Indetto dalla Fiom-Cgil contro l'aumento dei ritmi della catena di montaggio
Sciopero di tre giorni degli operai di Pomigliano

Scioperi così ravvicinati e partecipati allo stabilimento di Pomigliano D'Arco (NA) non si vedevano da anni. Ma evidentemente lo sfruttamento dentro l'azienda è arrivato a livelli insostenibili da far scattare una sacrosanta quanto clamorosa protesta degli operai. Nei giorni 10,11 e 12 maggio una serie di scioperi ha investito tutti i turni finendo per bloccare completamente la linea di produzione della Panda e rallentare considerevolmente quella dell'Alfa Tonale.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l'aumento di produttività di circa 16 auto giornaliere delle catene di montaggio senza prevedere alcun aumento del numero degli addetti. I delegati della Fiom hanno subito proclamato lo sciopero a cui hanno partecipato in massa i lavoratori. Nei tre giorni di agitazione l'adesione non è mai scesa sotto l'80%. Adesione anche da parte dello Slai Cobas e in un caso anche della Fim-Cisl, ma solo per protestare contro la decisione di cedere un ramo di azienda relativo ad alcuni servizi. Procedura che prevede il trasferimento, armi e bagagli, di 28 lavoratori.
Un segnale forte indirizzato verso la dirigenza aziendale che ha reso lo stabilimento di Pomigliano un vero e proprio inferno per i lavoratori, e anche a quei sindacati, Cisl, Uil, Ugl e altre sigle “gialle” che negli anni hanno contribuito a creare questo clima, firmando sempre tutto quello che voleva il padrone. Del resto fu proprio qui che fu introdotto per la prima volta il famigerato “modello Marchionne” tutt'ora vigente nonostante la dipartita del vecchio Amministratore Delegato, non a caso chiamato anche “modello Pomigliano”, che poi venne applicato in molte fabbriche italiane, non soltanto del gruppo FCA.
Un modello in cui i lavoratori e i sindacati devono essere completamente subordinati alle esigenze aziendali, dove il diritto di sciopero è menomato e al raggiungimento degli obiettivi produttivi si devono sacrificare i diritti degli operai. Per fare questo l'ex Fiat, poi Fca confluita nel gruppo Stellantis, non aderisce al Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) ma attua il Contratto collettivo specifico di lavoro (CCSL) che in pratica mette fuori dalla fabbrica la Fiom perché non lo ha firmato.
Un contratto aziendale che taglia le pause, il diritto alla mensa, che tra le varie clausole vessatorie ha quella del “recupero produttivo obbligatorio” al sabato nel caso, anche non dipendente dai lavoratori, non sia stato possibile raggiungere la produzione stabilita, che ha portato a condizioni di lavoro sempre più al limite a scapito della sicurezza con infortuni sul lavoro sempre più frequenti. Per non parlare delle malattie professionali: su poco più di 4mila dipendenti (compresi gli impiegati) più di mille, ovvero uno su quattro, ha patologie come ernia del disco e tunnel carpale. Perfino lo stabilimento è mantenuto in condizioni fatiscenti e senza manutenzione, dove neppure i bagni sono tenuti decentemente.
Questa tre giorni di scioperi, pienamente riuscita, dimostra che la lotta paga e quando gli operai alzano la testa, i padroni tremano. Una mobilitazione che è andata in crescendo, con cortei dentro la fabbrica come non si vedevano da anni. In un bellissimo video che circola in rete si vedono centinaia di operai che marciano dentro lo stabilimento, alcuni con il pugno chiuso, al grido di “dignità, dignità, dignità”. L'azienda è in evidente difficoltà, ha paura che il suo “modello” aziendale crolli, la protesta si allarghi portando consensi proprio a quei sindacati, come la Fiom, che invece si vogliono tenere fuori dalla fabbrica.
La Fiom-Cgil dal canto suo rivendica agibilità e riconoscimento. “Bisogna superare la logica contrattuale delle commissioni presiedute dai soli sindacati firmatari, poiché non rappresentano e non risolvono i problemi di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori, i quali - prima con il voto per il rinnovo degli Rls di qualche giorno fa e poi con lo sciopero di oggi - hanno inviato un messaggio preciso all'azienda e dato un chiaro mandato alla Fiom”. “Sull’organizzazione del lavoro, ritmi, saturazioni e cadenze ci deve essere un confronto ed una contrattazione e la Fiom deve potere agire il proprio ruolo” ha dichiarato in una nota Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile settore mobilità.
Che si arrivi con queste lotte a stracciare nei fatti il contratto separato voluto da Marchionne, per isolare la Fiom e vincolare i sindacati firmatari alla volontà aziendale e il ritorno al CCNL rappresenterebbe sicuramente un importante passo in avanti. Se però in cambio l'azienda chiede l'accettazione degli attuali regimi dei ritmi si risolverebbe ben poco. Del resto Il famigerato Tmc2 (il sistema cronometrico che incrementava i ritmi di lavoro) fu introdotto a Pomigliano quando ancora la Fiat aderiva al CCNL.
Per il momento questi grandi scioperi di massa hanno ottenuto un primo risultato. L'azienda ha comunicato che la nuova turnazione prevista in Lastratura e Verniciatura, è stata sospesa e al momento non partirà. Adesso sta alla Fiom e agli altri sindacati che non hanno intenzione di sottomettersi ai voleri di Stellantis non deludere le aspettative dei lavoratori. Se si riuscirà a piegare l'arroganza della nuova proprietà franco-italiana di Stellantis la lotta degli operai di Pomigliano rappresenterà un forte stimolo ed un esempio per tutte quelle fabbriche dove si lotta contro lo sfruttamento, contro licenziamenti e delocalizzazioni, per condizioni di lavoro e salari più dignitosi.

24 maggio 2023