partito, Giovanni Scuderi, Mino Pasca, Patrizia Pierattini, Nerina Paoletti alias Lucia, presero coscienza che in Italia mancava un autentico Partito comunista e che quindi era necessario costituirlo. Non pensavano all'inizio di essere essi i fondatori, ma le circostanze e gli avvenimenti hanno caricato sulle loro spalle questo onore e onere, che hanno condiviso con altri intrepidi pionieri molti dei quali tuttora fedeli alla causa.
Il PMLI è l'erede dei rivoluzionari che nel 1892 tentarono per la prima volta di dare al proletariato il suo partito per abbattere il capitalismo e conquistare il socialismo, dei rivoluzionari che nel 1921 si divisero dai riformisti, di fronte al palese tradimento di Turati. Esso però non rappresenta la continuità del PSI e del PCI, entrambi controllati fin dalla nascita dalla borghesia e dai suoi agenti travestiti da comunisti. Il PMLI è un Partito totalmente inedito e radicalmente diverso da quelli, come del resto da qualsiasi altro partito o raggruppamento politico italiano che si rifà a parole alla classe operaia e al comunismo. Il PMLI, infatti, per fondamento teorico, linea politica, struttura organizzativa, composizione di classe, stile di lavoro, dedizione alla causa del socialismo, pratica sociale, combattività e spirito di sacrificio non ha precedenti nella storia del movimento operaio italiano. Nato nel fuoco delle Grandi Rivolte del Sessantotto e del Settantasette, in netta contrapposizione col revisionismo moderno e sotto l'influenza del pensiero di Mao e della Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, il PMLI è il risultato politico-organizzativo più maturo, più autentico e più avanzato dell'intera storia del proletariato italiano e dei movimenti rivoluzionari giovanili.
Per quanto riguarda il discorso internazionale, “Il nostro Partito - affermava il compagno Giovanni Scuderi nel discorso alla Sesta Sessione plenaria del 5° Comitato centrale tenutasi a Firenze il 14 gennaio 2018 - è uno dei pochi partiti autenticamente marxisti-leninisti esistenti nel mondo. Ciò ci rende responsabili anche nei confronti dei partiti di altri paesi che ci guardano con attenzione e simpatia e prendono coraggio ed esempio da noi.
Attualmente nel mondo - continuava Scuderi - esistono almeno trecento partiti che si definiscono comunisti. Centotre di essi di 77 paesi, tra cui i partiti cinese, coreano del Nord, vietnamita e cubano e i partiti italiani PRC, PCI e PC, fanno parte degli incontri internazionali dei partiti comunisti e operai fondati nel 1998 su iniziativa del partito comunista greco (KKE) presente nei parlamenti greco e dell’Unione europea… Ventotto partiti di 25 paesi, in stragrande maggioranza partecipanti ai suddetti incontri internazionali fanno parte di ‘Iniziativa dei partiti comunisti e operai d’Europa’ inclusi la Russia e la Turchia, fondata nell’ottobre 2013 su impulso del KKE. Il PC è nella segreteria. Cinquanta partiti di 42 paesi, tra cui il Partito comunista (marxista-leninista) di Panama e un tempo anche i CARC, fanno parte del Coordinamento internazionale dei partiti e organizzazioni rivoluzionari (ICOR) fondato nell’ottobre 2010 egemonizzato dal Partito marxista-leninista di Germania… Ventiquattro partiti di 24 paesi, tra cui un gruppo italiano, fanno parte della Conferenza internazionale dei partiti e delle organizzazioni marxisti-leninisti (CIPOML) fondata il 1° agosto 1994… Esiste anche un Comitato di coordinamento dei partiti e di movimenti maoisti dell’Asia meridionale fondato nel 2001 da undici partiti del Bangladesh, Bhutan, India, Nepal, Sri Lanka…
Come abbiamo visto, il mondo è popolato di tanti partiti che si pregiano del titolo di comunista. Ma quanti lo meritano veramente? Secondo noi - proseguiva Scuderi - non lo meritano affatto i partiti che sono al potere nei Paesi sedicenti socialisti. E gli altri? Siamo comunque aperti e disponibili verso qualsiasi partito straniero che voglia confrontarsi col PMLI. Con quelli italiani con la bandiera rossa e la falce e martello, salvo eccezioni, siamo pronti all’unità di azione per le questioni di comune interesse. In ogni caso niente e nessuno potrà distoglierci dalla lotta contro il capitalismo e per il socialismo, che consideriamo il contributo più grande che noi possiamo dare ai veri partiti comunisti del mondo che portano avanti la nostra stessa lotta”.
