Droni sul Cremlino
Zelensky: “Noi combattiamo sul nostro territorio. Non attacchiamo Putin o Mosca”
Medvedev: “Dobbiamo eliminare fisicamente Zelensky e la sua cricca”

“La notte scorsa il regime di Kiev ha tentato di colpire la residenza del Cremlino del presidente della Federazione russa con velivoli senza pilota”. Questo il comunicato con cui le autorità russe hanno dato la notizia che nella notte tra il 2 e il 3 maggio, due droni avrebbero cercato di colpire la residenza di Putin all'interno del Cremlino. Secondo i media locali i droni sarebbero stati “disabilitati e resi innocui prima di essere colpiti” grazie ai sistemi elettronici dei servizi militari e speciali. Sono stati diffusi anche due video che mostrerebbero, in sequenza, prima uno dei due piccoli oggetti volanti vicino ad una delle cupole del palazzo e il bagliore di un'esplosione, poi l'altro, ripreso a distanza maggiore, bruciare sotto la bandiera russa issata su un pennone della cupola stessa.
Il comunicato del Cremlino faceva sapere di considerare “l’attentato del regime di Kiev un atto terroristico pianificato e un attentato alla vita del presidente della Federazione russa alla vigilia del Giorno della vittoria”, la festa del 9 maggio che si celebra in tutto il paese e con una grande parata militare a Mosca per ricordare la vittoria dell’Armata rossa contro le forze naziste; la stessa che Putin utilizza, sporcandone la memoria gloriosa, a sostegno della sua guerra di aggressione imperialista contro l'Ucraina. Il portavoce di Putin, Dimitrij Peskov, ha precisato che il presidente non si trovava nel palazzo al momento dell'attacco, bensì “al lavoro nella sua residenza di Novo Ogarevo”, vicino a Mosca. Ma la nota governativa minacciava rappresaglie, ossia che in ogni caso le autorità russe si riservano “il diritto di mettere in atto misure di ritorsione contro i mandanti dell’attentato in qualunque momento e in qualunque luogo sarà ritenuto necessario”.
 

Le accuse russe e la smentita di Zelensky
Al minaccioso comunicato ufficiale facevano seguito dichiarazioni ancor più minacciose e isteriche da parte di diversi pretoriani del nuovo zar, tra cui il più bellicoso di tutti era come al solito l'ex presidente della Federazione e attuale vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitri Medvedev, che sul suo canale Telegram così tuonava: “Dopo l’attacco terroristico di oggi non rimangono altre opzioni se non l’eliminazione fisica di Zelensky e della sua cricca. Non è nemmeno necessario firmare l'atto di resa incondizionata. Anche Hitler, come sapete, non l'ha firmato”. Il sindaco di Mosca, Serghei Sobyanin ha annunciato il divieto per motivi di sicurezza di lanciare droni entro i confini della città. Nei giorni precedenti erano state parecchio rinforzate le difese aeree intorno alla capitale e agli edifici pubblici principali, tra cui lo stesso Cremlino. Ad aumentare il clima di allarme per altri possibili attentati è stata data notizia della cancellazione dei festeggiamenti per il 9 maggio in parecchie città della Federazione, in particolare delle fasce europee più vicine ai confini con l'Ucraina.
Nelle ore successive le reazioni russe sono salite ancora di tono allargandosi anche agli Stati Uniti, accusati da Peskov di essere mandanti e complici del presunto attentato, malgrado che la portavoce della Casa Bianca, Karine Jeanne-Pierre , avesse subito smentito ogni coinvolgimento dichiarando che “gli Stati uniti sin dall’inizio non hanno incoraggiato o messo l’Ucraina in condizione di colpire al di là dei propri confini”.
Anche il governo ucraino ha smentito recisamente le accuse russe di essere dietro il presunto attentato a Putin. Lo stesso presidente Zelensky, parlando da Helsinki dove partecipava ad un vertice con la Finlandia dopo l'adesione di questo paese alla Nato, ha dichiarato ai media: “Non stiamo attaccando né Putin né Mosca. Stiamo combattendo sul nostro territorio, difendendo i nostri villaggi e le nostre città”. La verità, ha spiegato il presidente ucraino facendo intendere che siamo in presenza di una messinscena del Cremlino, è che Putin “non può più motivare la sua società e limitarsi a mandare i militari a morire. Non può più motivare il suo Stato. Non ha vittorie sul campo di battaglia. Il secondo esercito del mondo ha perso. Non sono in grado di occupare l'Ucraina. Sono stati respinti da noi. Ora deve in qualche modo motivare questo popolo ad andare avanti”. E perciò “ora ha bisogno di fare qualcosa di drastico - tentativi di assassinio, droni, alcune oche che li bombardano... Cioè, ogni giorno si inventeranno qualche passo”. “invece di inventare nuove provocazioni, le autorità russe potrebbero semplicemente ritirare le proprie truppe dal territorio ucraino e superare così la difficile situazione... lasciare il nostro territorio sarebbe una soluzione. È molto più facile che usare varie informazioni o qualsiasi altra manipolazione", ha concluso ironicamente Zelensky.
 

