Da settembre il Reddito di cittadinanza cambia nome
La Mia è un'elemosina ai disoccupati e ai poveri
La Misura di inclusione attiva dura 12 e non 18 mesi. Taglio di un milione di possibili beneficiari, risparmi di 3 miliardi annui, meno soldi ai beneficiari, taglio del 20% dei fondi contro la povertà dal 2024

La guerra ai poveri e ai migranti sta caratterizzando il governo neofascista Meloni, anche se, approfittando del fatto che la “sinistra” borghese è anch'essa apertamente dalla parte dei capitalisti e dei ricchi, cerca sempre più spesso di spacciarsi addirittura come protettore del “popolo” e delle classi meno abbienti.
Tanta propaganda e demagogia che poi però si traducono in misure che vanno a colpire proprio chi ha più bisogno di sostegno e di aiuto. Una sorta di Robin Hood al contrario che toglie ai poveri per dare ai ricchi: da una parte si fanno pagare meno tasse agli autonomi che guadagnano fino a 85mila euro o si pagano le multe alla UE per non inimicarsi i balneari, dall'altra si prende di mira il Reddito di Cittadinanza (RdC).
Togliere il RdC è stato un cavallo di battaglia durante tutta la campagna elettorale per i partiti ora al governo, in particolare per Fratelli d'Italia, accompagnate dalle promesse di “togliere dal divano” i percettori offrendo opportunità di lavoro a chi non ce l'aveva. Ma queste promesse non hanno trovato nessun riscontro perché non si è mosso un dito per sviluppare un piano straordinario per il lavoro, l'unica cosa rimasta in piedi è l'obbiettivo di ridurre la spesa per finanziare il RdC, ottenendo un taglio del 30%. Questo è quanto si propone la Misura di inclusione attiva (Mia), un nome altisonante per un nuovo strumento che non è altro che un elemosina di stato che da settembre 2023 andrà a sostituire e a ridurre il RdC, che si esaurirà a fine anno perchè non verrà rifinanziato.
Gli importi diventeranno più bassi, i requisiti più severi, la platea di beneficiari sarà ridimensionata di oltre un terzo, la durata del sussidio sarà più breve, i minori saranno penalizzati e la pensione di cittadinanza sparirà. Sforbiciate da tutte le parti; l'unico allargamento riguarda il vincolo di residenza, che penalizzava gli stranieri, una modifica che non ha certo voluto questo governo xenofobo, ma imposta dall’Unione europea, che però inciderà su un numero molto ristretto di persone, e fatta propria solo per non incorrere nella bocciatura del Quirinale. Per ora si tratta solo di una bozza, ma entriamo più nel dettaglio.
Intanto i poveri vengono divisi in due categorie: gli occupabili e le famiglie povere senza possibilità di lavorare. Per i primi il tetto massimo di sussidio sarà di 375 euro (contro un massimo attualmente stabilito a 780 euro) e lo si potrà percepire per un anno (contro gli attuali 18 mesi), poi si ridurrà a sei mesi e potrà essere richiesto ancora solo dopo un anno e mezzo. Per le seconde l’importo base sarà di 500 euro e lo si potrà ricevere per due cicli di 18 mesi, dopo di che il sussidio durerà un anno anche per loro. In ogni caso, il tetto di Isee si abbasserà per tutti dagli attuali 9.360 euro a 7.200 euro e questo restringerà molto la platea dei beneficiari.
Già con i requisiti attuali, il Reddito di cittadinanza ha raggiunto al massimo 4 milioni di persone l’anno, a fronte di 5,6 milioni di poveri assoluti certificati dall’Istat. Secondo i calcoli circolati al ministero, il risparmio di spesa sarà di tre miliardi, sugli otto totali del RdC. Il taglio Isee farà fuori un terzo della platea, a cui aggiungere buona parte dei 140 mila che oggi percepiscono la pensione di cittadinanza visto che la soglia sarà così bassa da rientrare nell’assegno sociale. Alla fine si ipotizza che i beneficiari non supereranno il milione, contro gli attuali 2,7 milioni. Potrebbe arrivare anche una sforbiciata al contributo per l’affitto (oggi massimo 280 euro) che non sembrerebbe previsto nel Mia.
Un altro taglio verrà dal peggioramento della scala di equivalenza, cioè il meccanismo per cui il beneficio aumenta al crescere dei componenti famigliari e che oggi penalizza i nuclei più numerosi. Finora ha previsto 100 euro per ogni minore, già insufficiente per aiutare i nuclei numerosi: ora la cifra si ridurrà a 50. Una madre single con due bambini, per fare un esempio, oggi prende 700 euro, domani ne prenderà 600.
Tra l’altro l’individuazione degli occupabili sarà legata al semplice fatto di non avere minori, disabili o anziani nel nucleo. Per cui una persona senza figli ma con problemi a entrare nel mercato del lavoro avrà un aiuto inferiore e obblighi più stringenti rispetto a chi ha figli ma un curriculum più spendibile. Secondo Andrea Morniroli del Forum Disuguaglianze Diversità “ci sono tre aspetti molto negativi: l’approccio punitivo per cui i poveri sono colpevoli della loro condizione, il fatto di continuare a confondere sostegni al reddito con le politiche del lavoro e la divisione tra occupabili e non occupabili in un Paese con molto lavoro povero”. Critici anche l’alleanza contro la povertà, Cgil e Uil.
Ma il governo, tra le altre cose, punta proprio a far accettare anche i “lavoretti” a nero e malpagati proponendo un sostegno talmente misero da costringere gli interessati ad accettare qualsiasi lavoro. Abbiamo sentito molte volte nelle settimane scorse esponenti del governo accusare i percettori del RdC di non volersi “rimboccare le maniche” e aspettare il “lavoro dei sogni”, come se campare con 500 euro al mese fosse una condizione di vita tutto sommato soddisfacente e che spinge a vivere di sussidi.
Noi marxisti-leninisti non abbiamo mai creduto, come ad esemio i 5 Stelle, che il RdC sia la panacea di tutti i mali, la misura che, come disse Di Maio, “elimina la povertà”, abbiamo sempre rivendicato il lavoro, stabile e tutelato. Tuttavia in un momento come questo, dopo tre anni di pandemia che hanno acuito le disuguaglianze e le contraddizioni insite nel capitalismo, con milioni di poveri in continuo aumento, la mossa del governo neofascista che riduce i sostegni economici, è un vero e proprio atto di guerra nei confronti dei più poveri e delle persone in difficoltà.

22 marzo 2023