Il governo Meloni vara il decreto per il disastroso Ponte di Messina

 
Con un decreto approvato "salvo intese" il 17 marzo scorso il governo nero Meloni ha riesumato la Società Stretto di Messina, che in passato ha bruciato centinaia di milioni di euro in stipendi e progetti mai venuti alla luce, al fine di avviare i lavori per la costruzione dell'abominevole Ponte sullo stretto di Messina, entro l'estate 2024 e inaugurare poi l'opera alle soglie del nuovo decennio.
Alla nuova società, si legge nella bozza del provvedimento "partecipano Rfi, Anas, le regioni Sicilia e Calabria, nonché, in misura non inferiore al 51%, il ministero dell'Economia": che esercita i diritti dell'azionista, d'intesa con il ministero delle Infrastrutture. La concessione alla società dello Stretto ha una durata di trent'anni, il progetto esecutivo va approvato entro il 31 luglio 2024.
Si riparte dal progetto approvato 11 anni fa, quello del ponte sospeso strallato più lungo al mondo: ben 3,2 chilometri.
Spetterà al nuovo piano economico-finanziario della concessione individuare "la copertura finanziaria dell'investimento, anche attraverso finanziamenti reperiti sul mercato nazionale e internazionale, nonché gli introiti e i contributi a favore della concessionaria".
Lo stesso piano determinerà poi le tariffe di pedaggio per l'attraversamento. Un canone dovrà poi essere versato alla concessionaria da Rfi, la società delle infrastrutture ferroviarie di Fs.
Salvini ha parlato di "giornata storica per l'Italia" e di un'opera "assolutamente sicura che consentirà di ridurre l'inquinamento da anidride carbonica e permettere un risparmio di tempo e denaro a tutti coloro che devono attraversare lo Stretto".
"Questa volta non ci fermeranno", assicura il pregiudicato Berlusconi, convinto che il Ponte "metterà in moto un volano per l'economia siciliana".
Messo da parte il progetto del ponte a campata unica di 3 km con pilastri a terra di 300 metri che si sarebbe dovuto realizzare a nord, nella parte meno estesa dello stretto, quindi lontano da Reggio Calabria e Messina e scomodissimo per il traffico locale che continuerebbe a usare i traghetti perché più veloci, adesso si sta vagliando una nuova soluzione. Si tratterebbe di un ponte più lungo che collegherebbe direttamente le due città principali a tre campate e con due pilastri appoggiati in mare sulle pendici del fondale dello stretto (una vera mostruosità ambientale) che non sono affatto geologicamente stabili.
 
Costi astronomici, devastazione ambientale e rischi imponderabili
Altro che promozione eccezionale dell’ingegneria italiana! È bene ricordare che lo Stretto di Messina è tra le zone a più alto rischio sismico d’Europa, a testimoniarlo il terribile terremoto del 28 dicembre 1908 che causò tra le due sponde distruzione e migliaia di morti. Solo questo basterebbe a cestinare definitivamente l’inutile e rischiosa costruzione del ponte ma volendo analizzare anche gli aspetti di traffico ed economici, lo studio non rileva previsioni di crescita quantificate. Nessun beneficio socioeconomico tale da giustificarne la realizzazione. Cosa che invece avverrebbe ipotizzando un radicale miglioramento del servizio traghetti con risparmi di tempo rispetto al ponte inferiori all’ora.
Gli unici veri benefici derivanti dalla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina sarebbero per quelle società private gestite dalla criminalità organizzata che se lo vedrebbero regalato dallo Stato e il cui scopo è quello di spremere profitti.
Occorre invece utilizzare quelle risorse per potenziare e modernizzare i trasporti pubblici ferroviari e marittimi senza dimenticare le reti autostradali della Calabria e della Sicilia ancora da Terzo mondo.
Come spiega il Wwf l’opera è fallimentare, con elevatissimi e insostenibili costi ambientali, sociali ed economico - finanziari ma soprattutto ricorda al governo che ha fatto i conti senza l’oste: ritiene che la strada sia spianata ma il General Contractor Eurolink (capeggiato dall'odierna Webuild) che ha progettato il ponte sospeso a unica campata e doppio impalcato stradale e ferroviario, che si vuole rilanciare, non ha mai prodotto gli approfondimenti tecnici ed economico- finanziari sul primo progetto definitivo redatto nel 2010 e richiesti a suo tempo dal Governo Monti nel 2013, né il progetto ha mai superato la fase conclusiva di valutazione di impatto ambientale, figurarsi per la nuova variante a tre campate!
