Per martedì 28 marzo indetto il decimo sciopero generale
Il popolo francese in piazza contro la pensione a 64 anni
L'Eliseo costretto a rimandare la visita del re Carlo d'Inghilterra

 
La mobilitazione in Francia si estende e continua senza sosta. Giovedì 23 marzo è andato in scena il nono sciopero generale contro la “riforma” delle pensioni voluta da Macron. Secondo il più importante sindacato transalpino, la Cgt, sono scesi nelle piazze di tutto il Paese 3milioni e mezzo di francesi, con la manifestazione di Parigi, la più grande degli ultimi anni, a cui hanno partecipato in 800mila.
Era la prima giornata di mobilitazione generale dopo che il presidente della Repubblica Macron aveva fatto ricorso all'articolo 49.3 dell'ordinamento francese che permette di far passare una legge senza voto. Il testo della riforma era passato al Senato con 193 voti a favore e 114 contrari. Il governo non ha invece voluto correre il rischio di una bocciatura all’Assemblée Nationale, visto che la destra dei Républicain era divisa e c’erano persino dissidenze nei gruppi della maggioranza relativa.
Un evidente segno di debolezza del Governo che veniva confermato dal voto del giorno successivo. Difatti, dopo il ricorso al 49.3, se si riesce a farla sottoscrivere da almeno il 10% dei deputati, si può presentare una mozione di sfiducia (censura) entro 24 ore contro il governo che, se approvata, avrebbe fatto cadere il primo ministro Borne. Questo è stato fatto il 20 marzo su iniziativa della lista Loi, ed è stata respinta per soli 9 voti. Questo salvataggio risicato ha scatenato la fulminea reazione della piazza, che chiedeva le immediate dimissioni di Macron. Un corteo è arrivato fin quasi al Palais Bourbon (sede dell’Assemblée Nationale), alcuni cassonetti sono stati dati alla fiamme già pochi minuti dopo l’esito del voto. La polizia era schierata fin dalla mattina ed erano vietati agli assembramenti, tanto che i manifestanti sono stati subito caricati. Manifestazioni spontanee si sono svolte in diverse città d’Oltralpe, da Rennes a Nantes, da Tolosa a Rouen.
Anche se a livello istituzionale si è momentaneamente salvato, la maggiore preoccupazione di Macron e del suo governo riguarda la mobilitazione del popolo francese contro l'innalzamento dell'età pensionabile da 62 a 64, unite alle proteste contro il carovita e la richiesta di forti aumenti salariali, tra i 500 e i 600 euro mensili. Lavoratori dei trasporti e dei servizi, operai delle raffinerie, insegnanti, studenti, stanno di fatto bloccando il paese con una lotta che si sta dimostrando forte e tenace.
Lo sciopero generale del 23 marzo ha dimostrato come la piazza non si lascia intimorire dall'arroganza di Macron né dalla repressione violenta della polizia. Nonostante i mezzi d'informazione internazionali, tra cui si distinguono quelli italiani, pongano in risalto soltanto le violenze di black bloc e casseur senza nemmeno approfondire i motivi delle proteste, in realtà in Francia sono gli agenti ad essere messi sotto accusa per le violenze di questi giorni. In particolare le BRAV-M (Brigate di Repressione dell'Azione Violenta, Motorizzate) che arrivano rombando a cavallo delle moto di grossa cilindrata e corrono verso i manifestanti rimasti isolati senza lesinare manganelli e granate lacrimogene, per operare quanti più arresti possibile.
Ma le masse popolari francesi non si fanno irretire dalla propaganda e la rabbia e la protesta dura, anche quando assume le caratteristiche degli scontri di piazza, è considerata normale. “È l'unico modo per farci sentire”, “la situazione era esplosiva, Macron ha scelto di fregarsene”, sono le risposte che danno ai giornalisti i manifestanti, anche quelli più tranquilli. Piuttosto i manifestanti e i rappresentanti sindacali accusano le violenze poliziesche come quelle contro gli operai in picchetto davanti allo stabilimento petrolifero di Fos-sur-Mer (vicino Marsiglia) che protestavano contro le requisizioni operate dal governo. “Il deposito ce lo ripigliamo, celerini o meno, la loro riforma se la devono rimangiare” ha dichiarato il segretario regionale del sindacato Cgt, Olivier Mateau.
Violente cariche e lacrimogeni anche contro gli netturbini parigini. Da giorni i netturbini della capitale sono in sciopero a oltranza, mentre gli inceneritori della regione sono bloccati dai lavoratori tanto che Parigi è oramai sommersa dai rifiuti. Cumuli d'immondizia che durante le proteste sono spesso utilizzati dai manifestanti per accendere falò.
Ma la protesta è di popolo, non di piccoli gruppi. Nata in ambito prettamente sindacale, si è presto allargata coinvolgendo tutti i settori della società francese. Oltre ai lavoratori, nelle piazze si sono riversati tanti giovani e giovanissimi mentre gli scioperi stanno ottenendo quello che si prefiggevano gli organizzatori: blocco o ridotta operatività di aeroporti, treni, smaltimento rifiuti, fabbriche e impianti petroliferi che stanno creando scarsità di carburante in alcune città. Unità anche organizzativa, dato che una Intersindacale riunisce tutte la maggiori sigle del sindacalismo francese.
Tornando allo sciopero del 23 marzo, le grandi manifestazioni hanno dimostrato la determinazione delle proteste a far ritirare la controriforma pensionistica anche se già ratificata. Oltre a quella di Parigi ci sono state piazze stracolme a Nantes, Rennes, Bordeaux (dove è stata incendiata la facciata del municipio) a Marsiglia (quasi 300mila persone) e in tante città altre città della Francia. Un altro sciopero generale, il decimo in pochi mesi, è stato proclamato per il 28 di marzo.
Si tratta di una vera e propria rivolta contro il governo che travalica la mobilitazione contro l'innalzamento dell'età pensionabile. Il 24 marzo a Sainte-Soline, nella regione della Nuova Acquitania, 30mila manifestanti hanno accerchiato i due mega bacini idrici per bloccarne la costruzione. Ne sono seguiti violentissimo scontri con la polizia presente in maniera massiccia. Alcune associazioni ambientaliste parlano di centinaia di feriti, sei manifestanti sono gravi e uno è in coma, massacrato dalla polizia che ha usato anche le granate stordenti.
Macron e il governo guidato da Elisabeth Borne sono assediati. In seguito alle violente proteste scoppiate in tutto il Paese l'Eliseo è stato costretto ad annunciare che il governo britannico e quello francese hanno concordato di rimandare la visita di re Carlo III d'Inghilterra programmata nei giorni tra il 26 e 29 marzo.

29 marzo 2023