Discorso bellicista, menzognero e reazionario di Putin
Biden riafferma il sostegno all'Ucraina e assicura i nove di Bucarest che gli Usa sono pronti a difenderli
Il nuovo zar sospende il trattato con gli Usa sulla limitazione delle armi nucleari e cancella la sovranità della Moldavia

 
Il discorso pronunciato dal nuovo zar Putin il 21 febbraio davanti al parlamento di Mosca, alla vigilia del primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina, è stato un discorso bellicista, menzognero e reazionario che sulla falsariga del primo pronunciato lo scorso anno nella stessa occasione piega la realtà dei fatti alle mire del leader del Cremlino che vuole restaurare l'impero zarista, a partire dall'annessione dell'Ucraina, e che dopo aver acceso il conflitto in Europa non intende fare marcia indietro, anzi minaccia di allargarlo e di usare ogni mezzo, armi nucleari comprese.
Putin nel discorso, che sulla falsariga di quello annuale del presidente americano in carica viene chiamato discorso sullo stato della Federazione russa, ripeteva che la sua "operazione militare speciale”, ossia la guerra di aggressione al vicino paese, sarebbe stata provocata dalla Nato, che parlava apertamente di fornire armi nucleari all’Ucraina e che simili piani hanno costretto la Russia ad agire per difendersi da una minaccia che avrebbe portato missili atomici in prossimità dei suoi confini, con l’Occidente e l’Ucraina pronti per attaccare la Russia. Raccontava che la Russia voleva risolvere il conflitto ucraino pacificamente ed è stata costretta a usare la forza per fermarli. Basta ricordare che casomai è stato Putin a rompere unilateralmente i negoziati e i dettami degli accordi di Minsk fra Russia e Ucraina col riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche separatiste del Donbass del 21 febbraio 2022, appena prima di dichiarare morti gli accordi Minsk e infine ordinando alle sue truppe ammassate lungo il confine a entrare in Ucraina il successivo 24 febbraio. Il nuovo zar del Cremlino ricorreva al nazionalismo patriottico per chiamare le masse popolari russe a rispondere all’Occidente che mirerebbe a infliggere alla Russia “una sconfitta strategica, vogliono eliminarci per sempre, non si rendono conto che è in gioco l’esistenza stessa della Russia, più useranno sistemi a lungo raggio, più dovremo tenere lontana la minaccia dai nostri confini, più missili saranno forniti a Kiev, più dura sarà la risposta”. "La Russia risponderà a qualsiasi sfida", concludeva annunciando la sospensione del trattato New Start con gli Usa sulla limitazione delle armi nucleari.
Il nuovo trattato Start (New Strategic Arms Reduction Treaty) firmato a Praga l’8 aprile del 2010 dal presidente americano Barack Obama e da quello russo Dmitri Medvedev era entrato in vigore il 5 febbraio 2011 e successivamente prorogato due volte, fino al febbraio 2026. Il New Start ha l’obiettivo formale di ridurre le armi nucleari strategiche a un massimo di 1.550 testate nucleari montate sia su missili balistici intercontinentali, sottomarini e bombardieri ed era l'unico importante trattato bilaterale sul disarmo nucleare rimasto in vigore fra Washington e Mosca dopo il ritiro del 2019 dall'allora presidente americano Donald Trump dal trattato Inf, quello per limitare i missili terrestri a medio raggio firmato da Gorbaciov e Reagan nel 1987.
Neanche due giorni dopo l'annuncio della sospensione del trattato Start, Putin in un video pubblicato sul sito del Cremlino in occasione della Giornata del Difensore della Patria rilanciava con enfasi la sua politica di potenziamento dell'armamento nucleare del Paese, dai missili balistici intercontinentali basati a terra ai missili ipersonici a bordo di navi e aerei operativi già a partire dal 2023. Annunciava che con l'entrata in servizio del sottomarino a propulsione nucleare Borei-A Imperatore Alessandro III e altri tre incrociatori saranno completate le forniture delle forze navali strategiche nucleari. Il potenziamento delle forze convenzionali è trascinato di fatto dalle necessità della guerra di aggressione in Ucraina.
La parte bellicista della storia girata a uso e consumo del Cremlino si completava il 22 febbraio con la pubblicazione del decreto presidenziale che revocava quello del 2012 che aveva tra gli obiettivi la "soluzione del problema della Transnistria" basandosi "sul rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale" della Moldavia. Riconosceva la sovranità della Moldavia e i rapporti di Chisinau con la Transnistria, la regione separatista sostenuta da Mosca che si allunga sul confine tra l' Ucraina e la Moldavia. La repubblica di Transnistria si dichiarò indipendente in modo unilaterale nel 1990 con un referendum che ottenne quasi il 90% delle preferenze, la Moldavia divenne indipendente dall'Unione Sovietica l'anno dopo, nel 1991, e rivendicò la sovranità sulla regione separatista. Lo scontro sfociò nel 1992 in un conflitto risolto dall'intervento delle truppe di Mosca a fianco dei separatisti di Tiraspol che definì una separazione dei due paesi, vigilata dalla presenza di 1.500 soldati russi nella base militare del villaggio di Cobasna. Una presenza militare a presidio delle ambizioni del Cremlino di prendere e mantenere il controllo di Transnistria e Moldavia, che invece si sono messe di recente sulla rotta di avvicinamento alla Ue. La sospensione dell'accordo del 1992 da parte di Putin diventa automaticamente una minaccia sulla sovranità di entrambe anche perché sono territori confinanti con la regione ucraina di Odessa, uno degli obiettivi falliti ma non abbandonati della guerra di aggressione russa a Kyiv.
