Il governo neofascista Meloni vota la mozione "antifascista" sulle date fondative della Repubblica
M5S e Terzo polo si astengono sulla mozione dei neofascisti che voleva inserire date di destra e la condanna del comunismo. Incredibilmente i neofascisti si riconoscono nella Costituzione
No alla riconciliazione tra fascisti e antifascisti

 
La riscrittura revisionista della storia passa anche dalle date da celebrare da parte delle istituzioni borghesi. È così che nella 59esima seduta pubblica del Senato di giovedì 20 aprile, sono state discusse e votate 2 mozioni che avevano ad oggetto di fatto la data del 25 Aprile, anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo, e delle altre cosiddette “date fondative della Repubblica”.
 

Il debole documento delle opposizioni
La prima mozione è stata presentata unitariamente dai gruppi di opposizione, dal PD, IV ai 5 Stelle, e richiamava in avvio il discorso di apertura dell'attuale legislatura della senatrice Liliana Segre (articolo de “Il Bolscevico” a questo link http://www.pmli.it/articoli/2022/20221019_38kz_LaRussaSenato.html), impegnando il Senato “ad adottare le iniziative necessarie affinché le commemorazioni delle date fondative della nostra storia antifascista si svolgano nel rispetto della verità storica condivisa e possano, solo così, essere terreno fertile per il mantenimento e la costruzione di un'identità collettiva e del senso di appartenenza a una comunità”. Il riferimento, in un chiaro quadro di pacificazione e di auspicio alla “memoria condivisa” come riportato più avanti nel testo, era alle date del 25 Aprile, Primo Maggio, e 2 giugno.
La mozione, che nei fatti non torceva un capello al revisionismo di destra lasciando inalterate le cose, è stata votata all'unanimità dal Senato con un solo astenuto. Un testo blando che consentiva dunque alle destre di vantare la propria disponibilità ad avallare un documento “bipartisan” che fra l'altro non chiedeva neanche la misura più urgente e improcrastinabile, proprio nel rispetto della Costituzione e della legge, ossia mettere fuori legge i gruppi fascisti e nazisti.
Il governo neofascista Meloni aveva ben altro in mente alla luce di una data così significativa, e non si è fatto certo sfuggire l'occasione per screditare ancora una volta l'antifascismo e la Resistenza e attaccare il comunismo, suo nemico mortale. Malan, Romeo, Ronzulli, Biancofiore e Speranzon in rappresentanza di tutti i partiti del “centro-destra”, hanno presentato infatti una seconda mozione che affonda il colpo e neutralizza nei fatti il documento delle opposizioni votato da tutti.
 

L'attacco al comunismo e il rilancio del nazionalismo fascista
Il documento inizia col riferimento al discorso di Mattarella “agli italiani” pronunciato il 31 dicembre 2021 che ricordò come sia “la Costituzione il fondamento, saldo e vigoroso, della unità nazionale. Lo sono i suoi principi e i suoi valori che vanno vissuti dagli attori politici e sociali e da tutti i cittadini”. Una affermazione che stupisce i più, ma non noi poiché sappiamo bene che se da un lato l'affermazione è strumentale e volta a dare alla mozione un tono super partes, dall'altro è un fatto che questo governo neofascista si è insediato e ha giurato proprio su di essa.
Questo approccio del governo dimostra ancora una volta che la Costituzione borghese non rappresenta un argine al fascismo, poiché modificata e stravolta da riforme di destra che l'hanno ridotta semplicemente a un orpello ad uso e consumo dei politicanti borghesi che se la litigano su questo o quell'argomento secondo i propri interessi.
Dopo aver ricordato i fatti del 1973 a Primavalle con l'auspicio che “mai abbia a ripetersi una simile stagione”, il documento va al sodo e si riconosce nella risoluzione anticomunista del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 (articolo al link http://www.pmli.it/articoli/2019/20191002_35d_risoluzioneue.html) “sull'importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa e in particolare alla posizione unanime in essa espressa contro ogni potere totalitario, a prescindere da qualunque ideologia”, e segnatamente contro il nazismo, il fascismo e il comunismo, col chiaro intento di normalizzare questa assurda e mostruosa “parificazione” anche nel nostro Paese.
Il secondo gravissimo attacco è sulle date che “ricordano momenti fondamentali della storia dell’Italia unita, libera e democratica”; infatti al 25 Aprile, Primo Maggio (chiamato fra l'altro “festa del lavoro” e non “giornata internazionale dei lavoratori), e 2 giugno, la destra italiana aggiunge oltre alla Shoah già ampiamente celebrata, altre date dall'innegabile contenuto militarista, nazionalista, fascista e anticomunista quali il 17 marzo (proclamazione del Regno d’Italia) il 4 novembre, (festa dell’unità nazionale e delle forze armate), e il 10 febbraio, giorno del ricordo “in memoria dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano dalmata”.
Ma la destra italiana di governo in termini di anticomunismo non è ancora paga, ed ecco apparire altre date come il 18 aprile, quando la Democrazia Cristiana di De Gasperi sconfisse alle urne il Fronte democratico popolare, una federazione di partiti di sinistra rappresentata dal partito comunista revisionista e da quello socialista, che secondo i promotori rappresentò il momento in cui “gli elettori italiani collocarono la nostra nazione nel mondo libero e democratico”, e infine il 9 novembre “giorno della libertà”, quale ricorrenza dell'abbattimento del muro di Berlino.
Nell'appello finale si parla ovviamente di auspicio per un rafforzamento “dei sentimenti di unità nazionale, di inclusione, di perseguimento del bene comune e, ove necessario, di riconciliazione”.
 

