Revisionismo storico
Meloni ignora che erano antifascisti i trucidati dai nazifascisti alle Fosse ardeatine
Il camerata La Russa  attacca  la  Resistenza e i "partigiani  rossi" su via  Rasella

L'imperante revisionismo storico si è clamorosamente manifestato persino alla vigilia del 79° Anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, avvenuto il 24 marzo del 1944, durante l'occupazione di Roma da parte dei tedeschi, nel quale morirono 335 vittime, uccise per rappresaglia dai nazisti per l'attentato partigiano opera dei GAP di Via Rasella a Roma, nel quale morirono 33 soldati tedeschi del reggimento "Bozen" appartenente alla Ordnungspolizei, la polizia tedesca .
Fu Hitler in persona a pretendere la morte di 50 vittime per ogni soldato tedesco ucciso dai gloriosi Partigiani, ma le autorità tedesche in Italia decisero poi di optare per 10 vittime per ogni soldato, per rendere il più veloce possibile l'esecuzione e renderla invisibile alla popolazione per paura di sommosse popolari sempre più difficili da domare, i tedeschi avevano ormai infatti un numero sempre più esiguo di soldati nella Capitale. Anche per questo le vittime furono prelevate essenzialmente tra i prigionieri politici e gli ebrei già in mano tedesca, prelevati soprattutto dal terribile carcere di Via Tasso (oggi Museo storico della Liberazione) e destinati comunque a morte certa, ai quali si aggiunsero cinque ulteriori vittime in più.
Tra i massimi responsabili dell'eccidio simbolo della Resistenza romana al nazifascismo il generale Mälzer, il colonnello Kappler, il generale Eberhard von Mackensen e il capitano delle SS Erich Priebke, il quale arrestato dopo la guerra, riuscì a fuggire e grazie all'aiuto di alcuni alti prelati (sulla criminale Alleanza tra il Vaticano, e il nazifascismo, nel nome della lotta contro il comunismo "satanico" basterebbe ricordare che Mussolini fu salutato come "l'uomo della Provvidenza" da papa Pio XII). I tedeschi cercarono di occultare il brutale eccidio compiuto in alcune cave tra la via Ardeatina,  ubicate tra le catacombe di san Callisto e di Domitilla, ma fin da subito la notizia giunse alla popolazione romana e appena un mese dopo l'eccidio un gruppo di partigiani di Bandiera Rossa all'ingresso della cava, disarmò gli uomini della Polizia dell'Africa italiana, posti di guardia allo scopo di impedire azioni commemorative, ed espose un cartello con scritto: "I partigiani di Bandiera Rossa vi vendicheranno".
 
