Lo svela He Yiting tramite l'articolo “Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era è il marxismo del XXI secolo”
Xi Jinping ambisce a essere il Marx del XXI secolo

Con la celebrazione l'ottobre scorso del XX Congresso del PCC, il nuovo imperatore della Cina ha istituzionalizzato il “pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”, ovvero il suo pensiero, come il “marxismo adatto alla Cina”, facendolo inserire nello Statuto del PCC insieme alla “posizione centrale” della sua leadership. Nell'articolo di commento su “Il Bolscevico” n.39/2022, dal titolo “Il nuovo imperatore della Cina Xi Jinping traccia la linea per sviluppare il socialimperialismo e per conquistare l'egemonia mondiale”, con il sottotitolo “L'imbroglione antimarxista-leninista autoproclama il suo pensiero come il marxismo adatto alla Cina”, denunciavamo il pensiero di Xi come “un innocuo e generico marxismo 'adattato' alla Cina, cioè non applicato nella sua genuina integrità, bensì da lui e dai suoi predecessori opportunisticamente 'interpretato' a copertura del loro tradimento dell'eredità di Mao. Operazione che a ben guardare è tipica degli opportunisti e dei revisionisti di ogni epoca, che si richiamano al marxismo a parole, ma rifiutano il suo sviluppo in marxismo-leninismo-pensiero di Mao per poter allargare il campo del marxismo alla socialdemocrazia, al liberalismo e ad altre varianti di regime borghese capitalista. Ivi incluso quello capitalista e fascista travestito di rosso instaurato in Cina dopo la morte di Mao”.
Un articolo scritto nel giugno 2020 da He Yiting, allora vicedirettore della Scuola di Partito centrale del PCC, dal titolo “Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era è il marxismo del XXI secolo”, la cui traduzione dal cinese è stata pubblicata nel novembre 2022 sul compiacente sito di “Mondorosso”, si incarica di attribuire a questa formula truffaldina e anti marxista-leninista non solo una valenza interna alla Cina ma addirittura un ruolo su scala mondiale: come “marxismo del XXI secolo”, appunto. Si tratta in tutta evidenza del lavoro di una delle teste d'uovo più vicine al nuovo imperatore cinese, che ha avuto ed ha un ruolo importante nel teorizzare il “pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era” e nel fornire le basi ideologiche alla strategia egemonica mondiale del socialimperialismo di Pechino.

La “cinesizzazione del marxismo” e la politica di grande potenza
Questo articolo ignora completamente infatti il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, cioè tutta l'evoluzione della teoria e dell'esperienza storica, unitaria e inscindibile, del socialismo scientifico da Marx a Mao, ma riparte dall'800 e da Marx solo per riscrivere completamente la storia del '900. E saltando a piè pari la Rivoluzione d'Ottobre, la costruzione del socialismo in URSS, la Rivoluzione cinese e la lotta di Mao contro il revisionismo moderno, si riallaccia direttamente al rinnegato Deng Xiaoping - distruttore dell'opera di Mao e artefice della trasformazione capitalista della Cina socialista - e al suo erede attuale, Xi Jimping; proclamando il pensiero di quest'ultimo come il marxismo del XXI secolo.
Per dimostrare questa assurda tesi, l'autore sostiene che “non tutte le conquiste teoriche marxiste di ogni paese e di ogni popolo [...] possono acquisire il titolo di 'marxismo del secolo'”, e che per farlo occorrono tre condizioni: “in primis l’obiettivo di ricerca teorica deve essere un modello/campione rappresentativo del mondo; in secundis il risultato teorico deve avere valenza storica a livello mondiale e infine in tertiis, che l’efficacia della prassi modifichi il mondo reale”. Queste condizioni si sono verificate, prosegue l'autore, per “le dottrine di Marx e Engels [che] possono andare sotto la definizione di 'marxismo del XIX secolo'”; il leninismo, il pensiero di Mao Zedong e la teoria del socialismo con caratteristiche cinesi, nella quale la teoria di Deng Xiaoping rappresenta il risultato originario e il contenuto fondante, è possibile definirli parte del 'marxismo del XX secolo'”; infine, il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era può dunque essere denominato 'marxismo del XXI secolo'”.
Secondo il teorico neorevisionista, insomma, il pensiero e il socialismo costruito da Lenin, Stalin e Mao, sarebbero semplici “esperienze” del '900, liquidabili in due parole e solo per fare da ponte tra Marx e il “socialismo con caratteristiche cinesi” capitalista e socialimperialista, avviato da Deng e istituzionalizzato oggi da Xi. Non a caso l'autore definisce il pensiero di Xi come “ultimo risultato della cinesizzazione del marxismo”, la “forma principale di marxismo del XXI secolo”. Nella Nuova Era in cui è entrata acquisendo una rilevanza mondiale, pontifica He Yiting, “la Cina si è dimostrata degna di diventare l’apice ideologico-teorico in grado di guidare lo sviluppo dell’innovazione del marxismo mondiale”. E questo ruolo le spetterebbe in quanto sta passando “da essere un grande paese a diventare una grande potenza”, e con un “avanzamento costante verso il centro della scena mondiale”. Così che, “in qualità di grande paese socialista guidato dal marxismo possiamo farci carico al meglio della missione di sviluppare il marxismo nel XXI secolo”.

