Il Primo Maggio sia l'inizio della lotta del proletariato per la conquista del potere politico e del socialismo

di Andrea Cammilli*
Il Primo Maggio rappresenta una data importante per il proletariato internazionale e italiano nella sua lotta contro lo sfruttamento e l'oppressione capitalistici, per rivendicare migliori condizioni di vita e di lavoro e per l'emancipazione sociale che si può realizzare pienamente soltanto nel socialismo. I marxisti-leninisti lo celebrano rifacendosi al suo spirito originario, al suo forte carattere di classe e anticapitalista che lo contraddistingue. Non è un caso che la borghesia e i falsi amici dei lavoratori invece evitino in tutte le maniere di ricordare le sue origini. In questo modo dovrebbero ammettere come questa ricorrenza fu istituita 134 anni fa a Parigi dal congresso dell'Internazionale che riuniva le organizzazioni operaie, sindacali e dai partiti socialisti (oggi diremmo marxisti-leninisti).
 

Le origini del Primo Maggio
Tutto nacque dalla rivendicazione delle otto ore lavorative: “Otto ore di lavoro, otto di svago, otto per dormire”, che diventò ben presto una parola d'ordine condivisa in tutto il mondo. Fu proprio durante uno sciopero che chiedeva l'orario giornaliero di 8 ore per sei giorni (allora di norma si lavorava anche il sabato), i primi di maggio del 1886 a Chicago, negli Usa, che la polizia sparò sui manifestanti uccidendone 11, a cui seguì una feroce repressione nei confronti degli organizzatori. Nel 1889 la Seconda Internazionale, che aveva tra i suoi massimi dirigenti Engels, in memoria di quei fatti proclamò il Primo Maggio Giornata internazionale dei lavoratori. Con gli anni, con lo sviluppo del movimento operaio e delle contraddizioni del capitalismo, la data si legò sempre più alla lotta contro il sistema capitalistico e per il socialismo.
Non a caso durante il fascismo la festività del Primo Maggio venne presto abolita: il 19 aprile del 1923, con un decreto-legge proposto da Benito Mussolini e approvato dal Consiglio dei Ministri. Nella Germania hitleriana fu proclamata festa nazionale ma per decretare l'asservimento dei lavoratori all'imperialismo nazista, tanto che il giorno dopo, il 2 maggio, furono sciolti tutti i sindacati. In alcuni paesi anglosassoni fu cambiata data e significato per tagliare ogni legame con l'aspirazione al socialismo. Al contrario nell'Urss di Lenin e di Stalin, nella Cina di Mao e nei paesi socialisti è sempre stata una tra le ricorrenze più importanti dell'anno, celebrato con grande partecipazione dai lavoratori e dalle masse popolari.
 

Attualità del Primo Maggio
Oggi, a tanti anni dall'istituzione della Giornata internazionale dei lavoratori, ci sono ancora tutte le ragioni per far rivivere il suo spirito originario. Lo sfruttamento capitalistico domina nel mondo nonostante sia la causa delle guerre, delle crisi economiche, delle migrazioni, dell'inquinamento, delle ingiustizie e delle disuguaglianze. Le previsioni di politici e intellettuali borghesi sulla “fine della storia”, della lotta di classe e delle ideologie, sulla scomparsa della classe operaia, sull'espansione della “democrazia” e del benessere, sull'affermazione della pace nel mondo che avrebbe posto le guerre “fuori dalla storia” si sono rivelate delle grossolane mistificazioni. Siamo ancora nell'epoca dell'imperialismo, magistralmente analizzata da Lenin un secolo fa, con una guerra in pieno svolgimento. Un'invasione, quella dell'Ucraina da parte della Russia, da condannare risolutamente, perché quella di Putin è un'aggressione a uno Stato sovrano in nome del ripristino dell'impero zarista che non può essere giustificata in alcun modo, come non lo erano quelle degli Usa e dell'Occidente in Iraq, ex-Jugoslavia e Afghanistan, o com'è quella di Israele in Palestina.
Basti guardare alle condizioni in cui versano il proletariato e i lavoratori nel mondo e nel nostro Paese per riscoprire l'esigenza di rifarsi allo spirito originario di classe e anticapitalista del Primo Maggio. Mai come negli ultimi decenni si era visto un peggioramento di queste proporzioni. La stessa storica rivendicazione delle otto ore di lavoro in certi settori (vedi il tessile, la logistica o in agricoltura) sono ancora un miraggio: 12 ore al giorno compresi i festivi e i minori ridotti in schiavitù. La flessibilità, la deregolamentazione del mercato del lavoro, lo sfruttamento dei giovani attraverso gli stage e l'alternanza scuola lavoro, i contratti “pirata” e la giungla di pseudo rapporti di lavoro a progetto, a chiamata, part-time, una precarità dilagante che ha reso il lavoro sempre più povero, scadente e instabile. Un peggioramento a cui hanno contribuito tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi decenni, indipendentemente dal fatto che rappresentassero la destra o la “sinistra” borghese. Sulla stessa strada si procede speditamente adesso che il fascismo è tornato al potere, dopo aver compiuto una nuova marcia su Roma parlamentare ed elettorale, nella nuova forma e con le nuove insegne del neofascismo capeggiato da Giorgia Meloni.
 