Il vergognoso messaggio della Meloni
Da Bruxelles dove si trovava per il Consiglio europeo (cosa già vergognosa di per sé perché le ha permesso di disertare le cerimonie ufficiali, mente il tempo per le parate sugli F35 davanti ai bambini lo ha trovato facilmente) la premier Meloni inviava il seguente messaggio: “335 italiani sono stati barbaramente trucidati dalle truppe di occupazione naziste come rappresaglia dell’attacco partigiano di via Rasella. Una strage che ha segnato una delle ferite più profonde e dolorose inferte alla nostra comunità nazionale: 335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani". Col suo messaggio costei ha voluto così platealmente negare che quelle fossero vittime del fascismo, partigiani, comunisti ed ebrei e trucidati per questa ragione, definendoli semplicemente italiani. E poi giustificandosi, allo scoppio delle prime polemiche: "Li ho definiti italiani, che vuol dire che gli antifascisti non sono italiani? Sono stata onnicomprensiva".
A ruota Francesco Lollobrigida, cognato di Giorgia Meloni e ministro dell'Agricoltura di FdI, ometteva su Twitter anche la nazionalità dei colpevoli dell'eccidio: "Piango gli italiani che morirono per mano straniera vittime dell'odio e della guerra". Il presidente della Camera, il fascioleghista Lorenzo Fontana scriveva genericamente di "vittime" senza fornire altri dettagli e anche il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano li chiamava semplicemente "italiani".
A prescindere dal fatto che alcune delle vittime non erano italiane, il punto politico è questo: il governo neofascista Meloni snaturava completamente il significato di quella tragedia, cercando di nascondere all'opinione pubblica chi erano le vittime e chi i carnefici, non pronunciando mai la parole nazifascismo e Resistenza, fascisti e antifascisti, occupanti e resistenti, aggressori e aggrediti, che poi è l'unica chiave di volta possibile per leggere quel terribile evento. Definendole vittime “innocenti” oltraggiava due volte le vittime, negando che fosse in corso una guerra di popolo contro l'occupante nazifascista e negando loro la “colpa” di essere indomiti e risoluti combattenti antifascisti. Il suo vergognoso revisionismo storico ha l'obiettivo di riscrivere in chiave antiresistenziale e anticomunista la storia e quindi di occultare la verità storica dei fatti ed è in effetti la continuazione, dopo 79 anni, sotto altre forme, del tentativo stesso di occultare l'eccidio da parte dei loro antenati criminali nazifascisti. Solo che non potendolo nascondere l'Eccidio, cerca di stravolgerne il significato, con finalità politiche ben precise. E lo stravolge cercando di ripulirlo almeno dalle vicende più terrificanti (come se fosse possibile) prodotte dal nazifascismo sulla pelle dei popoli e delle nazioni oppresse in Europa, Africa e in Asia dall'Asse Roma-Berlino-Tokyo e contro la Gloriosa Resistenza, in gran parte comunista, che, insieme al contributo determinante dell'Urss di Stalin, finì per liquidarli e distruggerli.
Una lettura simile, fatta con la chiave dell'italianità delle vittime , non solo è falsa perché erano italianissimi anche i “repubblichini” servi dei tedeschi e dunque non fu un atto di un "generico" straniero contro degli italiani in quanto tali, ma degli occupanti tedeschi e dei loro servi contro i combattenti antifascisti e i nemici della criminale occupazione nazista di allora, cominciando dai comunisti e dagli ebrei, è una lettura di destra di quegli avvenimenti, volta a coprire i responsabili e rileggere quei fatti sull'altare del nazionalismo patriottardo e guerrafondaio che semmai era tipico dei carnefici italiani (e tedeschi) anche di quell'eccidio e serve oggi ai neofascisti in doppiopetto, che hanno compiuto la loro Marica elettorale su Roma, iniziata nel 1946 dagli eredi del PNF e della RSI, cioè dal MSI, non solo a confondere le acque e travisare la verità dei fatti, specie agli occhi delle nuove generazioni, ma ad agevolare un clima di "riconciliazione" tra vittime e carnefici dell'epoca e ad avvelenare l'opinione pubblica col patriottismo e col nazionalismo funzionali all'espansionismo imperialista italiano.
Nell'occultamento e nella rilettura da destra del significato di quegli eventi è del tutto evidente che rientra poi la ormai ben nota strategia dell'equiparazione dei partigiani con i criminali dell'Asse, delle vittime con i carnefici (pietra miliare in questo senso è stata l'infame istituzione della giornata del ricordo dei sedicenti "martiri delle foibe" in Italia, che va abolita) e quindi del nazifascismo al comunismo, voluta dal parlamento della Ue imperialista per favorire la messa fuori legge in tutta l'Ue e quindi in Italia dei partiti comunisti, cominciando nel nostro Paese, com'è noto proprio per volere di FdI, dal PMLI. Lo scopo è dunque la cancellazione della memoria antifascista e in particolare la demonizzazione della componente più risoluta, importante e fondamentale della Resistenza, che fu la componente comunista rispetto a quelle azionista, cattolica, liberale, e monarchica. La qualcosa è divenuta subito palese con la sortita del camerata La Russa, accorso in difesa della Meloni.
 
Il camerata Ignazio Benito La Russa attacca i “partigiani rossi” di via Rasella
Nel tentativo patetico e fallimentare di difendere la Meloni dalle giuste critiche provenienti dagli antifascisti circa appunto le sue affermazioni sull'eccidio delle Fosse Ardeatine, il presidente del Senato Ignazio Benito La Russa non è riuscito a contenere tutto il suo viscerale odio contro la Resistenza e in particolare contro la sua componente comunista sbraitando: "Contro di lei attacchi pretestuosi. I partigiani rossi non volevano un'Italia democratica perché avevano il mito della Russia comunista. Via Rasella è stata una pagina tutt'altro che nobile della Resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi pensionati altoatesini e non nazisti delle SS (non si capisce il perché della rappresaglia dunque!) sapendo benissimo il rischio di rappresaglia al quale esponevano i cittadini romani, antifascisti e non", finendo quindi nel suo delirio psicotico neonazifascista e anticomunista per dare la colpa ai Partigiani dell'eccidio stesso! Che è poi la tesi da sempre sostenuta dagli occupanti hitleriani quando rispondevano con le rappresaglie e le stragi delle popolazioni davanti agli attacchi partigiani.
Naturalmente le sue dichiarazioni hanno gettato benzina sul fuoco delle polemiche: "Parole semplicemente indegne per l'alta carica che ricopre e rappresentano un ennesimo, gravissimo strappo tesa ad assolvere il fascismo e delegittimare la resistenza. Il terzo battaglione del Polizeiregiment colpito a via Rasella mentre sfilava armato fino ai denti stava completando l'addestramento per andare a combattere gli Alleati e i partigiani, come effettivamente avvenne", ha commentato il presidente dell'ANPI Gianfranco Pagliarulo. Aspetto rimarcato anche dalla presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello: "Non erano musicisti, ma soldati delle SS che occupavano il Paese con la complicità dei fascisti e che deportavano gli ebrei nei campi di sterminio".
 