Le “quattro soluzioni” del pensiero di Xi
Non staremo ad addentrarci sui motivi teorici che secondo l'autore proverebbero che “il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per la nuova era è ormai la forma principale di marxismo del XXI secolo”, e che “questa è la grande tendenza della storia e la grande logica della teoria”. Motivi che si rifanno alle tre condizioni da lui enunciate all'inizio e che sostiene in modo del tutto assiomatico e arbitrario. Vale di più la pena di soffermarsi sui risvolti programmatici dei due suddetti assunti, che la dicono lunga sulla strategia del socialimperialismo cinese e la sua competizione a tutti i livelli con l'imperialismo americano per l'egemonia mondiale.
Si tratta della cosiddetta “soluzione cinese” che il pensiero di Xi e la “saggezza cinese” offrirebbero ai quattro grandi problemi dell'umanità: la governance globale, la fiducia internazionale, la pace mondiale e lo sviluppo globale. Il sistema di governance globale, basato sul dominio degli Stati Uniti e del dollaro è ingiusto e anacronistico e va sostituito da un “concetto di governo globale basato sul consenso comune”, sostiene He. Il modello è quello cinese del Forum sulla cooperazione Cina-Africa e del vertice Belt and Road (la Nuova Via della Seta) sulla coperazione internazionale. La “crisi di fiducia” internazionale va risolta con la soluzione cinese di “equilibrio tra giustizia e profitto per costruire una partnership globale di destino condiviso”. Il modello è quello della “Banca Asiatica d'investimento, della Banca BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, ndr) e il Fondo della Via della Seta”, quali esempi di “corretto concetto di rettitudine e beneficio”.
Il “deficit di pace globale” negli scambi internazionali va poi affrontato, per l'autore, secondo il concetto di “dialogo senza confronto e partenariato senza alleanza”, superando cioè il “meccanismo di alleanza occidentale e la mentalità della guerra fredda”, per l'affermazione di un nuovo concetto di sicurezza “comune, integrata, cooperativa e sostenibile”. Infine, “Ia soluzione cinese allo sviluppo” punterebbe a restringere il divario di sviluppo che esiste tra i paesi dell'Ovest e gli altri paesi in via di sviluppo a sfavore di questi ultimi, a contrastare il “pensiero antiglobalista”, gli “effetti negativi del protezionismo”, le “disuguaglianze nella distribuzione del reddito. Il modello è ancora una volta quello della Banca Asiatica d'investimento e la Belt and Road.

Un'esca per i partiti neorevisionisti e falso comunisti
Tutti questi propositi assai edificanti a parole sono in realtà solo un paravento per mascherare la strategia neocolonialista ed espansionista del socialimperialismo verso l'Asia, l'Africa e l'America Latina, la sua penetrazione economica verso l'Europa attraverso la progressiva acquisizione di capisaldi infrastrutturali strategici con la Nuova via della Seta, e la sua preparazione al confronto anche militare con la superpotenza rivale e il suo sistema di alleanza, cercando di costruire un blocco politico-militare alternativo con la Russia di Putin ed altri partner tra i paesi dei BRICS. Non si spiegherebbe altrimenti perché Xi abbia messo tra i principali obiettivi strategici fissati dal XX Congresso l'ammodernamento delle “forze armate per la nuova era”, che devono raggiungere uno “standard di livello mondiale” entro il 2027, nonché l'impegno a “non promettere mai di rinunciare all'uso della forza” per la riunificazione di Taiwan alla Cina, aggiungendo propositi guerrafondai alle provocazioni dell'imperialismo dell'Ovest in una regione in cui potrebbe scoccare da un momento all'altro la scintilla della terza guerra mondiale.
Naturalmente la strategia neocolonialista e di penetrazione economica del socialimperialismo richiede l'appoggio politico di forze locali, da ottenere attraverso l'infiltrazione di partiti pseudo comunisti da conquistare alla causa degli interessi cinesi foraggiandoli sostanziosamente, riconoscendoli politicamente e perfino invitandoli ufficialmente a Pechino. In Italia gli esempi non mancano, a cominciare dall'imbroglione Rizzo e dalla sua esaltazione della Nuova Via della Seta che sarebbe, a suo dire, nell'interesse del proletariato italiano appoggiare e promuovere.
Ed è per questo che l'arcimbroglione anti marxista-leninista Xi Jimping ha bisogno di presentarsi agli occhi dei militanti di questi partiti come il nuovo Marx della nuova era, capo di una grande potenza “ancora socialista” e capace di riunire sotto le sue ali i partiti di tutto il mondo che si richiamano a Marx e al socialismo: “Entrando in una nuova era, la Cina è diventata un altopiano teorico per lo sviluppo innovativo del marxismo nel XXI secolo, il che è un grande onore e una nobile missione per i comunisti cinesi. Allo stesso tempo, deve essere chiaro che la Cina non è affatto l’unica posizione del marxismo nel mondo nel XXI secolo. I comunisti cinesi sono i più fedeli successori e i più grandi promotori della grande causa iniziata da Marx ed Engels; i marxisti di tutto il mondo sono anche fedeli eredi del marxismo”, conclude infatti l'articolo il teorico del PCC.
La presunzione di Xi Jimping di essere il Marx del XXI secolo è pari solo alla sua ambizione di essere l'imperatore di una grande potenza egemonica mondiale imperialista. Farebbe meglio invece a rileggersi la nota favola di Esopo, per non rischiare di scoppiare e ridursi in mille pezzi cercando di gonfiarsi alla statura del grande Marx, come capitò alla rana gonfiandosi e ancora gonfiandosi per assomigliare al bue.

7 giugno 2023