Attualmente abbiamo rapporti con il Partito Comunista Marxista-Leninista di Grecia, Azione fulminante USA, Partito Comunista di Turchia-marxista-leninista.
 
20 anni dopo il trionfo revisionista in URSS, nel 1976 Mao Tse Tung morì e con esso la dirigenza cinese portò avanti il proprio processo di restaurazione revisionista e capitalista con il perseguimento della moglie di Mao, Jiang Qing, e di altri tre leader comunisti.
In che modo questo processo influenza i gruppi precedenti a quello che un anno dopo sarebbe stato il Partito marxista-leninista italiano? Come influisce in termini ideologici?
La Cina di oggi non è più un paese socialista, perché il socialismo dopo la morte di Mao è stato distrutto dalla cricca revisionista e fascista di Deng Xiaoping e dai suoi simili Hu Yaobang, Zhao Ziyang, Jiang Zemin, Zho Rongji, Ho Jintao, fino al nuovo imperatore Xi Jinping.
Oggi, dopo quasi cinquant’anni di revisionismo e di piena omologazione al capitalismo, la Cina è divenuta una superpotenza imperialista, dove imperano parole d’ordine come il “mercato”, eletto a grande guida economica per lo sviluppo cinese, l’economia privata che ha sostituito praticamente quella di Stato, la competitività internazionale e l’arricchimento individuale unito alla massiccia diffusione di accordi commerciali con le più grandi multinazionali europee e statunitensi, l’espansionismo attraverso la “Via della Seta”.
Jiang Qing a partire dal 1973 creò un gruppo ristretto con Wang Hongwen, Zhang Chunqiao e Yao Wenyuan (la "banda dei quattro"); vennero arrestati nell'ottobre 1976, dopo la morte di Mao, con l'accusa di pianificare un colpo di Stato. Nel 1981 venne condannata a morte, pena commutata in ergastolo. Mao criticò diverse volte i quattro ammonendoli a "non formare una piccola cricca di quattro persone" e a "non separarsi dalle masse". Inoltre li definì giustamente “soggettivisti”.
 
Quali sono le principali linee strategiche, tattiche e programmatiche del PMLI?
Rispondiamo con i nostri Statuto e Programma: “Il Partito marxista-leninista italiano è l'avanguardia cosciente e organizzata del proletariato italiano, il Partito politico della classe operaia, che dirige le lotte immediate e parziali e quelle generali e a lungo termine dell'intera classe e delle larghe masse popolari italiane e guida la rivoluzione socialista alla completa vittoria. Il Partito ha quale base teorica il marxismo-leninismo-pensiero di Mao che presiede al suo orientamento ideologico, politico, organizzativo e pratico. Il Partito possiede, sviluppa ed applica una linea strategica e tattica autenticamente proletaria e rivoluzionaria.
La linea politica del Partito è organicamente esposta nel suo Programma, che stabilisce quali sono il carattere, le forze motrici e gli scopi della rivoluzione socialista italiana, i principali compiti della classe operaia nella prospettiva della conquista del potere politico e gli obiettivi e gli scopi del Partito.
Il programma fondamentale del Partito è di guidare il proletariato alla conquista del potere politico, abbattere la dittatura borghese, instaurare la dittatura del proletariato ed assicurare il completo trionfo del socialismo sul capitalismo. Lo scopo finale del Partito è la realizzazione del comunismo.