Il governo neofascista Meloni
Questo governo spinge ancora più avanti la fascistizzazione del nostro Paese su tutti i piani. Certamente su quello ideologico e culturale. Ministri come Valditara che invece di condannare le aggressioni fasciste minaccia i presidi antifascisti, mette all'indice i docenti che fanno vedere film che criticano il Ventennio, vuole militarizzare la scuola riesumando il vecchio motto fascista “libretto e moschetto fascista perfetto”. Oppure l'ex direttore di Rai 2 Sangiuliano, che sta trasformando il ministero della Cultura nel Minculpop di mussoliniana memoria, riesumando figure culturali del fascismo nel tentativo di dare spessore intellettuale alla destra neofascista. La guerra ai migranti, fatti annegare come a Cutro, per non parlare del presidente del Senato, il camerata Ignazio Benito La Russa, e della stessa Meloni, che esaltano il Msi di Almirante, attaccano la Resistenza, sminuiscono le atrocità del nazismo e rivalutano il fascismo, mentre il ministro e camerata di partito della Meloni, Lollobrigida, è arrivato a invocare la purezza della razza contro “la sostituzione etnica” allo stesso modo di Hitler e Mussolini.
Ma anche sul fronte economico sarebbe riduttivo non coglierne i tratti naofascisti. Pur dovendo tenere di conto delle regole dettate dall'Unione Europea e dell'Occidente, il governo non rinuncia a portare avanti i suoi specifici obiettivi: fa la guerra ai poveri col taglio del Reddito di cittadinanza, con la reintroduzione dei voucher, insiste su un sistema fiscale che favorisce gli evasori e i ricchi, con l'incremento della flat tax per autonomi e professionisti, la dozzina di condoni e agevolazioni fiscali per evasori, speculatori finanziari e società calcistiche, il taglio dell'indicizzazione alle pensioni medio-basse, i tagli di fatto anziché gli aiuti promessi alla sanità e alla scuola, il via libera al faraonico ponte di Messina, e così via. Del resto, subito dopo il suo insediamento, la Meloni dichiarò: “il nostro motto sarà: non disturbare chi vuole fare”, cioè le aziende capitalistiche e gli sfruttatori. Il nuovo codice degli appalti, che con la sua liberalizzazione favorisce la corruzione, il riciclaggio e le infiltrazioni mafiose, rientra pienamente in quella filosofia.
 

