Secondo l'Istat
Lo sfascio della sanità pubblica ingrassa quella privata
Gimbe: “È un disastro sociale ed economico senza precedenti”

 
Lo scorso 8 marzo si è svolta presso la Commissione Sanità e Lavoro del Senato l'audizione dei rappresentanti dell'Istat, i quali hanno riferito ai parlamentari sullo stato della sanità pubblica.
I dati forniti indicano che nel 2021 la spesa sanitaria in Italia era complessivamente di circa 168 miliardi di euro, con lo Stato che ne finanziava il 75,6% e la parte restante – per un totale di 41 miliardi – a carico delle famiglie che pagavano di tasca propria direttamente (35,6 miliardi) o attraverso polizze sanitarie private (4,5 miliardi).
Ciò significa che nel 2021 le famiglie erano di fatto obbligate a pagare di tasca propria un quarto circa delle prestazioni sanitarie di cui hanno avuto necessità.
I dati dell'Istat, ancora parziali, del 2022 indicano un netto peggioramento della situazione sanitaria rispetto all'anno precedente, soprattutto per l'allungamento delle liste di attesa, che porta le fasce di popolazione più disagiata a rinunciare alle prestazioni. Si preannunciano quindi, secondo l'Istat, per la sanità pubblica del 2022 dati ancora peggiori rispetto all'anno precedente, con un maggior ricorso, da parte delle famiglie, a visite private o coperte da assicurazione privata.
Insomma, lo sfascio della sanità pubblica ingrassa quella privata, con tutti i giganteschi interessi che ruotano intorno a quest'ultima.
Lancia l'allarme sullo sfascio della sanità pubblica anche Nino Cartabellotta, medico e presidente della Fondazione Gimbe, che da anni tiene sotto osservazione il sistema sanitario italiano denunciando i mali della sanità pubblica.
“La fine del Sistema sanitario nazionale pubblico e universalistico – ha affermato Cartabellotta in un'intervista pubblicata su Il Fatto Quotidiano del 9 marzo - porterà a un disastro sociale ed economico senza precedenti”.
Alla domanda su come la sanità pubblica debba affrontare la carenza cronica di medici e infermieri, Cartabellotta risponde che lo Stato deve “stanziare consistenti investimenti per valorizzare e motivare la colonna portante del Ssn e programmare il fabbisogno di medici, specialisti e altri professionisti sanitari”. “In caso contrario – prosegue il presidente del Gimbe - rischiamo lo svuotamento del Ssn da professionalità capaci di garantire la qualità dell’assistenza, affidando in parte la gestione delle risorse umane a società private senza alcun controllo e spendendo ingenti somme di denaro pubblico”.
Insomma, anche il Gimbe ritiene, senza tanti giri di parole, che i disservizi della sanità pubblica avvantaggiano gli interessi di quella privata, la quale offre oltre tutto servizi peggiori rispetto a quella pubblica.
Nino Cartabellotta conclude la sua intervista ritenendo che se non cambiano le cose tra poco tempo “sarà impossibile accedere in tempi ragionevoli a servizi e prestazioni necessarie, ricorrendo al privato se può pagare, oppure rinunciando”.

22 marzo 2023