Poiché durante il periodo storico del socialismo esistono ancora le classi, le contraddizioni di classe e la lotta di classe, la lotta tra la via socialista e la via capitalista, i tentativi di restaurazione capitalistica, la minaccia di sovversione e di aggressione dell'imperialismo, il Partito guida il proletariato e le larghe masse popolari nell'edificazione del socialismo seguendo la teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato”.
 
Oltre al PMLI, ci sono altre organizzazioni comuniste rivoluzionarie in Italia come il Partito dei Carc, per esempio. Esiste un fronte di convergenza comune che riunisca questa sinistra rivoluzionaria? Se esiste, quali sono i vostri approcci? Quali sono le loro espressioni all'interno della classe operaia, delle masse?
Il PMLI è da sempre fautore della politica di fronte unito anticapitalista e antifascista e guarda in particolare all’unità d’azione con i partiti con la bandiera rossa e la falce e martello. Dal dicembre 2019 partecipiamo a Coordinamenti della sinistra di opposizione e di classe in Italia. Dal luglio 2022 abbiamo dato vita insieme al Partito dei Carc e al PCI al Coordinamento di Unità Popolare. Con questi due partiti celebriamo unitariamente in diverse città italiane il 25 Aprile, la Liberazione dal nazifascismo e il 1° Maggio, nonché l’Anniversario della morte di Lenin a Cavriago.
 
Da tempo Spagna, Grecia, Portogallo e Italia sono entrate in una profonda crisi economica. Erano i tempi in cui la Grecia veniva "salvata" dalla Germania (2015).
Qual è oggi la situazione della classe operaia italiana? Quali sono i livelli di povertà, povertà estrema, marginalità, concentrazione della ricchezza? Qual è il potere della classe dirigente in Italia? Cos'è il debito estero?
Anche l'Italia rientra nel trend europeo e mondiale della povertà, e a focalizzare l'attenzione sul nostro Paese Oxfam ha pubblicato ai primi dell’anno il rapporto intitolato “La disuguaglianza non conosce crisi”, che prende in considerazione la situazione italiana.
“Alla fine del 2021 - si legge a pagina 14 del rapporto - la distribuzione della ricchezza nazionale netta vedeva il 20% più ricco degli italiani detenere oltre 2/3 della ricchezza nazionale (68,6%), il successivo 20% (quarto quintile) era titolare del 17,5% della ricchezza, lasciando al 60% più povero dei nostri concittadini appena il 14% della ricchezza nazionale”. Ciò significa che il 20% della popolazione più ricca del nostro Paese possiede una ricchezza quasi cinque volte superiore a quella posseduta dal 60% della popolazione più povera.
Ma non è finita qui: “la ricchezza del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41,7% della ricchezza nazionale netta) - prosegue il rapporto a pagina 14 - era superiore, a fine 2021, allo stock di ricchezza detenuta dall’80% più povero dei nostri connazionali (31,4%). La posizione patrimoniale netta dell’1% più ricco (che deteneva a fine 2021 il 23,3% della ricchezza nazionale) valeva oltre 40 volte la ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione italiana”.
 
In alcuni articoli sulla povertà in Europa si fa notare che la media della povertà è intorno al 17%, se non di più. A parte questo, la disputa interimperialista vede l'Europa sottomessa alla strategia degli Stati Uniti, specialmente ora con la guerra in Ucraina che alla fine è una guerra Nato/Usa contro la Russia o viceversa (La verità è che questa subordinazione è venuta da prima con le carceri clandestine sparse per l'Europa).
Come sta l'Italia in questa subordinazione? Che opinione avete di questa crisi interimperialista? Qual è il movimento anti-NATO in Italia?