Uno squallido dibattito sulle due mozioni
La mozione del “centro-destra” è stata approvata con 78 voti favorevoli (FdI, FI, Lega, centristi e Dafne Musolino delle Autonomie) e 29 contrari (Pd e gruppo Misto). Scandalosa, a fronte di un attacco così grave, l'astensione dei 25 deputati di Azione-Italia viva, e del Movimento 5 Stelle che conferma di essere ben lontano dai valori dell'antifascismo. Peraltro si è astenuto anche Pietro Patton delle Autonomie.
Nel surreale dibattito seguito al voto è emerso che le opposizioni non hanno votato la mozione della destra perché è assente la parola “antifascismo”, che rappresenta ovviamente un fatto grave in assoluto, ma che in una critica più ampia non è altro che solo una delle tante ragioni per respingere questa mozione.
D'altra parte cosa aspettarsi di più da partiti che hanno votato la stessa risoluzione europea anticomunista nel 2019 e che oggi continuano a esprimersi, per bocca del senatore Pd Walter Verini: “Non abbiamo imbarazzo alcuno a ribadire giudizi inequivocabili su tragedie del Novecento. I lager sovietici, i massacri staliniani. Abbiamo ogni anno reso omaggio alle persone massacrate nelle foibe. Ma nel nostro Paese c’è stato un regime fascista. E i comunisti italiani si sono battuti per la libertà.”
D'altro canto è Malan, al pari di La Russa e firmatario della mozione di destra, che controbatte affermando provocatoriamente: “Voi ci rimproverate perché nella nostra mozione non c'è la parola antifascismo, ma quella parola non c'è neanche nella Costituzione”.
Peppe De Cristofaro di Alleanza Verdi-Sinistra ricordato i fatti di via Rasella in aula con queste parole: “Furono solo i partigiani a riscattare l’onore e la dignità di tutto il paese. Ed è solo con questa solida consapevolezza alle spalle che possiamo incamminarci sul percorso che ci ha indicato la senatrice Segre”. Quindi solo per invocare la riconciliazione e la memoria condivisa, esattamente come va ripetendo il rinnegato Violante.
 