Il danno al prestigio di Putin e lo spettro della controffensiva
Sulla tesi del falso attentato per giustificare nuovi massacri e compattare la popolazione a sostegno della guerra di Putin insistevano anche altre autorità ucraine, tra cui il portavoce di Zelensky, Podoliak, e l'istituto ucraino per lo Studio della Guerra (ISW), sottolineando il ritardo di 12 ore tra il presunto attentato e la diffusione del comunicato, e l' estrema improbabilità “che due droni abbiano potuto penetrare più strati di difesa aerea e farsi esplodere o essere abbattuti proprio sopra il cuore del Cremlino in un modo che ha fornito immagini spettacolari riprese dalle telecamere”. Podoliak ha dichiarato anche che l'Ucraina “non attacca obiettivi sul territorio della Federazione russa”, perché sarebbero inutili sul piano militare e fornirebbero solo pretesti a Mosca. “I droni sulle strutture energetiche o sul Cremlino possono solo indicare le attività di guerriglia delle forze di resistenza locali”, ha aggiunto il consigliere presidenziale.
Il suo riferimento era forse agli altri attacchi che nella stessa giornata del 3 maggio si sono verificati in territorio russo, dove un'altra raffineria è stata incendiata da un drone nel porto di Novorossiysk, e un incendio è scoppiato in una base militare russa a Novgorod, mentre nei giorni precedenti erano stati segnalati sabotaggi a treni militari e altri droni in volo sul territorio russo, tra cui uno caduto nei pressi di Mosca. Per altre fonti, come per esempio Dmitry Kutznets, esperto militare e redattore della testata indipendente russa Meduza con sede a Riga in Lettonia, l'attacco con piccoli droni al Cremlino dimostrerebbe la capacità dei servizi ucraini di conoscere e penetrare le difese aeree russe, e avrebbe avuto uno scopo “puramente simbolico, volto a dimostrare come L'Ucraina può colpire il Cremlino e danneggiare così la reputazione del governo e dell'esercito russo”.
Certo è che il prestigio del nuovo zar ne esce pesantemente ammaccato, e se si tratta di una sua messinscena si tratta anche di un autogol, col quale egli paga con un serio danno di immagine il pretesto che essa gli dà per intensificare i massacri nel vano tentativo di arginare la tempesta che sta per arrivare sull'esercito invasore con la controffensiva ucraina in preparazione.
 

