L'ONU chiede alla Russia di ritirarsi dall'Ucraina
Contrari Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Siria, Nicaragua, Eritrea, Mali. Astenuti Cina e India

 
Con 141 voti a favore, 7 contrari e 32 astenuti la sessione speciale di emergenza dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sull'Ucraina ha approvato il 23 febbraio la risoluzione che chiede "la cessazione delle ostilità e il ritiro immediato, completo e incondizionato delle forze militari russe" e "ribadisce l'impegno per la sovranità, l'indipendenza, l'unità e integrità territoriale dell'Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti". A un anno dall'aggressione imperialista dell'esercito del nuovo zar Putin all'Ucraina, una significativa maggioranza di paesi resta compatta e per la sesta volta si schiera a fianco dell'aggredito, del popolo ucraino e del governo di Kyiv. La mozione non è vincolante come quelle del Consiglio di Sicurezza, bloccato dal potere di veto di Mosca e dall'appoggio dei socialimperialisti di Pechino, ma il suo significato politico resta importante. Fra i punti della risoluzione anche la sottolineatura della necessità di "una pace completa, giusta e duratura in linea con la Carta delle Nazioni Unite” e di punire "la responsabilità per i crimini più gravi commessi sul territorio dell’Ucraina ai sensi del diritto internazionale”.
La mozione era stata presentata da 75 paesi, fra i quali l'Italia, e ha ottenuto un numero di consensi pari alle precedenti tra i 193 paesi membri delle Nazioni Unite; Cina, India e Sudafrica, fra le potenze imperialiste emergenti dei paesi del gruppo dei Brics, sono state fra i 32 paesi astenuti assieme a Cuba, Bolivia, Pakistan, Angola, Iran, Etiopia, Algeria, Zimbabwe; sette i contrari, Russia, Bielorussia, Corea del Nord, Eritrea, Nicaragua, Siria e per la prima volta il Mali, conquistato recentemente allo schieramento pro-Mosca dall'aiuto militare dei mercenari russi della Wagner al regime di Bamako. Mancava per una sostituzione in corso il rappresentante del Venezuela. Il Brasile di Lula è passato invece dall'astensione al voto a favore.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dichiarava che "questa risoluzione è un segnale potente del sostegno globale instancabile globale per l'Ucraina. Una potente testimonianza della solidarietà della comunità internazionale con il popolo ucraino nel contesto dell'anniversario dell'aggressione su vasta scala della Federazione russa. Una potente manifestazione di supporto globale la formula di pace" proposta da Kyiv, e si diceva "grato a tutti i paesi che hanno approvato questa risoluzione cruciale dell'Assemblea Generale basata sui Principi della Carta delle Nazioni Unite che sottolineano la pace globale, giusta e duratura in Ucraina".
Il ministro degli Esteri ucraino Dmytri Kuleba nel suo intervento all'assemblea ricordava di essersi trovato alla stessa assise un anno fa mentre una massiccia forza della Federazione Russa incombeva sul suo Paese, preparandosi a cancellarlo dalla faccia del mondo. Allora l'Ucraina ha esercitato il suo legittimo diritto all'autodifesa, sancito dalla Carta, e il suo popolo ha scelto di combattere per la propria vita. "Contro ogni previsione, siamo riusciti a fermare l'aggressore molto più forte e a cacciarlo da metà del territorio appena occupato", affermava e denunciava che "nessuno dovrebbe farsi ingannare dai vuoti appelli della Russia ai negoziati. L'attuale situazione in prima linea dimostra che vogliono la guerra, non la pace" e descriveva le atrocità commesse dall'aggressore nei territori occupati, tra cui l'uccisione di civili disarmati, la tortura e lo stupro, i saccheggi, il terrore, la persecuzione politica, i bombardamenti indiscriminati e gli attacchi deliberati alle infrastrutture civili; ricordava i trasferimenti forzati e le deportazioni di migliaia di bambini ucraini e la loro conseguente adozione in famiglie russe al fine di "rieducarli" come russi. "Questo è un genocidio", ricordava. "So che alcuni ancora pensano o addirittura dicono che vogliamo essere amici di entrambi, Ucraina e Russia. In questa guerra non ci sono due parti: c'è un aggressore e una vittima" e invitava gli Stati membri a schierarsi dalla parte della Carta, del diritto internazionale e delle risoluzioni dell'Assemblea e a votare la proposta di risoluzione che segue la logica del piano di pace in 10 punti del Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, il cui obiettivo è ripristinare il rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale del Paese all'interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti.
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen rappresentava la posizione della Ue sottolineando che "141 paesi hanno chiesto il ripristino della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina. Un anno dopo, la comunità internazionale è forte con l'Ucraina. La richiesta è chiara: la Russia deve porre fine alla sua guerra di aggressione". La presidente dell'Europarlamento Roberta Metsola pubblicava le immagini di una delle sedi europee a Beruxelles illuminate di blue e giallo e scriveva su twitter che "la bandiera blu e gialla dell'Ucraina ha conquistato tutti i nostri cuori nell'ultimo anno. Simboleggia l'audacia, il coraggio e la forza dell'impressionante popolo ucraino che sta sconfiggendo le avversità. Stasera diciamo con orgoglio: Noi siamo l'Ucraina". Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani evidenziava che il voto favorevole del governo Meloni era andato a una risoluzione che "difende l'Ucraina ma che è soprattutto in favore della pace. Una grande vittoria in nome della libertà".
Opposto il parere dei paesi contrari alla risoluzione fra i quali la Corea del Nord i cui mezzi di informazione statali alla vigilia della riunione al Palazzo di Vetro definivano il conflitto in Ucraina come il "prodotto inevitabile della coercizione e dell'egemonia" degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Se l'Ucraina non avesse preso parte ciecamente alla politica statunitense di confronto anti-russo e di espansione della Nato, se avesse abbandonato gli Stati Uniti e promosso la riconciliazione e l'unità con i suoi vicini, la situazione non sarebbe arrivata al punto attuale in cui è così grave". Secondo Pyongyang l'attuale situazione in Ucraina "dimostra ancora una volta che non può esserci pace nel mondo in nessun momento a meno che la politica di forza, di tirannia e di avida aggressione degli Stati Uniti non sia terminata", con un vergognoso ribaltamento dei fatti che farebbe diventare l'aggredita Ucraina come l'aggressore o lo strumento dell'aggressore Usa. Pyongyang fornisce missili e altre armi alla Russia.
Lo stesso artificioso scambio di ruoli è alla base dell'astensione dei socialimperialisti cinesi all'Onu. Il vice ambasciatore cinese alle Nazioni Unite, Dai Bing, nel suo intervento all'Assemblea generale dichiarava che "i fatti brutali di questo anno di guerra offrono un'ampia prova che l'invio di armi non porterà la pace, aggiungere benzina sul fuoco non farà altro che esacerbare tensioni. E prolungare ed espandere il conflitto non farà altro che far pagare alla gente comune un prezzo ancora più alto". La posizione "conciliatrice" di Pechino ritiene che "la Russia e l'Ucraina si avvicinino l'una all'altra, riprendano il dialogo diretto il prima possibile, portino le loro legittime preoccupazioni nei negoziati, definiscano opzioni realizzabili e diano una possibilità alla fine della crisi e al ripristino della pace". Ossia non è la Russia che deve cessare l'aggressione ma dovrebbe essere l'Ucraina aggredita a smettere di difendere la sua sovranità. Un punto nodale, inaccettabile per l'Ucraina e i paesi che la sostengono, che è alla base anche del cosiddetto piano di pace in 12 punti della Cina reso noto poco dopo.


1 marzo 2023