Il governo del banchiere massone Draghi è stato convintamente europeista e atlantista. Il PMLI vi si è opposto risolutamente perché significava vincolare il nostro Paese a decisioni politiche, economiche, sociali e militari della Nato e dell’Unione europea che colpivano l’autonomia, l’indipendenza e la sovranità nazionali. Stesso discorso per il governo neofascista Meloni che opera in continuità con la politica interventista dell’imperialismo italiano.
Noi siamo contro la Nato, da cui chiediamo da sempre l’uscita dell’Italia, che denunciamo come alleanza principe dell’imperialismo occidentale a guida Usa e siamo da sempre parte integrante del movimento anti-Nato in Italia. Tuttavia per quanto riguarda la “crisi interimperialista” noi siamo convinti che non possiamo appoggiare né l'imperialismo dell'Est né l'imperialismo dell'Ovest, bisogna essere contro ogni imperialismo. L'imperialismo, qualsiasi sia la sua faccia, è il nemico mortale di tutti i popoli del mondo.
 
Quali pensi possano essere i possibili esiti di questa crisi interimperialista? In che modo questo influenzerebbe il movimento operaio internazionale, i popoli? Quale dovrebbe essere l'atteggiamento delle diverse internazionali comuniste, operaie, rivoluzionarie?
Certamente gli alleati imperialisti dell'Ucraina hanno i loro obiettivi politici, economici e militari strategici contro l'imperialismo russo, ma questo non è un buon motivo da parte degli antimperialisti per non stare dalla parte dell'Ucraina aggredita. Le superpotenze imperialiste dell'Ovest e quelle dell'Est, Cina e Russia, si contendono la nuova spartizione e il dominio del mondo, non si può quindi stare con le une o con le altre; quando un qualsiasi paese, anche se capitalista, viene aggredito da una di esse bisogna stare dalla sua parte. In base ai principi che la sovranità, l’indipendenza e la libertà di ogni paese sono inviolabili; che ogni popolo è padrone del proprio destino; che ogni nazione ha il diritto all’autodeterminazione; che l’antifascismo, l’antinazismo, così come la rivoluzione e il socialismo non si esportano con le armi.
Il sostegno alla guerra d’aggressione russa all’Ucraina, che in Italia è perorato dal Partito dei Carc, dal PCI, dal PRC e da altri è quindi un grave errore politico. Rigirare la frittata e scambiare l'aggredito con l'aggressore è tipico della propaganda del nuovo zar del Cremlino, l’anticomunista Putin. Si arriva all'assurdo di giustificare da una parte l'invasione russa dell'Ucraina come una “guerra difensiva”, e dall'altra di accusare la resistenza del governo, dell'esercito e del popolo del Paese invaso come la vera causa della prosecuzione di tale guerra, perché così vogliono Usa, Ue e Nato che usano l'Ucraina come pedina per piegare la Russia.
Si fa passare la superpotenza imperialista russa per la nazione aggredita, costretta a “difendersi” invadendo e distruggendo un paese più piccolo e più debole come l'Ucraina, in reazione all'espansionismo dell'imperialismo occidentale. Tesi falsa e di comodo, perché in questo momento e in questo teatro geopolitico non è l'imperialismo dell'Ovest a soffiare sui venti di guerra, bensì la Russia di Putin, con i bombardamenti indiscriminati contro obiettivi civili e centrali nucleari, i massacri e le deportazioni della popolazione ucraina, l'annessione illegale di suoi territori, la minaccia dell'uso di armi atomiche, la mobilitazione forzata di centinaia di migliaia di giovani russi per spedirli al fronte, e così via.
Non è l'Ucraina che minaccia l'esistenza della Russia, ma esattamente il contrario. Quella dell'Ucraina è una guerra di resistenza classica, che mira soltanto a liberare il Paese da un invasore straniero e ripristinare i suoi confini legalmente e internazionalmente riconosciuti, e finché sarà tale i sinceri comunisti, anticapitalisti, antimperialisti e pacifisti hanno il dovere di stare dalla sua parte e contro il vero aggressore, indipendentemente se tale guerra di resistenza è appoggiata anche dall'imperialismo dell'Ovest per altri suoi fini. Pensiamo a come dovremmo comportarci se l'Italia fosse invasa da una potenza straniera che si annettesse unilateralmente tre o quattro regioni del nostro Paese.
