Il saggio lucido e intenso di Scuderi “Mao Zedong e la rivoluzione in Italia” tratta temi complessi e la necessità per il proletariato di conquistare il potere politico e il socialismo
Se Scuderi si fosse incontrato con Mao dal loro confronto sarebbe uscito qualcosa di importante per il proletariato italiano e internazionale
 
L'autore di questo importante articolo è “un vecchio maoista genovese”. Ha conosciuto il PMLI alla manifestazione nazionale per la pace a Genova il 25 febbraio e ha preso subito contatto col Centro del Partito.
Da allora su invito del Partito ha scritto importanti commenti sui discorsi del compagno Scuderi e su altri temi. Da poco ha cominciato a scrivere spontaneamente articoli sulla realtà della sua città, Genova. Periodicamente fa delle donazioni al Partito. Diventando così un prezioso simpatizzante di prima linea del nostro amato Partito.
Come gli ha scritto il Centro del Partito, il compagno Ugo “ha innalzato al massimo livello il discorso del compagno Giovanni Scuderi 'Maozedong e la rivoluzione in Italia' , che aveva bisogno di essere rilanciato data l'attuale situazione italiana e internazionale”.
Anche noi de “Il Bolscevico”, come il PMLI, siamo convinti che se si fossero incontrati Mao e Scuderi sarebbe uscito “qualcosa di importante per il proletariato italiano e internazionale.” Abbiamo saputo che il compagno Scuderi si è commosso e ha detto: “Avrei imparato tanto da Mao”.
Abbiamo trovato il passaggio sulle “Brigate rosse” e analoghe organizzazioni importante e significativo. Speriamo che tutti i sinceri loro seguaci ci riflettano, facciano un serio e onesto bilancio critico e autocritico e si avvicinino al PMLI, se ancora aspirano a fare la rivoluzione socialista.
Constatando le qualità ideologiche, politiche, giornalistiche e tecniche del compagno Ugo, nonché la sua trascorsa esperienza politica e organizzativa, siamo felicissimi che sia al fianco del PMLI e orgogliosi di avere la sua firma su “Il Bolscevico”.
Lo storico discorso del compagno Giovanni Scuderi, pronunciato a nome del CC del PMLI il 9 settembre 1991 in occasione della Commemorazione di Mao, ha per titolo “Mao e la rivoluzione in Italia” e il testo si trova sul sito del PMLI.

 

 