Diluvio di fuoco sull'Ucraina come rappresaglia
Comunque sia nella notte del 3 maggio la Russia sferrava per rappresaglia pesanti e indiscriminati bombardamenti su Kiev, Odessa e altre città e regioni dell'Ucraina, tra cui Chernihiv, Sumy, Poltava, Kharkiv, Zaporizhzhia, Dnipropetrovsk e in alcune aree della regione di Kirovigrad che colpivano soprattutto obiettivi civili. Esattamente come facevano i nazisti davanti alle azioni partigiane come quella di via Rasella. Lo Stato maggiore ha reso noto che nelle 24 ore sono stati lanciati 68 attacchi aerei, 67 attacchi con lanciarazzi multipli e due missili, prendendo di mira le regioni settentrionali, centrali e meridionali dell'Ucraina. Mosca ha fatto sapere che gli attacchi sferrati il 3 maggio non erano in risposta al presunto attacco al Cremlino, ma le scritte “per Mosca” e “per il Cremlino” ritrovate sulle code di due droni russi e mostrate sul Facebook del Comando operativo Sud delle forze armate ucraine apparivano eloquenti al riguardo.
Secondo il capo dell'amministrazione militare della capitale, Sergiy Popko, si è trattato dell'attacco russo “più intenso del 2023”. Cinque giorni dopo però questo triste primato è stato superato da un bombardamento ancor più massiccio condotto dai russi, un vero diluvio di fuoco di missili e ben 35 droni, tutti abbattuti dalla contraerea, che si è scatenato sulla capitale e su altre città tra cui Odessa, dove è stato colpito anche un deposito di aiuti umanitari della Croce rossa. Il ministero della Difesa ucraino ha accusato le forze russe di aver bombardato dieci regioni e colpito 139 infrastrutture, causando 3 morti e 28 feriti tra i civili. Un attacco terroristico con cui Putin ha inteso marcare col sangue la vigilia della festa del 9 maggio
Ad aumentare il clima di isterismo al vertice del Cremlino è arrivato anche l'attentato allo scrittore filoputiniano Zakhar Prilepin, veterano della guerra in Cecenia e che ha combattuto anche nel Donbass, ex membro del Partito nazionale bolscevico (poi messo fuori legge) e attualmente membro del partito nazionalista Russia giusta. L'auto di Prilepin è saltata in aria per una bomba azionata a distanza piazzata lungo la strada che stava percorrendo nei pressi di Novgorod, uccidendo il suo autista e ferendo lo scrittore. I russi hanno subito attribuito una “responsabilità diretta” dell'attentato ai servizi ucraini e a Washinton: “È ovvio che si tratta di un altro atto terroristico organizzato e realizzato dal regime di Kiev, dietro il quale ci sono i suoi curatori occidentali, principalmente gli Stati Uniti”, si legge in una nota diffusa dal ministero degli Esteri di Mosca.
Secondo la Novaya Gazieta l’attentato è stato rivendicato dal movimento del gruppo Atesh, movimento di partigiani della Crimea che riunisce ucraini, tatari e russi, un gruppo nato nel settembre dello scorso anno e già salito alla ribalta delle cronache per diversi episodi di sabotaggio, tra cui il deragliamento di treni di rifornimenti alle truppe russe. I servizi ucraini non hanno ammesso né smentito un loro coinvolgimento nell'attentato, così come in quello che ha ucciso il mese scorso il blogger Vladlen Tatarsky, vicino al capo della brigata mercenaria Wagner, Prigozhin. Ma hanno ribadito, per bocca del loro capo Kirill Budanov, che combatteranno gli invasori russi fino alla vittoria: “Tutto quello che commenterò è che abbiamo ucciso russi e uccideremo russi in qualsiasi parte del mondo fino alla completa vittoria dell'Ucraina”, ha dichiarato all'agenzia Unian .
 