La verità storica
Importanti le riflessioni su "La Stampa" dello storico Alessandro Portelli: “Il Bozen era un reggimento di polizia aggregato alle SS che dopo la liberazione di Roma ha continuato le azioni di repressione rendendosi colpevole di svariati omicidi nell'Italia settentrionale. Erano armati fino ai denti, i sopravvissuti altoatesini hanno raccontato che in via Rasella molti sono morti perché sono scoppiate loro le bombe che portavano alla cintura. Non erano una banda musicale, ma sfilavano cantando, erano obbligati dai loro superiori a farlo, perciò alcuni testimoni hanno raccontato di una banda militare. Se lo dice un superstite che il 23 marzo del ‘44 era un bambino è un conto, che lo dica la seconda carica dello Stato è di una gravità inaudita”. "Non esisteva la regola del 10 a 1, tanto che ci fu una complessa trattativa per arrivare alla lista delle 330 persone, il primo ordine di Hitler fu di 50 morti italiani per ogni soldato tedesco. Se guardiamo le altre stragi, a Civitella val di Chiana ad esempio, ammazzarono 156 persone per 3 tedeschi. Quanto all'invito a presentarsi rivolto ai partigiani, anche questo è falso. Lo ammise il generale Kesserling al suo processo.
Questa storia dell'invito a costituirsi fu inventata dieci giorni dopo dal federale fascista di Roma, Giuseppe Pizzirani, una falsità ideologica”. Lo storico peraltro tira in ballo anche le responsabilità del Vaticano sulla vicenda: “Penso al famoso comunicato dell'Osservatore romano che scrisse di 32 vittime e 320 persone 'sacrificate' per i colpevoli sfuggiti all'arresto. Come se ci dovesse essere un castigo dopo il 'delitto'. La verità è che i tedeschi neanche li cercarono i partigiani, come ha rivelato Kappler. Loro non potevano permettersi che Roma fosse insicura perché era il retroterra di Cassino e di Anzio, dovevano mandare un messaggio di terrore alla città dicendo 'guai a voi se ci toccate'. Avevano la necessità militare, non giuridica, di ristabilire l'ordine, e l'hanno fatto uccidendo 335 persone che non c'entravano nulla, una cosa assurda. La Russa e gli altri della destra non accettano come sono andate le cose perché se ne vergognano, non possono ammettere neanche a se stessi che se ne vergognano. Il loro partito ha le radici nella Repubblica sociale che ha partecipato a questo crimine, infatti una delle liste delle persone massacrate alle Fosse Ardeatine fu consegnata ai tedeschi dai fascisti. Non erano italiane solo le vittime come dice Meloni, ma anche i carnefici. Se lo ammettessero a se stessi, scoprirebbero che il partito da cui derivano era complice degli assassini”. "Il seme del fascismo oggi è voler legittimare la tortura, pensare di mettere i bambini in carcere, attaccare l'aborto, dare la colpa della strage di Cutro alle vittime.”
 