Anche noi siamo contro l'espansionismo della Nato (che peraltro la guerra di Putin ha potentemente favorito, provocando l'adesione della Finlandia e della Svezia), ma in questo momento c'è un aggredito e un aggressore, e bisogna scegliere da che parte stare, fino al ritiro dell'invasore e il pieno ripristino della libertà, la sovranità e l'integrità territoriale del Paese aggredito.
La domanda giusta che ci si deve porre è questa: è più importante la lotta di liberazione di un popolo dall'invasore imperialista o il giudizio politico, morale e culturale che noi ci facciamo delle forze che conducono quella lotta di liberazione antimperialista? Prima viene la liberazione di un popolo dal giogo straniero, poi spetterà a quello stesso popolo decidere il proprio destino e il tipo di società da instaurare. Ciò vale anche nel caso dell'Ucraina.
 
Da quanto sopra, ci sono processi di ricostruzione della sinistra rivoluzionaria simili al PMLI negli altri paesi dell'Unione Europea? C'è coordinamento o scambio di esperienze con questi processi? C'è qualche somiglianza strategica, programmatica, ideologica?
Lo auspicheremmo volentieri ma non ci risulta. Noi saremo felici di poter celebrare una nuova Internazionale marxista-leninista con quei partiti che si fondano sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao, la scienza del socialismo e del comunismo, l'elemento principale del successo dei Partiti marxisti-leninisti di tutto il mondo.
Secondo noi, riflettendo sulla storia del mondo comunista internazionale, delle rivoluzioni dirette dai partiti comunisti e della costituzione dei Paesi socialisti, di fronte al marxismo-leninismo-pensiero di Mao, tutti i partiti marxisti-leninisti dovrebbero fare un doppio sforzo. Uno sforzo per capirlo, afferrarne l'animo proletario rivoluzionario, e trarne gli elementi utili alla rivoluzione del proprio Paese. Uno sforzo per applicarlo alle condizioni concrete del proprio Paese, evitando il dogmatismo, il revisionismo di destra, lo spontaneismo e l'avventurismo piccolo borghese. Non è facile, ma se conosciamo bene la storia e il presente del nostro Paese, passo dopo passo, qualsiasi sia il tempo che ci impiegheremo, riusciremo a conquistare il proletariato, i contadini e le masse popolari al nostro messaggio rivoluzionario. Consapevoli che senza il consenso e il coinvolgimento delle masse non riusciremo mai a raggiungere l'obiettivo.
Con le masse, a partire dal proletariato, possiamo fare tutto, senza le masse, a partire dal proletariato, non possiamo fare niente. Come insegnano i grandi Maestri del proletariato internazionale - Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao - ed è confermato dalla storia del movimento comunista internazionale. I nostri comuni Maestri hanno compiuto delle imprese rivoluzionarie che hanno contrassegnato per sempre la storia. Studiamo attentamente ciò che hanno fatto e come l'hanno fatto, e vinceremo! Il segreto è saper applicare i loro insegnamenti, non secondo i nostri desideri, ma come la realtà ci richiede. È la pratica che dimostra se la nostra linea proletaria è giusta o non è giusta. Quindi bisogna prestare una seria attenzione alla risposta delle masse alle nostre proposte.
 
I disordini sociali sono stati ricorrenti in America Latina ultimamente, ma le proteste stanno diventando più frequenti e massicce anche in Europa.
Cosa succede con il capitalismo, con l'Europa? Perché il fascismo, l'estrema destra, cresce elettoralmente? Come appaiono le posizioni della sinistra rivoluzionaria di fronte a questa crisi e come si contrappongono alle posizioni più reazionarie?