Proprio la difesa del governo della presidente moldava Sandu minacciata dal nuovo zar Putin era parte integrante del discorso del presidente americano Joe Biden tenuto a Varsavia il 21 febbraio, e in altri interventi durante il suo viaggio che partiva dalla prima storica visita ufficiale a Kyiv, dove confermava l’impegno degli Stati Uniti a fianco dell'Ucraina aggredita. Sempre nella capitale polacca Biden aveva un incontro specifico con i leader europei dei paesi del fianco est della Nato, sulla prima linea verso la Russia, ossia Polonia, Romania, Bulgaria, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Lituania, Lettonia ed Estonia, il gruppo detto “Bucharest 9” ai quali assicurava che gli Usa non esauriscono il loro intervento in sostegno all'Ucraina ma sono anche pronti a difenderli, perché “siete al fronte e sapete bene cos'è in gioco. Gli Usa difenderanno ogni centimetro del territorio della Nato. La nostra dedizione nella Nato è assolutamente chiara: l'articolo 5 è un impegno sacro assunto dagli Usa". Ossia l'automatico intervento di guerra a difesa di uno dei paesi membri se aggredito.
Nel discorso all'incontro di Varsavia col presidente polacco Andrej Duda del 21 febbraio Biden ricordava invece che con l'attacco omicida contro l'Ucraina di Putin "era iniziata la più grande guerra di terra in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale. E i principi che erano stati la pietra angolare della pace, della prosperità e della stabilità su questo pianeta per più di 75 anni rischiavano di andare in frantumi". Un anno fa, ricordava, il mondo si preparava alla caduta di Kyiv "ebbene, sono appena tornato da una visita a Kyiv e posso riferire che Kyiv resiste, Kyiv è forte, è orgogliosa e soprattutto, è libera", grazie al sostegno dei paesi occidentali, di una coalizione di oltre 50 paesi guidati dagli Usa, e di quelli della Nato che sono rimasti uniti nel rispondere alla guerra di Putin, a rifornire gli arsenali di Kyiv e garantiva che rimarranno al fianco dell'Ucraina.
Quando il Presidente Putin ha ordinato ai suoi carri armati di entrare in Ucraina, pensava che ci saremmo arresi, si sbagliava e invece di una facile vittoria, come aveva previsto se n'è andato con i carri armati bruciati e le forze russe in disordine, commentava Biden prima di ripetere che "il presidente Putin ha scelto questa guerra. Ogni giorno che la guerra continua è una sua scelta. Potrebbe porre fine alla guerra con una parola. È semplice. Se la Russia smettesse di invadere l'Ucraina, la guerra finirebbe. Se l'Ucraina smettesse di difendersi dalla Russia, sarebbe la fine dell'Ucraina". Invece "l'Ucraina è pronta a combattere. E gli Stati Uniti, insieme ai nostri alleati e partner, continueranno a sostenere l'Ucraina nella sua difesa", concludeva.
L'anniversario dell'aggressione russa era ricordato anche nel discorso del 24 febbraio del presidente ucraino Zelensky: "un anno fa, in questo giorno, da questo stesso luogo, verso le sette del mattino, mi sono rivolto a voi con una breve dichiarazione. Durava solo 67 secondi. Conteneva le due cose più importanti, allora e oggi. Che la Russia ha iniziato una guerra su larga scala contro di noi. E che noi siamo forti. Siamo pronti a tutto. Sconfiggeremo tutti. Perché noi siamo l'Ucraina. È così che è iniziato il 24 febbraio 2022. Il giorno più lungo della nostra vita. Il giorno più difficile della nostra storia moderna". "9 anni fa, il vicino è diventato un aggressore. Un anno fa, l'aggressore è diventato carnefice, saccheggiatore e terrorista. Non abbiamo dubbi che saranno chiamati a rispondere delle loro azioni. Non abbiamo dubbi che vinceremo", continuava il presidente ucraino sottolineando che "l'Ucraina ha sorpreso il mondo. L'Ucraina ha ispirato il mondo. L'Ucraina ha unito il mondo. (...) Resistiamo a tutte le minacce, ai bombardamenti, alle bombe a grappolo, ai missili da crociera, ai droni kamikaze, ai blackout e al freddo. Siamo più forti di così". E concludeva "È stato un anno di resilienza. Un anno di cura. Un anno di coraggio. Un anno di dolore. Un anno di speranza. Un anno di resistenza. Un anno di unità. L'anno dell'invincibilità. L'anno furioso dell'invincibilità. Il risultato principale è che abbiamo resistito. Non siamo stati sconfitti. E faremo di tutto per ottenere la vittoria quest'anno".
Da parte nostra possiamo concludere ricordando quanto scritto dal compagno Giovanni Scuderi nell’importantissimo Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI del 24 febbraio 2022 dal titolo “Isolare l’aggressore russo”, emesso qualche ora dopo l’aggressione. “Il PMLI - vi si legge – condanna fermamente l'aggressione della Russia all'Ucraina. Come si deduce dal suo discorso del 21 febbraio, il nuovo zar Putin vuole restaurare l'impero russo zarista, approfittando dell'inconcludenza degli USA, della NATO e dell'UE. La conquista dell'Ucraina è il primo obiettivo, successivamente cercherà di annettersi, in una forma o nell'altra, altri paesi che facevano parte dell'impero zarista. Va fermato: l'unica via è la resistenza armata del popolo e del governo ucraino, e l'isolamento politico, diplomatico, economico e commerciale della Russia da parte di tutti i paesi amanti della pace e dell'indipendenza e della sovranità nazionali.”
Noi marxisti-leninisti restiamo con coerenza al fianco dell'Ucraina aggredita dall'imperialismo russo.

1 marzo 2023