Sfascio della sanità pubblica in Sardegna
Gravi problemi negli ospedali di Nuoro e Oristano. Liste di attesa infinite. Anziani e poveri rinunciano alle cure mediche
 
In Sardegna si fa sempre più drammatica la situazione della sanità pubblica, con anziani e poveri costretti a rinunciare alle cure mediche a causa degli inaccettabili tempi delle liste d’attesa, con prenotazioni che prevedono anche dieci mesi di attesa per le prestazioni.
Secondo i dati dell'Associazione Nazionale Pensionati e Anziani di Confartigianato nel 2021 il 18,3% dei sardi ha rinunciato a curarsi per problemi economici, per costi crescenti dei servizi sanitari e a causa della difficoltà di accesso. L'aumento di sardi che rinunciano alle cure è impressionante, perché secondo i dati dell' Associazione nel 2017 la percentuale era del 12,5% e in soli quattro anni è cresciuta del 6,6%.
“Sono, soprattutto, gli anziani e le persone più povere – hanno affermato Salvatore Sanna, presidente di Acli Salute, e Luciano Turini, rappresentante dell’associazione consumatori delle Acli Assoconfam in un'intervista apparsa sul quotidiano La Provincia del Sulcis Iglesiente del 6 aprile scorso - a rinunciare alle cure mediche, in particolare nel centro-nord Sardegna, dove prenotare una visita cardiologica, un’eco-cardiografia, una TAC o una risonanza, o qualsiasi altra visita specialistica o indagine diagnostica, viene rimandato a novembre, a dicembre o addirittura al 2024, a causa della mancanza di disponibilità nelle agende”. “La situazione è decisamente preoccupante – hanno aggiunto Sanna e Turini – e sono anche i genitori di bambini con patologie dello spettro autistico a segnalare come le visite con un neuropsichiatra infantile siano rinviate molto spesso al 2024, costringendo a costose visite private per ottenere i piani di trattamento”.
Problemi ci sono stati a Sassari, dove è stato chiuso l’hub vaccinale, e a Ozieri, dove lo scorso gennaio il pronto soccorso dell'ospedale Antonio Segni è rimasto chiuso durante le ore notturne, senza dimenticare che in numerosi piccoli comuni dell'isola decine di migliaia di pazienti sono rimasti privi persino del medico di base.
Ci sono città importanti della Sardegna - come Nuoro, dove l’ospedale San Francesco è stato fortemente ridimensionato con interi reparti chiusi e altri che funzionano male, e Oristano, dove il San Martino vive in uno stato di crisi permanente per mancanza di personale medico, tecnico e infermieristico – nelle quali la situazione della sanità pubblica è drammatica e dove chi ha disponibilità economiche ricorre ai privati, mentre chi non ha soldi rinuncia alle cure, con conseguenze drammatiche sul piano sociale, facilmente quantificabili.
Nel 2012, infatti, in Sardegna ci sono stati 15.887 morti mentre nel 2022, esattamente dieci anni più tardi, i morti sono saliti a 20.524, con un incremento del 29,18%, una percentuale sconosciuta al resto d'Italia: si pensi che la regione che ha fatto registrare il secondo maggiore incremento è stata la Puglia, passata da 37.998 morti nel 2012 a 44.607 nel 2022, con una percentuale di incremento del 17,39%.
È pur vero che i dati del 2022 risentono dell'incremento di mortalità dovuta al Covid-19 diffusa, in diverse percentuali, su tutto il territorio italiano, ma la Sardegna è ultima, secondo la Fondazione Gimbe, per l’erogazione delle prestazioni garantite dai livelli essenziali di assistenza, ossia per la condizione minima di cura che dovrebbe essere fornita in tutta Italia nello stesso modo, e che invece continua a registrare profonde differenze, con la Sardegna che garantisce il 56,3% dei servizi essenziali.
Le masse popolari sarde, esasperate da questa situazione, hanno creato comitati spontanei di cittadini, tanto che lo scorso 17 marzo, indetta dal comitato SOS Sanità Barbagia Mandrolisai e supportata dai sindacati confederali e di base, si è svolta ad Oristano una grande manifestazione regionale, con oltre tremila persone giunte da tutta la Sardegna che hanno sfilato in difesa del sistema sanitario nazionale e per protestare contro la carenza di operatori sanitari negli ospedali e di medici di base.

7 giugno 2023