Le lotte e le proteste di massa in America Latina e Europa non si sono mai arrestate e mai si arresteranno perdurando il dominio del capitalismo e dell’imperialismo. Entrambi i continenti sono un inferno per la classe operaia, i lavoratori e le masse popolari. Povertà e disoccupazione vanno a braccetto con le differenze territoriali, con il razzismo e la xenofobia che bersagliano le decine di migliaia di migranti che bussano alle loro porte. La riduzione della spesa pubblica, si è tradotta in tagli drastici ai servizi essenziali, quali pensioni, istruzione, sanità, trasporto pubblico, ricerca scientifica, infrastrutture necessarie allo sviluppo, assistenza e previdenza, mentre non sono state minimamente toccate le voci di spesa riguardanti, a vario titolo, dallo Stato alle grandi imprese e alle banche private, o le missioni di guerra imperialista in ogni parte del mondo, l’acquisto di nuove armi, o le “grandi opere” inutili per i popoli ma utili ai profitti delle multinazionali.
In questa situazione la classe operaia, le masse lavoratrici e popolari hanno perso ogni speranza nell’elettoralismo borghese e nei partiti della “sinistra” borghese, e la destra neofascista ne approfitta come la Meloni in Italia. Fino alla Grande Rivolta anticapitalista del Sessantotto era proficuo utilizzare anche il parlamento per combattere il capitalismo, ma da allora in poi, cambiando le condizioni, bisogna combatterlo stando fuori dal parlamento.
Tenendo presente la storia elettorale e parlamentare italiana, le esperienze elettorali e parlamentari fatte, l'attuale emarginazione del parlamento e la sua subalternità al governo, l'astensionismo spontaneo che ormai coinvolge più di metà dell'elettorato, sul piano elettorale l'arma più potente che possiamo utilizzare è quella dell'astensionismo per delegittimare il capitalismo e i suoi governi e partiti e per avanzare verso la conquista del socialismo e il potere politico del proletariato. L'astensionismo si può esprimere o disertando le urne o annullando la scheda o lasciandola in bianco.
Ma non basta, bisogna creare in tutte le città e in tutti i quartieri le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta.
 
Dall'Europa, e dalla sua posizione rivoluzionaria, come vede il PMLI i processi avvenuti in America Latina? Soprattutto dopo il trionfo di Hugo Chávez, la Rivoluzione Bolivariana e l'emergere del socialismo del XXI secolo. C'è una somiglianza tra il socialismo del XXI secolo con l'eurocomunismo o con la socialdemocrazia? Questo socialismo può essere inteso come un percorso rivoluzionario?
Noi abbiamo sostenuto e sosteniamo in funzione antimperialista il Venezuela di Chavez e di Maduro, così come siamo contrari al pluridecennale blocco dell’imperialismo americano contro Cuba antimperialista, sosteniamo le lotte popolari di Colombia, Bolivia, Perù, Cile. Altro discorso è per la teoria del “socialismo del XXI secolo”. La domanda è: vi è, in questa concezione, un nuovo sviluppo del marxismo-leninismo nella sua strategia fondamentale di lotta per il socialismo, o comunque sulla scia dell'Ottobre, come tappa fondamentale per la conquista del potere politico da parte del proletariato, oppure ci troviamo dinanzi a una rimasticatura di revisionismo che non ha nulla a che spartire con quanto tracciato da Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao nelle loro opere?
Checché ne dicano i trotzkisti e i revisionisti, ci troviamo di fronte a un nuovo esercizio di equilibrismo sul socialismo. Una variante dell'abbandono di qualsiasi forma di lotta di classe per la conquista del socialismo che si concentra nella ben nota concezione revisionista che si richiama al gramscismo e al togliattismo della "via italiana al socialismo": il "socialismo del XXI secolo", ossia l'illusione che il socialismo possa passare per il parlamento senza prendere, invece, la via dell'Ottobre. Il riformismo chavista, edulcorato dalla prospettiva di un "nuovo socialismo", non è altro che far stare ben saldo il popolo venezuelano, come lo è stato e lo è per quello cubano, o per quelli di Colombia, Perù, Bolivia e Cile nell'alveo del capitalismo, un po' più umano nella sua visione, ma sempre fondato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Non bastano quindi le nazionalizzazioni, com’è stato nell'industria petrolifera, o chiudere i rubinetti agli imperialisti Usa né basta la nuova Costituzione bolivariana più avanzata della vecchia, ma ferma nel pantano democratico-borghese, interclassista, senza alcun richiamo all'antifascismo.