Il mostruoso costo prudenziale dell’opera di circa 8,5 miliardi di euro, stima del 2010, non consente di prevedere un numero di pedaggi a carico degli utenti in grado di consentire un’operazione di project financing , questo perché coloro che ogni giorno si muovono tra le due sponde dello stretto non sono più di 4.500 persone e il 76,2% degli spostamenti dei passeggeri è locale e senza auto al seguito. Il che significa che la realizzazione di un’opera così costosa sia in fase di cantiere che a regime sia interamente a carico della finanza pubblica.
Va ricordato poi che tutta l’area dello Stretto di Messina è ricompresa in due importantissime Zone di Protezione Speciale tanto che la commissione VIA del ministero nel 2013 diede parere negativo proprio a tutela dello Stretto, importantissimo luogo di transito per l’avifauna e per i mammiferi marini, dove si concentra una delle più alte concentrazioni di biodiversità al mondo.
Il Ponte sullo Stretto è una spaventosa opera di devastazione ambientale, sociale a culturale, priva di effettiva e durevole utilità pratica. Dal punto di vista ambientale non viene assolutamente considerato il grave impatto dell'opera sull'ambiente marino dello Stretto, le cui peculiarità uniche rendono imprescindibile la salvaguardia di molte specie animali - alcune anche a rischio di estinzione e particolarmente protette da direttive comunitarie e da convenzioni internazionali - e vegetali che qui hanno creato una vera oasi nel Mediterraneo, particolarissima e unica nel suo genere. Gravi carenze di tipo metodologico sono state rilevate negli studi di progettazione e di fattibilità che hanno totalmente tralasciato parametri importanti quali: a) la mancata distinzione tra le diverse scale d'impatto; b) una lettura degli effetti realizzata soltanto per gli elementi principali del tracciato; c) la sottovalutazione degli impatti del cantiere; d) la mancata analisi delle alternative.
Non è stata svolta alcuna trattazione delle problematiche urbanistico-territoriali connesse alla realizzazione di una simile infrastruttura; la pianificazione urbanistica esistente, comunale e di livello superiore, non prevede infatti il modello di sviluppo che inevitabilmente si verrebbe a creare con la realizzazione di tale opera e delle infrastrutture necessarie a renderla funzionante (interi paesi verrebbero spazzati via dal previsto sistema di tangenziali e circonvallazioni).
Tale opera è in piena contraddizione con il concetto di "mobilità e trasporto sostenibile" soprattutto in realtà (Sicilia e Calabria) caratterizzate dalla mancanza di reti viarie, ferroviarie (ci sono nella sola Sicilia 800 chilometri di rete ferroviaria da elettrificare e 1.440 chilometri da potenziare) e marittime che si possono considerare adeguate alle esigenze del territorio (la Sicilia, in particolare, è l'unica regione a non avere un Piano regionale dei trasporti e, pur essendo un'isola, non ha un Piano dei porti).
Nessun aeroporto dell'isola è attrezzato per l'atterraggio di voli internazionali che permetta di viaggiare all'estero senza dover necessariamente transitare per gli scali del Centro-Nord.
Il Ponte comporterebbe una devastazione irreversibile del paesaggio: nella fase di cantiere (12 anni nella più breve delle ipotesi) si dovranno scavare e smaltire 8 milioni di metri cubi di materiali (dove li metteranno non ci è dato sapere); la distruzione degli abitati di Torre Faro e Ganzirri sarebbe inevitabile. L'immenso cono d'ombra, i chilometri e chilometri di nuovi tracciati autostradali e ferroviari sulle due coste, le macroparatie in acciaio snatureranno il paesaggio. Il paesaggio "mitico" tra Scilla e Cariddi sparirà per sempre.
 

La proposta del PMLI
Il PMLI ribadisce ancora una volta ciò che da anni va ripetendo: bisogna assolutamente cancellare il megaprogetto speculativo della costruzione del Ponte di Messina e destinare gli investimenti previsti per potenziare e modernizzare i trasporti ferroviari e marittimi della Sicilia e della Calabria.