Sindacati e “opposizione” inconcludenti
Una situazione politica e sociale che richiederebbe una grande mobilitazione e che invece in Italia vede i maggiori sindacati complici e inermi di fronte all'arroganza padronale e governativa, per non parlare dell'”opposizione” parlamentare. Oltre alla Cisl, da sempre capofila dei sindacati cogestionari e collaborazionisti, anche Cgil e Uil non muovono un dito ma ricercano ostinatamente la concertazione e la legittimazione istituzionale da parte del governo neofascista della Meloni, vergognosamente invitata a parlare all'ultimo congresso nazionale della Cgil. Congresso che ha confermato un sindacato appiattito sulla linea riformista e pacifista di papa Bergoglio, più impegnato a ricercare l'unità della sinistra borghese per avere una sponda politica, che a difendere gi interessi dei lavoratori.
La distanza siderale esistente tra i dirigenti di Cgil-Cisl-Uil e le reali esigenze dei lavoratori è palesemente evidenziata da quanto avviene nel resto d'Europa. Mentre in Paesi come Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna, Portogallo, Grecia, assistiamo a grandi mobilitazioni e scioperi con al centro i salari, le pensioni e la sanità, in Italia i sindacati confederali hanno indetto nel mese di maggio delle iniziative interregionali di sabato, mentre il Primo Maggio di quest'anno sarà dedicato alla celebrazione del 75° anniversario dell'entrata in vigore della Costituzione del 1948, oramai diventata carta straccia e piegata alle esigenze del presidenzialismo, del federalismo e del nuovo regime neofascista che ha oramai mandato in soffitta la repubblica democratico-borghese conquistata dopo la Resistenza.
Diventa obbligatorio cambiare pagina e superare questa situazione che vede da una parte Cgil-Cisl-Uil oramai compromessi fino al collo con il governo, le istituzioni borghesi e il padronato. Una complicità che ha favorito l'impoverimento dei lavoratori e delle masse popolari italiane che in pochi anni hanno visto erosi i salari e le pensioni, con le famiglie che negli ultimi tre mesi hanno perso il 3,7% del potere d'acquisto. Se l'Italia è l'unico Paese in cui i salari negli ultimi 30 anni sono diminuiti del 3%, subendo una caduta di -10% nell'ultima decade e di ben -6% soltanto nell'ultimo anno a causa dell'impennata dell'inflazione, ciò è dovuto anche all'accettazione da parte sindacale della cosiddetta “moderazione salariale”. Dall'altra abbiamo la miriade di sigle del sindacalismo di base che, nonostante alcuni sforzi negli ultimi anni, non sono riuscite a superare la frammentazione e a creare una valida e credibile alternativa. Rilanciamo perciò la nostra proposta strategica di un sindacato unico di tutte le lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, sganciato dalle compatibilità capitalistiche e dalla concertazione, basato sulla democrazia diretta e sul protagonismo dei lavoratori. Un progetto che inevitabilmente richiede lo scioglimento di tutti gli attuali sindacati, confederali e di base.
 

La questione del potere politico
La sola lotta economica e sindacale, per quanto indispensabile, rimane tuttavia parziale e non risolutiva se non si mette in discussione il sistema capitalistico. Come ci dimostrano le esperienze, internazionali e nazionali, le conquiste dei lavoratori e delle masse popolari, per quanto importanti, possono essere rapidamente riassorbite se il potere politico rimane in mano alla borghesia. Come ha sottolineato il Segretario generale e Maestro del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, nel suo editoriale in occasione del 46° anniversario della fondazione del nostro partito: “C'è una questione molto importante, fondamentale, che è completamente assente nel dibattito politico. È la questione del potere politico, la madre di tutte le questioni. I partiti del vigente regime capitalista neofascista non hanno alcun interesse a parlarne perché a costoro sta bene che al potere ci sia la borghesia. L'unico partito che ha interesse a parlarne è il PMLI, il cui compito generale è quello di guidare il proletariato, la classe delle operaie e degli operai, alla conquista del potere politico”. “Attualmente il proletariato si batte per il lavoro, il salario, la parità salariale, l'orario e la settimana di lavoro, la pensione, la sanità, l'istruzione, il fisco, le bollette, l'ambiente, il clima e su tanti altri fronti di lotta, tra i quali l'antifascismo, ma su un piano riformista, elettorale e costituzionale, senza mettere in discussione il potere della borghesia e il suo sistema economico capitalista”.
Scuderi ribadisce come il proletariato, che produce tutta la ricchezza del Paese, ha il diritto di avere il potere politico. “Un diritto che deve rivendicare con forza e determinazione e imporlo con la rivoluzione socialista, quando matureranno le condizioni, perché non gli è riconosciuto dalla Costituzione e perché non è possibile ottenerlo per via parlamentare”.
Per fare questo occorre che il proletariato abbia coscienza di essere, oltre che una classe in sé, una classe per sé, con il compito di spodestare la borghesia come classe dominante, abbattere il capitalismo e instaurare il socialismo. Una consapevolezza che nell'Ottocento, sotto l'influenza di Marx ed Engels, e ancor di più nel Novecento sotto quella di Lenin, era stata acquisita. Pian piano però è stata persa, a causa principalmente della nefasta opera dei revisionisti. In Italia (dopo l'altrettanto dannosa direzione dogmatica di Bordiga) “grazie” a Gramsci, Togliatti, Berlinguer e Occhetto, fino alla liquidazione del PCI. Se ci si affida al riformismo e alla socialdemocrazia, all'operaismo e all'anarco-sindacalismo non si arriverà mai al socialismo. Il proletariato deve riappropriarsi della sua cultura, il marxismo-leninismo-pensiero di Mao che, come ci ha dimostrato la storia nel movimento operaio e comunista internazionale, è l'unica alternativa vincente al capitalismo.
 