 
Parole finali. Qual è il tuo messaggio ai popoli, ai poveri del mondo?
L'imperialismo è presente dappertutto con i suoi capitali, le sue banche, le sue multinazionali, le sue fabbriche, le sue merci, la sua tecnologia, la sua cultura borghese e reazionaria, le sue armate. Il suo mercato capitalista non ha più confini. Il risultato è che tutt'oggi oltre 1 miliardo di persone nel mondo vivono in condizioni di povertà. Ogni 5 secondi un bambino muore di fame. Sono oltre 700 milioni i lavoratori che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno e circa 1 miliardo e 200 milioni con meno di due dollari al giorno. Senza contratto di lavoro né tutele sociali.
Stando così le cose la nostra fiducia verso il socialismo rimane intatta e incrollabile. Le nostre speranze le riponiamo soprattutto nel proletariato, nelle ragazze e nei ragazzi rivoluzionari che aspirano a un nuovo mondo.
La restaurazione del capitalismo nei Paesi già socialisti, con tutti gli avvenimenti e gli sconvolgimenti che ciò ha comportato, non ha mutato il nostro atteggiamento verso il socialismo.
Sulla base degli insegnamenti di Mao sulla teoria della continuazione della rivoluzione sotto la dittatura del proletariato e sulla Rivoluzione culturale, nonché sulla base del confronto dell'URSS e della Cina rispettivamente prima e dopo la morte di Stalin e di Mao, noi sappiamo bene che non è stato il socialismo a portare la miseria, la fame, la disoccupazione, lo sfruttamento, l'oppressione e la disgregazione sociale e statale a quei popoli, ma la dittatura della borghesia attraverso i revisionisti.
Questa verità è inconfutabile, anche se una parte consistente delle masse - senza contare le distorsioni e le manipolazioni dell'imperialismo e della reazione - attribuisce le colpe di quanto è accaduto al socialismo, poiché i rinnegati revisionisti vestivano i panni comunisti e facevano passare le loro dittature come socialismo.
Indubbiamente la dittatura fascista dei revisionisti nei Paesi già socialisti ha arrecato dei danni incalcolabili all'immagine, al prestigio e all'onore del socialismo, tuttavia gradualmente e attraverso l'esperienza, i debiti raffronti e lo studio della storia e della lotta tra marxismo-leninismo-pensiero di Mao e revisionismo, i popoli prenderanno coscienza della differenza sostanziale che esiste tra il capitalismo e il socialismo e finiranno per riporre di nuovo la fiducia in quest'ultimo.
Infatti chi vuole l'emancipazione del proletariato e di tutta l'umanità, l'estinzione dello Stato e dei partiti, l'autogoverno del popolo, l'abolizione delle classi, dei conflitti di classe, della guerra di qualsiasi tipo, giusta e ingiusta, rivoluzionaria e controrivoluzionaria, e di ogni forma di violenza, la soppressione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo e della proprietà privata capitalista, la giustizia sociale, la completa e autentica parità tra la donna e l'uomo, il benessere dei lavoratori, l'abolizione del sottosviluppo e degli squilibri territoriali, il risanamento ecologico, non può non volere il socialismo. Cioè quel sistema sociale che consente, attraverso l'esercizio della dittatura del proletariato, di passare al comunismo dove finalmente, gradualmente e per fasi successive, si può realizzare tutto ciò.
Oggi in Italia non è possibile restare comunisti senza diventare marxisti-leninisti e militanti del PMLI.

1 marzo 2023