Nelle campagne di Latina
Braccianti ragazzi trattati come schiavi
Lavorano 10-12 ore al giorno per 4 euro l'ora

L'Agro Pontino, che si trova a sud di Roma, in provincia di Latina, è una zona con un'agricoltura altamente sviluppata, favorita dalle condizioni ambientali di un territorio fertile e dalla vicinanza della capitale, che assorbe gran parte dei suoi prodotti agricoli. Dopo aver subito una forte deindustrializzazione questa è diventata l'attività prevalente. Nelle vicinanze si trova anche il mercato ortofrutticolo all'ingrosso di Fondi, uno dei più grandi d'Europa, passato più volte alle cronache poiché più di un'indagine ha dimostrato che la sua gestione è in mano alla criminalità locale e alla camorra campana.
Ma è tutta la filiera che va dalla coltivazione, alla raccolta e alla distribuzione dei prodotti agricoli, che viene gestita nell'illegalità, con uno sfruttamento bestiale della manodopera che fanno accomunare l'Agro Pontino a Rosarno in Calabria o alle campagne pugliesi situate tra Foggia e Manfredonia, tristemente note per le baraccopoli, il capolarato e le misere condizioni in cui lavorano e vivono migliaia di braccianti, in larghissima parte extracomunitari. Nell'Agro Pontino molti provengono da Bangladesh, Pakistan e sopratutto India, tra cui è molto forte la comunità Sikh originaria del Punjab.
Tuttavia non mancano i romeni e gli italiani generalmente provenienti dal Mezzogiorno. Proprio dalle testimonianze di alcuni di loro, ultimamente è venuto alla luce un altro fenomeno assai sviluppato in questo territorio, dove le agromafie sono ben radicate e la fanno da padrone: lo sfruttamento dei braccianti minorenni trattati come schiavi. Sono ragazzi provenienti dal sub-continente indiano e hanno 14/15 anni, qualcuno arriva al massimo a 17. Non parlano italiano se non pochissime parole che il caporale indiano, su mandato di sedicenti capi della propria comunità fa imparare loro per eseguire correttamente gli ordini del padrone italiano. “Devono soprattutto capire quando arriva l’ordine di scappare perché si teme l’arrivo dei Carabinieri o di qualche controllo specifico” dichiara un testimone italiano al quotidiano “Il Manifesto”.
Sono giovanissimi figli di immigrati che già fanno i braccianti nella campagna pontina. Il padrone li recluta parlando coi caporali o con il capo indiano della comunità per pagarli appena 4 euro l’ora. Quaranta euro al giorno per svolgere un lavoro faticoso e pericoloso. Devono camminare in ginocchio per raccogliere gli ortaggi, usare coltelli affilati per tagliare cespi di insalata e sollevare cassette molto pesanti dopo averle riempite completamente. Tutto questo per 10-12 ore al giorno, con pause che in totale arrivano al massimo a quaranta minuti. I dolori alla schiena o alle ginocchia sono molto forti e qualcuno di loro per evitare di sentire la fatica fa largo uso di oppiacei. Una pratica questa che si conosce da tempo, come hanno dimostrato alcune inchieste giornalistiche risalenti al 2014 e alcune testimonianze ai molti processi in corso al Tribunale di Latina.
Grazie a questo tipo di lavoro nero e sottopagato si sfruttano due/tre lavoratori con uno stipendio che a malapena basterebbe per un singolo bracciante con un regolare contratto. Questo è il pilastro su cui si basa la tanto decantata “competitività” delle eccellenze agricole italiane, gestite in buona parte da un sistema agromafioso che, ricorda l’Eurispes, fattura ogni anno circa 24,5 miliardi di euro. Un sistema basato sul caporalato, dove le minacce e le violenze sono all'ordine del giorno. Chi alza la testa e chiede i suoi diritti, o soltanto una maggiore umanità, viene insultato, spesso picchiato senza pietà e allontanato.
Rispetto ad altre zone d'Italia non esistono grandi baraccopoli, e il forte senso di comunità fa sì che il fenomeno appaia meno eclatante e visibile, ma i numeri sono molto alti. In provincia di Latina solamente i Sikh ufficialmente sono 11mila, ma la Cgil li stima in 25mila. Negli ultimi anni in molti stanno alzando la testa e ci sono stati diversi scioperi, a cui hanno aderito migliaia di braccianti e qualcuno di loro ha pagato la partecipazione con il licenziamento, ma la consapevolezza e la lotta stanno crescendo.
Non è facile combattere i padroni perché costoro hanno fortissimi legami non solo con la criminalità organizzata, ma anche con i partiti di regime e le istituzioni e in qualche caso con alcuni sindacati. Nel 2019 per esempio, una operazione contro il caporalato ha portato all’arresto dell’allora segretario generale di FAI CISL di Latina, Marco Vaccaro, con l’accusa “di avere garantito protezione alla cooperativa Agri Amici, estorcendo l’iscrizione alla sua organizzazione ai lavoratori assunti dalla cooperativa, dietro la minaccia del licenziamento“.
Un capitolo a parte meriterebbero le collusioni tra padroni di piccole e grandi aziende agricole, la politica e gli amministratori locali, che in queste zone portano i simboli del fascismo. L'Agro Pontino è una zona in cui l'Msi, poi An e Fratelli d'Italia hanno una delle loro basi storicamente più forti, sindaci di queste formazioni fasciste hanno amministrato ininterrottamente il comune di Latina per oltre 20 anni e organizzazioni dichiaratamente fasciste e xenofobe come CasaPound e Forza Nuova hanno sedi e numerosi assessori nei vari comuni della provincia. Una città, Latina, dove i fascisti hanno protestato per il cambio di nome di un parco da “Arnaldo Mussolini” (fratello del duce) a “Falcone e Borsellino”.
Sotto l'amministrazione del sindaco Zaccheo (An) sono stati indagati alcuni assessori per le collusioni con alcuni clan criminali rom della zona, che facevano affari nella gestione di centri di accoglienza per immigrati. A Terracina la sindaca e vicesindaco arrestati per corruzione e illeciti assieme ad alcuni balneari nella gestione del litorale, coma a Sabaudia. Altre indagini e arresti in tutta la provincia per la gestione di cooperative “sociali” che in teoria dovevano offrire servizi ai migranti ma che servivano per interessi personali. Per non parlare del voto di scambio: è di dominio pubblico il fatto che molti imprenditori agricoli appoggino i politici locali di Fratelli d'Italia, ma anche la Lega ne è in parte coinvolta.
Insomma, quelli che danno la colpa di tutti i mali all'“immigrazione incontrollata”, fascisti in doppiopetto o in camicia nera che invocano legalità, ordine, severità e “tolleranza zero”, governano una provincia dove il capolarato e lo sfruttamento dei migranti e la collusione tra politica, illegalità e criminalità sono parte integrante della gestione del territorio.

12 aprile 2023