Segnali allarmanti per il nuovo zar
Anche la sceneggiata via video fatto dal macellaio Prigozhin contro i vertici dell'esercito e del Cremlino, pur senza nominare direttamente Putin, che non gli manderebbero le munizioni lasciando morire i suoi uomini mentre se ne “stanno nei loro uffici rivestiti di mogano”, tradisce il nervosismo e il panico che stanno crescendo tra i gerarchi del nuovo Zar nell'aspettativa dell'imminente controffensiva ucraina. Nel video Prigozhin minacciava addirittura di ritirarsi da Bakhmut se non gli inviavano al più presto le munizioni richieste, ma tale richiesta nasconderebbe la ben più grave realtà che ha finito gli uomini da mettere in campo dopo le ingenti perdite subite per tentare di conquistare la città. E in un intervento successivo ha minacciato l'establishment russo di pubblicare un video in cui racconterà “la verità sulla deplorevole situazione al fronte” proprio il 9 maggio, se si continuerà ad ignorare le sue richieste.
Un'altra cattiva notizia per Putin è quella della risoluzione dell'ONU per auspicare una maggiore collaborazione tra le Nazioni Unite e il Consiglio d'Europa, in cui c'è un paragrafo con un riferimento esplicito alla “aggressione della Federazione russa contro l'Ucraina”, e che stavolta è stata firmata anche da Cina ed India. Anche se la Cina, che finora si era sempre astenuta su tutte le risoluzioni che nominavano espressamente l'aggressione russa come causa del conflitto in Ucraina, tramite dichiarazioni della Missione cinese al Palazzo di Vetro si è affrettata a rassicurare il suo “partner strategico” del Cremlino, precisando che il suo consenso era all'intero testo ma non su quel paragrafo specifico; e che “la posizione della Cina sulla questione ucraina non è cambiata e la posizione di voto non ha nulla a che fare con la telefonata tra i due capi di Stato”, con riferimento al precedente colloquio telefonico tra Xi Jimping e Zelensky. Ma resta comunque il fatto che l'episodio avrà suonato un campanello d'allarme alle orecchie di Putin.
 

Le falsificazioni di Putin e la risposta di Zelensky
Nel discorso tenuto alla parata del 9 maggio, svoltasi in forma ridotta per la paura di attentati (e forse anche per il timore di veder comparire i ritratti dei soldati russi caduti in Ucraina oltre a quelli dei caduti nella guerra contro i nazisti), il nuovo zar ha cercato di esorcizzare i segnali negativi che lo assediano alzando i toni patriottardi e bellicisti per cercare di rianimare il consenso alla sua guerra criminale imperialista. E lo ha fatto come suo solito agitando vieppù la minaccia che “il futuro della sovranità russa dipende dai partecipanti all'operazione militare speciale”, e gettando tutta la responsabilità sull'Occidente e sul governo di Kiev, perché “il popolo ucraino è diventato ostaggio del colpo di Stato, dei piani dell'occidente, questa è la causa dell'attuale catastrofe in Ucraina”.
Celebrando la stessa vittoria sul nazismo a Kiev il giorno precedente (poiché il governo ucraino ha deciso da quest'anno di celebrare questa ricorrenza l'8 maggio come nei paesi occidentali, mentre il 9 celebrerà la Festa dell'Europa ), Zelensky ha denunciato invece in anticipo la falsificazione della storia operata da Putin, facendo un parallelo tra la lotta di allora contro i nazisti e quella dell'esercito ucraino oggi per respingere gli invasori russi: “Abbiamo lottato allora e lottiamo adesso affinché nessuno schiavizzi mai più altre nazioni e distrugga altri Paesi. E tutti i vecchi mali che la Russia moderna sta riportando in auge saranno sconfitti proprio come è stato sconfitto il nazismo”, ha detto il presidente ucraino.
Come ribadisce il documento dell'Ufficio politico del PMLI del 24 aprile, che chiarisce la posizione del Partito favorevole nella presente fase all'invio delle armi all'Ucraina, “non è l’Ucraina che minaccia l’esistenza della Russia, ma esattamente il contrario. Se si vuole veramente la pace occorre chiedere il ritiro immediato dell'esercito neozarista russo dal Donbass”.


10 maggio 2023