Falso “piano di pace” del socialimperialismo cinese
Non è equidistante, pende verso il suo alleato strategico russo
Zelensky: “Non è né un piano di pace, né una risoluzione, né una piattaforma”. ma è disposto a lavorare con la Cina

 
La "Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina", che in via breve i mass media occidentali hanno ribattezzato come "piano di pace", pubblicato sul sito del ministero degli Esteri di Pechino il 24 febbraio al termine del viaggio diplomatico in Europa con tappa finale a Mosca del capo della politica estera cinese Wang Yi, si articola su una serie di 12 punti che sono enunciazioni di principi generici da tradurre in misure specifiche concrete in un successivo negoziato. Ma come abbiamo subito osservato nello scorso numero del giornale non poteva essere una proposta generica su un punto fondamentale, ossia non poteva chiedere il “rispetto della sovranità, indipendenza e integrità territoriale di tutti i paesi” così semplicemente senza dire chi è l'aggressore e chi l'aggredito; mette in questo modo sullo stesso piano la Russia che ha lanciato l'invasione e l'aggredita Ucraina in nome di una falsa neutralità che non ci può essere se effettivamente si volesse ripristinare il diritto internazionale violato dalla Russia e rispettare la sovranità dell'Ucraina; altrimenti si è complici dell'escalation bellicista del nuovo zar del Cremlino.
Quali che siano i termini dell'avvio e delle possibili conclusioni di questo negoziato lo decideranno le parti in causa, per quanto ci riguarda l'Ucraina aggredita nel rispetto della sua sovranità, ma se il punto di partenza non è la definizione dell'imperialismo russo quale aggressore si finisce in ultima analisi per far diventare il piano un avallo se non una condivisione degli obiettivi neozaristi di Putin. La proposta del socialimperialismo cinese si presenta come un debole piano per il cessate il fuoco e un falso “piano di pace” che non è equidistante e pende verso il suo alleato strategico russo nella questione specifica della guerra in Ucraina e che piuttosto segna la volontà di Pechino di rifarsi un'immagine e rilanciarsi nel gioco internazionale nel braccio di ferro col principale concorrente, l'imperialismo americano. Anche per questo gli Usa a una voce con gli alleati imperialisti Ue e Nato lo hanno seccamente bocciato. Mosca lo ha "molto apprezzato", anche se "per ora non vediamo alcun prerequisito per mettere la questione su un binario di pace. L'operazione militare speciale continua. Ci stiamo muovendo per raggiungere gli obiettivi prefissati", dichiarava il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov.
Da parte ucraina il presidente Zelensky pur definendo il documento cinese "né un piano di pace, né una risoluzione, né una piattaforma”, non lo ha rigettato in blocco e ha dato la sua disponibilità a lavorare con la Cina e a incontrare il presidente cinese Xi Jimping al fine di esplorare qualsiasi occasione per far rispettare i dirirtti violati dell'Ucraina.
 
Solo generiche affermazioni di principio
Al primo punto il piano chiede di rispettare la sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale di tutti i Paesi con un'applicazione equa e uniforme del diritto internazionale che respinga i doppi standard, ossia che la reazione internazionale deve essere la stessa in tutti i casi e non a seconda di chi è l'aggressore. Va bene per il caso dell'Ucraina ma senza dichiarare che l'aggressore è la Russia del nuovo zar Putin, resta una generica e inefficace affermazione di principio senza alcun valore. Va bene certamente anche per Pechino che usa l'argomento per dire che Taiwan è parte integrante della Cina e per rigettare le provocazioni di Washington e quelli che definisce i suoi doppi standard nell'applicazione del diritto internazionale. Che cosa intenda con doppi standard ce lo spiegava il ministro degli esteri cinese Qin Gang il 6 marzo, a margine dei lavori dell’Assemblea Nazionale del Popolo a Pechino, quando evidenziava che gli Stati Uniti impediscono ad altri Paesi di fornire armi alla Russia, minacciano sanzioni alla Cina se lo farà e nello stesso tempo armano Taiwan.
L’esplicita accusa agli Usa e alla Nato nel documento cinese appare chiara nel secondo punto dove si chiede di abbandonare la mentalità da "guerra fredda” e si sostiene che la sicurezza di una regione non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari. Al contempo Pechino strizza l'occhio alla Ue invitando tutte le parti a forgiare un'architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e sostenibile, a evitare il confronto tra blocchi e a lavorare insieme per la pace e la stabilità nel continente eurasiatico.
Per quanto riguarda la guerra in Europa Pechino elenca le misure ovvie da definire del cessate il fuoco, della ripresa dei colloqui di pace, della soluzione alla crisi umanitaria, della protezione dei civili e dei prigionieri di guerra, della facilitazione delle esportazioni di cereali e della stabilità economica e della promozione della ricostruzione post-bellica. Il capitolo sulla necessità di definire misure per mantenere la sicurezza delle centrali nucleari precede il capitolo otto sulla necessità di ridurre i rischi strategici in merito alle armi nucleari dove si potrebbe leggere una leggera censura alla Russia laddove si afferma che le armi nucleari non devono essere utilizzate e le guerre nucleari non devono essere combattute e che la minaccia o l'uso di armi nucleari deve essere contrastata. E non sbandierata a giorni alterni come da Mosca.
 