di Ugo - Genova
Compagne e compagni, ho letto con molta attenzione, e con molto interesse, il discorso del compagno Giovanni Scuderi tenuto in occasione della Commemorazione pubblica di Mao Zedong del 9 settembre del 1981.
A quella data il compagno Mao non era più fra noi da cinque anni. Da tempo i reazionari, di tutto il mondo, avevano scatenato una campagna di disinformazione nel tentativo di screditare, di demolire, di demonizzare, sia l’immagine di Mao, sia il suo pensiero, e sia l’insegnamento che aveva consegnato all’umanità. La borghesia temeva che il proletariato internazionale seguisse il sentiero che Mao Zedong aveva contribuito a tracciare; trasformare un sogno nella realtà: la rivoluzione socialista. Per svolgere al meglio questa loro strategia assoldarono i revisionisti. E i revisionisti risposero all’appello.
Nel suo lucido, e intenso saggio, il compagno Scuderi tocca, e in profondità, temi complessi che vanno dalle vicende storiche di quell’epoca, a dei concetti economici e filosofici. Uno dei primi argomenti che affronta, nel suo testo, è quello di confutare la critica, mossa dai revisionisti e dalla borghesia, quando viene sostenuto che i rivoluzionari marxisti considerano e usano i testi e le parole d’ordine del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, come un dogma. Tesi propugnata, da parte dei nemici della rivoluzione, sin da quando il proletariato, prendendo coscienza del proprio ruolo nella storia, ha cominciato a pretendere il potere politico. La verità, come spesso accade, si trova proprio nelle pieghe di quella lora asserzione; lo studio del marxismo-leninismo apre le porte alla conoscenza delle proprie capacità. D’altronde, come precisa il compagno Scuderi, i testi del marxismo non sono la bibbia, o il corano, da studiare a memoria e da riportare in ogni occasione per dare sfoggio della propria cultura e istruzione. Sono trattati di teoria, di economia, di filosofia, che però acquistano la loro autentica dimensione rivoluzionaria quando vengono applicati alla pratica; senza quel passaggio perdono il valore rivoluzionario che contengono. Pratica che è la realtà nazionale, culturale, ambientale.
Il marxismo è in simbiosi a una filosofia, a un metodo, e alla concezione materialistica e dialettica della storia. Per cui per comprendere il marxismo e per ribattere gli argomenti sostenuti dalle teorie idealistiche borghesi, e per svolgere una lotta politica efficace, occorre studiare la sua filosofia. “Senza teoria rivoluzionaria, non vi può essere movimento rivoluzionario” Questo diceva Lenin. Ecco perché è necessario studiare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Non perché a pagina 17 del Capitale di Marx troviamo la soluzione di un problema. Ma perché studiando la filosofia che lo sostiene capiremo il problema e potremo individuare la strategia adatta per affrontarlo.
Proseguendo nella lettura del saggio del compagno Scuderi, si arriva a un approfondito passo in cui vengono esaminati alcuni eventi storici avvenuti in Cina. In questo passaggio si descrive la lotta che Mao Zedong dovette affrontare, nella Cina divenuta socialista, per difendere la rivoluzione. Le lotte e gli scontri dialettici avvenuti contro le cricche revisioniste interne e controrivoluzionarie. Ci tratteggia pure alcune subdole critiche, che avrebbero dovuto diventare sostegno delle tesi dei revisionisti, che il compagno Mao subì per degli errori strategici che avrebbe commesso durante l’edificazione del socialismo. Ma qui, a differenza dell’idealismo, sta proprio la capacità del marxismo-dialettico a non essere un dogma, un qualcosa di assoluto, a comprendere attraverso la pratica, la critica e l’autocritica, i propri errori per poi correggerli. Chiunque può cadere nell’errore, ci dice il compagno Scuderi, ma sorretti dal materialismo dialettico si può correggere la rotta e riprendere il cammino verso il socialismo. Come fa notare il compagno Scuderi, anche Mao, anche Lenin, commisero degli errori. Ma non insistettero ostinatamente, piuttosto li corressero.
A un certo punto del saggio il compagno Scuderi riporta una frase di Mao. “La guerra rivoluzionaria è la guerra delle masse; è possibile condurla alla vittoria soltanto mobilitando le masse e facendo affidamento su di esse.” Se si può sintetizzare con una asserzione, come afferma il compagno Scuderi, questo concetto non rispettato e non seguito, è stato l’errore originario che fecero le Brigate Rosse e le varie organizzazioni che in Italia abbracciarono, fra gli anni ’70 e’80, la lotta armata; staccarsi dalle masse, non ascoltare le loro opinioni, erigersi, senza alcun mandato, avanguardia del proletariato. La strategia delle Brigate Rosse, e delle altre organizzazioni, che a loro opinione avrebbe voluto essere, preludio, in Italia, di una fase rivoluzionaria, di conseguenza si ridusse a vuota retorica, a una guerra fra bande, e si rese responsabile e colpevole della chiusura di spazi politici, concesso la possibilità, allo Stato borghese, di demonizzare chiunque portasse avanti un discorso rivoluzionario e anticapitalista, ha autorizzato, di fatto, la comparsa delle leggi speciali che alla fine hanno colpito chiunque contestava il sistema di produzione capitalistico, ha condotto le autentiche avanguardie del proletariato in un vicolo cieco. Queste sono le uniche eredità che ha lasciato sul terreno sociale e politico quella follia; oltre naturalmente ai tanti lutti, e ai molti sinceri rivoluzionari, confusi dalla retorica brigatista, incarcerati per anni.
Nel capitolo conclusivo il compagno Scuderi ribadisce dell’impossibilità del proletariato di giungere a una vera giustizia sociale senza l’avvento del socialismo. Essendo un discorso scritto e pensato trentatré anni fa, nomina personaggi politici del passato come Enrico Berlinguer. Facendo emergere il servizio, che l’allora segretario del PCI, fece alla borghesia e alla controrivoluzione. Ricordo quei tempi. Ricordo l’illusione infusa, dal PCI e dal suo segretario Berlinguer, alla classe operaia di entrare nella ‘stanza dei bottoni’ attraverso il voto elettorale e alla forza morale che avrebbe avuto il compromesso storico. In seguito, assieme al PSI di Craxi, entrarono in qualche governo, e di conseguenza fecero la loro comparsa in quella ‘stanza dei bottoni’. Solo che poterono premere esclusivamente quei bottoni che la borghesia gli ordinò di premere, facendogli fare, quindi, il lavoro sporco; quello in cui erano deputati a fare.
Come ricorda il compagno Scuderi, il PCI di Berlinguer, nelle tesi contenute nel XV Congresso nazionale decise di discutere, e di approvare, il superamento della statalizzazione dei mezzi di produzione e l’abbandono del concetto della proprietà privata; questi aspetti fanno comprendere a quale società futura possibilmente socialista aspiravano. A contrapposizione, a questa deriva revisionista, e reazionaria, il compagno Scuderi, oltre a una accurata analisi politica, trascrive parti di un intervento di Mao, il quale, con la sua consueta chiarezza e pulizia di pensiero, parlando della costruzione del socialismo ci dice come deve svilupparsi. “…consiste nella distruzione della proprietà privata capitalistica e nella trasformazione in proprietà socialista di tutto il popolo, nella distruzione della proprietà individuale e nella sua trasformazione in proprietà collettiva socialista” e ancora “Il nostro scopo è di estirpare il capitalismo, di estirparlo in tutto il globo, di farlo diventare un oggetto storico. Tutto quello che appare nel corso della storia dovrà essere eliminato. Non c’è cosa o fenomeno del mondo che non sia prodotto dalla storia; alla vita succede sempre la morte, il capitalismo è un prodotto della storia, deve, dunque, morire, c’è un ottimo posto sottoterra per ‘dormire’ che lo aspetta”.
A conclusione di questa citazione il compagno Scuderi analizza la realtà economica, sociale e politica italiana, confermando, ancora una volta di più, della necessità per il proletariato italiano, se vorrà ottenere la giustizia sociale, se vorrà adempiere il ruolo che ha nella storia, di giungere necessariamente alla presa del potere. Non ci dice che sarà una passeggiata o un ‘ pranzo di gala ’ ci dice, piuttosto, che sarà un percorso accidentato, e di lunga durata. Che per quella via incontreremo dei nemici del popolo, persone che ci tradiranno. Ma ci dice, pure, che non dobbiamo arrenderci perché il futuro sarà nostro, sarà del socialismo.
Mie conclusioni; sarebbe stato di grande interesse, persino bello, se il compagno Giovanni Scuderi, avesse incontrato, conosciuto e discusso, con il compagno Mao Zedong. Sono sicuro che dal loro confronto sarebbe uscito qualcosa di importante per il proletariato italiano e internazionale, e che entrambi, nel momento del commiato, si sarebbero davvero sentiti soddisfatti.
Un caldo e intenso saluto marxista-leninista a tutti voi.

31 maggio 2023