La Russa, l'anticomunismo e la riabilitazione del fascismo
Mentre il camerata Ignazio Benito La Russa e questo governo neofascista continuano a battere sulla parificazione e il superamento di ogni divisione tra fascisti e antifascisti, l'opposizione parlamentare si guarda bene dall'attaccarlo e dal chiederne le dimissioni. L'unico che ne chiede le dimissioni è Adelmo Cervi, scrittore e figlio di Aldo, uno dei sette fratelli Cervi fucilati dai fascisti nel 1943 che ha dichiarato in estrema sintesi: “La Russa deve andarsene”.
Il fondatore di Fratelli d'Italia ha già annunciato che per “mettere d’accordo tutti” come lui stesso ha detto, celebrerà il 25 Aprile non solo rendendo omaggio all’Altare della Patria, ma anche volando a Praga per visitare il campo di concentramento nazista di Theresienstadt e per deporre una corona al monumento di Jan Palach, con l’intenzione di “stigmatizzare in un colpo solo i due totalitarismi del '900”. Eppure anche stavolta è chiaro come il sole che si tratta dell'ennesimo sporco e vigliacco tentativo sia di sfilare il fascismo dalle atrocità naziste, e allo stesso tempo screditare il comunismo, identificato nell'aggressione alla Cecoslovacchia dell'URSS socialimperialista, distante anni luce dal socialismo di Lenin e Stalin.
In questo vomitevole circolo di dichiarazioni, arriva anche la stoccata ultranazionalista del Ministro degli Esteri Tajani (famigerato il suo discorso del 10 febbraio quando inneggiò all’“Istria italiana”) che ha esclamato: “gli eroi della libertà sono di tutti gli italiani”.
In questa polemica si è scomodato addirittura l'ex segretario di Alleanza Nazionale ed autore della strumentale “svolta di Fiuggi” che ha sdoganato definitivamente i neofascisti nelle istituzioni borghesi, Gianfranco Fini.
Su la La7 alla trasmissione “L’aria che tira”, Fini ha furbescamente affermato che “I valori dell’antifascismo sono alla base della nostra convivenza. Ricordo le parole di Luciano Violante: Il 25 Aprile è la festa di tutti a due condizioni, che la destra si riconosca come antifascista e che la sinistra non presuma di avere la paternità della Resistenza”. Una coppia di alleati speciali, artefici ciascuno con finalità e ruoli diversi, dell'instaurazione e avanzata del regime neofascista capitalista. Con ciò Fini rende omaggio a Violante che allora come oggi continua nell'opera di accreditamento della Meloni e del suo governo neofascista definendolo semplicemente un governo conservatore.
 

Consolidare un largo fronte unito antifascista
Di fronte a un attacco di questa portata non sono certo sufficienti mozioncine accomodanti come quella presentata dalle opposizioni parlamentari per contrastare con forza gli innumerevoli tentativi del governo di riabilitare il fascismo in ogni campo, esaltare il più bieco nazionalismo, delegittimare la Resistenza e attaccare il comunismo. Un sempre più grande fronte unito antifascista deve opporsi alla celebrazione delle giornate proposte dalla mozione della destra di governo in ogni luogo esse abbiano espressione, rilanciando la centralità del 25 Aprile e del Primo Maggio.
Come si legge nell'editoriale sul 25 Aprile dal titolo “Liberiamoci del governo neofascista Meloni, per il socialismo e il potere politico del proletariato”: “È bene pertanto che i neofascisti siano tenuti fuori dalle manifestazioni del 25 Aprile, che è e deve restare per sempre una festa antifascista. Non ci può essere una “pacificazione nazionale”, una “memoria condivisa” tra antifascisti e fascisti, tra chi combatté dalla parte dei boia nazifascisti oppressori e chi impugnò le armi per resistere a quell'oppressione. Al contrario, bisogna chiedere lo scioglimento immediato di tutti i gruppi e organizzazioni neofasciste e neonaziste e la chiusura di tutti i loro covi, in attuazione della XII Disposizione transitoria e finale della Costituzione che vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista, e ai sensi delle leggi Scelba e Mancino. E bisogna unire tutte le masse antifasciste, anticapitaliste, e progressiste, e anche le forze riformiste e dei partiti parlamentari in un fronte unito di lotta più ampio possibile, senza settarismo, pregiudizi ed esclusioni, per abbattere il governo neofascista Meloni prima che faccia altri gravi danni alle masse e rimetta la camicia nera all'Italia.
Allo stesso tempo occorre comprendere che il fascismo è figlio del capitalismo, e che per estirparlo per sempre è necessario abbattere il sistema capitalista e sostituirlo col socialismo e il potere politico del proletariato, che erano anche l'aspirazione delle partigiane e dei partigiani comunisti, anche se nelle condizioni di allora quella lotta non poteva andare oltre la liberazione dal nazi-fascismo e la conquista delle libertà democratico-borghesi. Oggi però possiamo e dobbiamo far rivivere quell'aspirazione, ponendo il problema del socialismo e del potere politico del proletariato, senza i quali non si può cambiare veramente l'Italia.
Come ha indicato il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, nell'editoriale su “Il Bolscevico” per il 46° Anniversario della fondazione del PMLI: “Le operaie e gli operai anticapitalisti coscienti e informati prendano in carico senza indugio questa questione e la pongano all'interno dei luoghi di lavoro, dei loro sindacati, partiti e movimenti. E i partiti con la bandiera rossa aprano una grande discussione pubblica e privata per elaborare un progetto comune sul socialismo con il proletariato al potere”.

26 aprile 2023