Lottare per il socialismo
Nell'immediato dobbiamo lottare risolutamente contro il governo neofascista della Meloni per abbatterlo. Dobbiamo sviluppare un fronte il più ampio possibile, composto dalle forze anticapitaliste, a cominciare da quelle con la bandiera rossa, dalle forze riformiste e dai partiti parlamentari di opposizione. Senza settarismi, pregiudizi ed esclusioni. Deve contare solo l'opposizione a questo governo e alle sue misure e obiettivi: dalla flat tax ai condoni, dall'aumento delle spese militari al presidenzialismo. A livello sindacale occorre proclamare subito lo sciopero generale nazionale con manifestazione a Roma per l'occupazione, per l'adeguamento dei salari all'inflazione, per l'abolizione delle controriforme antioperaie e antipopolari, dalle pensioni alla liberalizzazione e precarietà del lavoro, dalla Fornero al Jobs Act.
Allo stesso tempo dobbiamo far sì che il Primo Maggio sia l'inizio della lotta del proletariato per la conquista del potere politico e del socialismo. Il PMLI, con il suo documento del 25 ottobre scorso, ha rilanciato la necessità di aprire una discussione pubblica e privata fra tutte le forze anticapitaliste e antifasciste per elaborare un progetto comune per il futuro socialista dell'Italia. Per quanto ci riguarda il socialismo è da sempre il nostro obiettivo strategico e auspichiamo che lo diventi anche per il proletariato. I partiti che hanno nel loro programma l'obiettivo concreto del socialismo devono lavorare per trovare al più presto il modo di costituire il nucleo centrale rivoluzionario marxista-leninista del fronte unito anticapitalista e antifascista. E più in generale per creare in Italia le condizioni soggettive per la rivoluzione proletaria e la conquista del socialismo e del potere politico del proletariato.
Il proletariato deve ritornare a riflettere sulla sua missione storica e riflettere su queste illuminanti parole di Lenin: “Durante tutta la sua vita Marx combattè soprattutto le illusioni della democrazia piccolo-borghese e del democratismo borghese. Egli derideva soprattutto le frasi vuote sulla libertà e sull’eguaglianza, quando dietro di esse non si nasconde altro che la libertà degli operai di morir di fame o l’eguaglianza tra l’uomo che vende la sua forza-lavoro e il borghese che sul mercato cosiddetto libero compra liberamente questa forza-lavoro, ecc., cosa che Marx spiegò in tutti i suoi scritti economici. Si può dire che tutto il Capitale di Marx è consacrato all’illustrazione di questa verità, che le forze fondamentali della società capitalistica sono e possono essere soltanto la borghesia e il proletariato: la borghesia come costruttore di questa società capitalistica, come suo dirigente, come sua forza motrice; il proletariato come suo becchino, come unica forza capace di sostituirla. (...)
Soltanto la dittatura di una classe - del proletariato - può decidere la lotta contro la borghesia per il dominio. Soltanto la dittatura del proletariato può vincere la borghesia. Soltanto il proletariato può rovesciare la borghesia. Soltanto il proletariato può condurre dietro a sé le masse, contro la borghesia.”
Viva il Primo Maggio!
Viva la classe operaia e i lavoratori!
Il Primo Maggio sia l'inizio della lotta del proletariato per la conquista del potere politico e del socialismo!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
 
* Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

26 aprile 2023