Per il dissesto finanziario del comune di Catania
Condannato l'ex ministro Bianco. È incandidabile

L'ex ministro degli Interni Enzo Bianco, vecchio boss democristiano, attuale presidente del Consiglio nazionale dell’Anci e candidato sindaco alle prossime amministrative di maggio a Catania è incandidabile.
Lo ha deciso il 31 marzo scorso la Sezione giurisdizionale d'appello della Corte dei conti che ha emesso la sentenza contro l'ex sindaco e tutta la sua ex giunta sotto inchiesta dal novembre 2019 per il buco di bilancio e il conseguente dissesto economico e finanziario del capoluogo etneo.
I fatti risalgono a quando Bianco era sindaco della città, a cavallo tra il 2013 e il 2018, a capo della giunta di “centro-sinistra” sostenuta da una coalizione civica composta da Partito democratico, Megafono – lista Crocetta, Democrazia federale, Patto per Catania, Articolo 4, Primavera per Catania e Sinistra per Catania.
“Il collegio (presieduto da Giuseppe Aloisio) ritiene che l'avere proprio ignorato i molteplici segnali di sofferenza finanziaria dell'ente sia stato indice di grande trascuratezza e di inammissibile superficialità, meritevoli di essere sanzionati”.
Gran parte delle oltre 80 pagine che compongono la sentenza riguardano il coinvolgimento di Bianco e del suo assessore al Bilancio, Giuseppe Girlando. In riferimento a quest'ultimo la Corte contesta “Al pari di Bianco una maggiore responsabilità rispetto agli altri assessori perché nella qualità di assessore al Bilancio non ha provveduto a coordinare incisivamente gli interventi sul bilancio disponendo l'attuazione degli interventi di riequilibrio finanziario dell'ente”.
Il collegio - si legge ancora nel dispositivo - rileva che, riferendosi al processo di primo grado della Corte amministrativa, “I giudici di prime cure hanno basato il loro giudizio sulle deliberazioni della Sezione di controllo nonché sugli accertamenti delegati al Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanzia, tutti analizzati e valutati con la dovuta cura e attenzione, giungendo alla conclusione - qui condivisa - che gli amministratori appellanti, alla luce di quanto sopra evidenziato, hanno gestito il Comune di Catania con grave e ingiustificabile trascuratezza reiterata negli anni, attuando scelte che lungi dall'essere finalizzate a un recupero, sia pure parziale, della critica situazione finanziaria dell'ente locale hanno condotto quest'ultimo fino al punto di non ritorno, costituito dalla formalizzazione dello stato di dissesto”.
Analoga accusa la corte contesta all'allora collegio dei revisori in carica, per il quale si precisa che “la situazione aggravata è divenuta irrecuperabile a causa dell'inerzia imputabile agli organi di controllo interna”.
In riferimento agli altri componenti della Giunta la Corte amministrativa rileva come “abbiano partecipato all'approvazione di bilanci, rendiconti e delibere in materia contabile, pur in assenza di preparazione specifica nel settore giuridico, economico, confidando nei pareri resi dagli organi tecnici”.
Per tutto ciò, a partire da adesso e per i prossimi 10 anni, ha stabilito la corte, l'ex ministro Bianco non potrà più concorrere a qualsiasi carica elettiva. La stessa interdizione a tutte le cariche, comprese quelle di assessore, o incarichi in enti partecipati o vigilati, è stata inflitta a tutti i componenti della sua ex amministrazione.
La lupara giudiziaria ha azzoppato Bianco che viene così eliminato dalla competizione elettorale per il comune etneo del prossimo maggio, per la quale era sostenuto dall'ex sottosegretario grillino Giancarlo Cancelleri, dal leader di Azione Carlo Calenda e dal boss della Dc Nuova Totò Cuffaro, ex governatore siciliano condannato nel 2010 a sette anni di reclusione per favoreggiamento a Cosa nostra.
Per Bianco, condannato a un risarcimento danni di quasi 39mila euro, è stata disposto l’incandidabilità, per “un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo” e il divieto, per lo stesso periodo, “di ricoprire la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici“.
Il provvedimento riguarda anche i componenti della sua giunta. Per loro è stato imposto il divieto di ricoprire, per un periodo di dieci anni, “incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni e organismi pubblici e privati”.
In cima alla lista ci sono gli ex assessori Luigi Bosco, Rosario D’Agata, Giuseppe Girlando, Orazio Antonio Licandro, Salvatore Di Salvo, Marco Consoli Magnano di San Lio, Angelo Villari e Valentina Odette Scialfa Chinnici.
La Corte ha inoltre disposto il divieto a Calogero Cittadino, Natale Strano, Fabio Sciuto, Franceasco Battaglia e Massimiliano Carmelo Lo Certo di “essere nominati per sei anni nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti e organismi agli stessi riconducibili”.

10 maggio 2023