Rieletto ma ridimensionato il dittatore fascista Erdogan
Sale al 16,4% al ballottaggio la diserzione dalle Urne

Il 28 maggio scorso si è tenuto il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Turchia.
Al secondo turno sono arrivati il presidente uscente, il fascista Recep Tayyip Erdogan, presidente uscente, non rieletto al primo turno, per la prima volta ha partecipato al ballottaggio,del Partito della Giustizia e dello Sviluppo, con il 49,4% dei votanti, seguito da Kemal Kilicdaroglu con il 44,9% dei votanti, a capo del suo partito socialdemocratico Chp e di una coalizione di ben 6 partiti di opposizione tra i quali i filo curdi di Hdp.
La diserzione dalle urne al primo turno del 15 maggio è stata del 12%. Al ballottaggio è salita al 16,4%, ridimensionando di fatto i risultati ottenuti dai due contendenti.
Viene riconfermato Erdogan con il 52,1% dei voti espressi che rappresentano però (senza contare le schede bianche, nulle e contestate) il 43,5% effettivo del corpo elettorale.
Battuto Kilicdaroglu che ha raccolto il 47,8% dei voti espressi,appena il 39,9% degli aventi diritto al voto, che sono complessivamente oltre 64 milioni su un totale di 83 milioni di abitanti.
Fra i due contendenti circa 2 milioni e 300mila voti di differenza, i dati non sono ancora definitivi perché molte schede sono contestate e del resto il mondo intero ha visto lo stesso Erdogan distribuire denaro in cambio di voti ai seggi durante i due turni delle presidenziali.
Va segnalato il cambio di forma di governo del paese nel 2017 quando si è passati dalla repubblica parlamentare a quella presidenziale, Erdogan era già presidente dal 2014, ma ha tutti i poteri previsti dalla normativa, molto maggiori che in passato, da quando è stato eletto nel 2018 presidente con il cambio di regime, venendo quindi riconfermato per la terza volta in carica.
Per la durata del suo regno, le sue "riforme" istituzionali confermate dal referendum costituzionale del 2017, la repressione delle opposizioni dopo il fallito golpe contro di lui del 15 luglio del 2016, che fu il preludio del passaggio alla repubblica presidenziale, che lo vede anche a capo delle forze armate, viene anche chiamato "il sultano".
Ha superato in oltre 20 anni di potere politico, come premier prima e presidente poi (mandato che durerà quindi fino al 2028) la durata degli anni in cui il potere fu in mano in Turchia a Mustafà Kemal Ataturk, presidente della Repubblica (ma allora parlamentare) tra il 1923 e il 1938.
Nonostante il suo strapotere la sua vittoria è espressione di una minoranza dell'elettorato, che si riduce nel corso degli anni, segno che il popolo turco non ha certo dimenticato la crisi economica, la svalutazione massiccia della lira, il massacro dei Curdi, le violenze contro gli oppositori, la sciagurata gestione del disastroso sisma dello scorso 6 febbraio, la questione siriana, il suo essere a tutti gli effetti parte del blocco imperialista dell'Ovest, essendo la Turchia membro della Nato ma non della Ue imperialista, ma allo stesso tempo il suo tentativo di giocare una partita in proprio, quale potenza imperialista regionale, opponendosi talvolta alla Russia (ricordiamo l'abbattimento di un jet russo nello spazio aereo turco nel 2015) ma cercando di fungere poi da "mediatore" con Putin e quindi con la RPC dopo l'inizio della guerra imperialista del nuovo Zar contro l'Ucraina, nel quadro di un espansionismo nella regione che rende la Turchia non solo un paese fascista in termini di regime vigente all'interno, ma imperialista a tutti gli effetti, sia pure a livello regionale e non globale nella regione mediorientale.
A voltargli le spalle soprattutto gli elettori della costa egea e mediterranea, la capitale Istanbul e la città di Ankara, dove certo ha pesato il voto femminile, fortemente contrario al maschilismo del fascista Erdogan, così come ovviamente il sud-est del paese abitato dalla maggioranza curda dove però al ballottaggio Erdogan ha recuperato lo svantaggio, visto l'appoggio cercato da Kilicdaroglu dai partiti e dalle liste nazionaliste anticurde escluse dal secondo turno, che spiegano l'aumento dell'astensione e la perdita dei voti in queste zone da parte di Kilicdaroglu rispetto al primo turno.
Oltre al voto per il Presidente si è votato anche per il rinnovo del Parlamento, la Grande Assemblea Nazionale Turca, si è visto già dal primo turno l'affermazione della coalizione di Erdogan, che seppur ridimensionata di 27 seggi, ne ha conquistati comunque 323 su 600, sufficienti anche sul piano parlamentare a garantire stabilità al potere del rieletto, ma ridimensionato, dittatore fascista.

7 giugno 2023