È necessario affrontare e risolvere la crisi idrica che affligge la Sicilia e anche la Calabria, risolvendo tutti i problemi connessi alla ripulitura degli invasi e delle dighe, alla ricerca di nuove falde acquifere e alla salvaguardia di quelle esistenti da fonti inquinanti, alla riparazione delle tubature ed alla requisizione e all'inserimento negli elenchi delle acque pubbliche di tutti i pozzi in mano alle famiglie mafiose. I soldi destinati al Ponte vanno invece spesi per potenziare e ammodernare i mezzi di trasporto pubblici, ossia le linee ferroviarie e marittime. Il governo, le Regioni e le amministrazioni comunali hanno il dovere di creare nel Mezzogiorno un servizio di trasporto pubblico avanzato e conveniente economicamente per i pendolari e le masse che soddisfi appieno tutte le esigenze di mobilità e di collegamento tra città e tra zone periferiche e centro cittadino.
Allo stesso modo vanno potenziati e modernizzati i porti perché possano supportare con servizi adeguati e sicurezza lo sviluppo del traffico marittimo di persone e merci. In ultimo, ma non per ordine di importanza, esigiamo che gli investimenti programmati vengano effettivamente spesi, ci opponiamo al varo di una legislazione che allenti e cancelli i vincoli antimafia in materia di assegnazione degli appalti e sub-appalti e pretendiamo la massima trasparenza e il controllo sociale delle masse siciliane e calabresi sulla distribuzione dei suddetti finanziamenti.
Insomma cambiano i governi, ma le "priorità" per la borghesia italiana, le mafie e i monopoli sono sempre le stesse, tra queste costruire inutili e dannose opere pubbliche speculative con l'unico fine di realizzare profitti per pochi, costi, disagi e disastri ambientali per le masse, peraltro proprio nel martoriato Mezzogiorno dove le priorità sarebbero ben altre, a cominciare dal lavoro, la messa in sicurezza del territorio, l'accoglienza dei migranti, la sanità pubblica, le scuole e la lotta alle mafie, d'altra parte la Questione Meridionale è per noi marxisti-leninisti da sempre la prima vera Questione nazionale, può essere risolta solo nel socialismo, continuando a lottare con tutte le forze nell'immediato contro il regime neofascista anche contro le inutili e dannose opere pubbliche come il Ponte, da sempre "cavallo di battaglia" in particolare dei mafiosi e delle forze politiche ad essi asservite, sia di destra che di "sinistra".
Facciamo notare poi che quando si chiedono soldi per il lavoro, aumenti salariali, pensioni pubbliche, servizi come la sanità pubblica per un motivo o per un altro l'attuale governo, come i precedenti, non trova mai risorse economiche, quando si tratta invece di fare gli interessi dei capitalisti, si pensi alle missioni militari all'estero, alla fornitura di armi all'Ucraina, incostituzionale e pericolosissima, perché rischia di trascinare in guerra il nostro Paese e così via, le risorse si trovano sempre e comunque, anche con l'avallo della Ue imperialista, vero mostro economico, politico, militare e istituzionale che non si può riformare in alcun modo e va distrutto, cominciando a tirarne fuori il nostro Paese.
L'approvazione del decreto sul Ponte sullo Stretto quindi è l'ennesima dimostrazione che lo stato borghese e i suoi governi sono totalmente al servizio della borghesia e del capitalismo e vanno spazzati via, sulla Via dell'Ottobre, per il socialismo e il potere politico del proletariato.
In questo quadro occorre quindi sempre con maggiore forza lottare risolutamente contro le sciagurate politiche del governo neofascista Meloni, che va buttato giù da sinistra e dalla Piazza prima che possa fare ulteriori danni al nostro martoriato popolo attraverso un ampio e combattivo Fronte unito antifascista e antimperialista.
Come ha indicato l'esemplare Documento del CC del PMLI contro il governo Meloni: "In questo fronte unito il proletariato - la classe delle operaie e degli operai che producono tutta la ricchezza del Paese ma ne ricevono solo le briciole - deve assumere un ruolo dirigente appropriandosi della sua cultura storica, che è il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e non quella dell'operaismo, dell'anarco-sindacalismo e del riformismo.
Finché non si riuscirà ad abbattere il governo neofascista Meloni bisogna rimanere uniti, poi ognuno andrà per la propria strada. Il PMLI andrà fino in fondo sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista.
Che gli autentici fautori del socialismo - donne, uomini, Lgbtqia+ - capiscano che il loro dovere rivoluzionario è di dare tutta la propria forza intellettuale, morale, politica, organizzativa e fisica al PMLI per il trionfo del socialismo in Italia."

29 marzo 2023