Il rinnegato Luciano Violante scusa Ignazio Benito La Russa
Messo con le spalle al muro dalla collera antifascista e dalle polemiche, Ignazio Benito La Russa ha poi fatto finta di fare marcia indietro, ammettendo "di avere sbagliato" nel non definire nazisti i 33 soldati tedeschi giustamente uccisi dalla gloriosa Resistenza romana. Arrampicandosi sugli specchi ha finito tuttavia per ribadire che a innescare la rappresaglia nazista fu l'azione dei partigiani comunisti e che quella pagina fu "tra le meno gloriose della Resistenza". Un tentativo provocatorio e maldestro per tentare di dividere dal fronte comune antifascista quella componente più avanzata e combattiva della Resistenza rappresentata dalle Brigate Garibaldi e composta in particolare dai Gruppi di Azione Patriottica (GAP) che parteciparono eroicamente ad azioni clamorose come l'attentato di via Rasella e all'assassinio del ministro mussoliniano Gentile.
Le sue sono scuse non credibili e maldestre, una scaltra via d'uscita per placare le polemiche senza rinnegare nella sostanza il suo velenoso attacco alla Resistenza e al comunismo. Eppure sono bastate al rinnegato Luciano Violante per giustificarlo nell'intervista a Repubblica del 2 aprile: “La Russa si è scusato, ha fatto bene a correggersi”. Per proseguire in quel vergognoso accreditamento della Meloni e di FdI: "Io non vedo un disegno, piuttosto vedo la difficoltà di liberarsi da un lontano retaggio. Penso che Fratelli d'Italia intenda diventare un moderno partito conservatore non localista né paleoliberale (…) Non credo che l'identità attuale di Fratelli d'Italia sia quella, anche se all'interno potrebbero esserci presenze che si richiamano al fascismo. Ma se guardo al gruppo dirigente non riscontro queste nostalgie. A mio parere bisognerebbe avere un atteggiamento rispettoso, tale da aiutare il processo di trasformazione in corso”. È anche grazie a rinnegati come Violante se costoro hanno potuto concludere vittoriosamente la loro marcia su Roma elettorale.
C'è un filo nero che lega il rinnegato del comunismo Luciano Violante al camerata Ignazio Benito La Russa, tant'è che quest'ultimo nel suo discorso di insediamento in senato nell'ottobre 2022 si espresse così: “Riferendosi alla necessità di un superamento di qualunque momento di odio, di rivalità, di contrasto storico, di antiche o nuove discussioni, con un linguaggio che mi auguro sia quello auspicato dalla presidente Segre, Violante ebbe a dire che un clima coeso «aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro Paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo Paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno. Dopo, poi, all’interno di quel sistema comunemente condiviso, potranno esservi tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni». Grazie Violante per questo lascito ancora attualissimo, forse ancora più attuale di quanto ebbe a pronunziare quelle parole.”
Invece di chiederne le dimissioni il rinnegato Violante lo copre e lo accredita in nome di una impossibile “memoria condivisa”, di una impossibile pacificazione tra fascisti e antifascisti, di una resa al neofascismo col pretesto che “bisogna sforzarsi di capire le ragioni degli altri”.
 
Il vergognoso silenzio di Mattarella e l'assoluzione della Meloni
Le polemiche, pure importanti di questi giorni, da sole non bastano intanto a coprire il vergognoso silenzio di Mattarella, sempre più eversivo e vomitevole, sulla questione, il quale come minimo avrebbe dovuto pretendere le dimissioni di Meloni e La Russa su tutti e dare a questa cloaca nera oggi al governo quello che si merita. E meno male che si spaccia come il custode della Costituzione antifascista!
Dopo un silenzio assenso durato qualche giorno, la premier neofascista ha liquidato i critici assolvendo con formula piena il suo camerata presidente del Senato: “La polemica è chiusa, l'ha risolta lui da solo”. A suo parere si sarebbe trattato di “una sgrammaticatura istituzionale”, per cui “ha chiesto scusa”.
Come indicato dal Documento del CC del PMLI fin dall'insediamento di questo governo, solo una risposta corale di piazza di tutti i coerenti e conseguenti antifascisti può spazzare via l'infame governo neofascista Meloni, il suo revisionismo storico e tutti i gerarchi del regime capitalista neofascista imperante, anche nel nome degli indimenticabili martiri del nazifascismo e nel nome della Gloriosa Resistenza.
Muovere la piazza per spazzare via il governo e buttarlo giù da sinistra è l'unico modo infatti per condurli nell'unico posto che a questi schifosi topi di fogna fascisti, mafiosi, razzisti, omofobi, antimigranti, affamatori del popolo, guerrafondai e assassini nella storia spetta di diritto: Piazzale Loreto!
Gloria eterna ai 335 martiri delle Fosse Ardeatine e ai gloriosi Partigiani che uccisero i 33 soldati tedeschi a Via Rasella!
A morte il regime capitalista neofascista!
Spazziamo via il governo neofascista Meloni!
Per il socialismo e il potere politico del proletariato!

5 aprile 2023