Un colpo al cerchio e uno alla botte
Dato un colpo al cerchio ne parte subito un altro alla botte, al capitolo dieci, contro le "sanzioni unilaterali" decise da Usa e Ue. Le sanzioni unilaterali e la massima pressione non possono risolvere la questione ma creano solo nuovi problemi sostiene Pechino ricordando che la Cina si oppone alle sanzioni unilaterali non autorizzate dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che è bloccato dal diritto di veto della Russia e della stessa Cina. Pechino vorrebbe smontare quell'arma delle sanzioni che sarebbe molto efficace se usata effettivamente e applicata finora a piccole dosi dagli Usa nei suoi confronti per tenerla più lontano possibile dalla partecipazione al conflitto in Europa a fianco di Mosca.
La prima impressione sulla proposta cinese da parte di Kyiv che abbiamo riportato sul numero scorso era quella del presidente Zelensky che nella conferenza stampa del 24 febbraio, tenuta dopo il discorso sul primo anniversario della eroica guerra di contrasto all'aggressore Putin, pur non ritenendo il documento cinese un “piano di pace” e condividendolo solo in parte dichiarava che "la Cina ha iniziato a parlare dell'Ucraina e questo non è un brutto segno. Ma bisogna capire, dopo le parole, quali passi seguiranno" e sottolineava come "nel piano c'è il rispetto dell'integrità territoriale, anche se non è citata esplicitamente l'Ucraina, e questo coincide con i nostri interessi. Così come le questioni della sicurezza e del rispetto del diritto internazionale. Dobbiamo lavorarci insieme alla Cina". Ribadiva che “se il principio del rispetto dell'integrità territoriale non prevede il ritiro di tutte le truppe russe dal territorio dell'Ucraina, allora questo non va bene per il nostro Stato”, "il nostro compito è riunire tutti per isolare l'uno", l'aggressore russo, e ricordava che “il soggetto e l'iniziatore delle proposte di pace può essere solo lo Stato sul cui territorio si sta svolgendo la guerra. E l'Ucraina ha già proposto la Formula di pace”, la sua proposta di piano di pace in 10 punti. Nella proposta cinese "al momento vedo solo un segnale di buona volontà. Noi abbiamo presentato il piano di pace e spero che la Cina sia dalla parte della pace. Io voglio credere che la Cina non dia armi alla Russia, questo è molto importante, molto importante per noi", precisava Zelensky. Annunciava infine di essere disposto a incontrare il presidente cinese Xi Jinping, "penso che gioverà ai nostri Paesi e alla sicurezza nel mondo", perché "per quanto ne so, la Cina ha storicamente rispettato l'integrità territoriale e quindi dovrebbe fare di tutto affinché la Federazione Russa lasci il nostro territorio, poiché è in questo che risiede la gravità della sovranità e dell'integrità territoriale". Zelensky rimane fermo nella sua richiesta che la Russia si ritiri dal territorio ucraino, come peraltro ribadito nella recente risoluzione dell'Assemblea generale dell'Onu approvata a larga maggioranza e sulla quale la Cina si è astenuta.
 
Chi ha scatenato la guerra
Al momento contano essenzialmente i risultati sul campo di battaglia e non dei tavoli diplomatici. Anche da quello che potrebbe essere approntato dalla diplomazia di Pechino, che parte da una posizione ribadita il 6 marzo dal ministro degli Esteri Qin di elogio alla partnership del paese con la Russia, definita “un buon esempio per le relazioni internazionali", "caratterizzato da fiducia strategica e buon vicinato” e affermava che questi legami potrebbero diventare sempre più importanti se il mondo diventasse più instabile. Sulla crisi Ucraina, che Pechino non chiama mai guerra, sosteneva il progetto cinese dichiarando che il conflitto sembra essere stato guidato da "una mano invisibile che usa la crisi ucraina per servire certe agende geopolitiche" e spinge per il prolungamento dello scontro, ripetendo la consueta accusa verso Stati Uniti, Ue e Nato che Pechino come Mosca incolpa di aver provocato l’invasione russa.
Jake Sullivan, il Consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, notava che "la proposta cinese si sarebbe dovuta fermare al primo punto: la richiesta di rispetto della sovranità di tutti i Paesi, perché questa guerra potrebbe terminare domani se la Russia smettesse di attaccare l’Ucraina e ritirasse le sue forze. Non è stata l’Ucraina ad attaccare la Russia, non è stata la Nato, non sono stati gli Stati Uniti. Questa guerra è stata decisa da Vladimir Putin". "Per essere credibile, il piano di pace deve essere condiviso con entrambe le parti. La Cina deve andare a Kiev e parlare con Zelensky, come ha parlato con Putin. Inoltre non può mettere sullo stesso piano aggressore e aggredito", ribadiva l'Alto Rappresentante per gli Affari esteri della Ue, Josep Borrell.
La posizione cinese nega la realtà, ossia che la guerra in Europa è conseguenza della politica aggressiva del suo alleato stratgico, il nuovo zar del Cremlino Putin, che Qin dipinge quasi come l'aggredito mentre il presidente ucraino Zelensky sembrarebbe un semplice esecutore degli ordini che partono da Washington e Bruxelles anche quando dimostra il contrario come nella risposta non di chiusura al piano cinese.

8 marzo 2023