Tra i discorsi più illuminati di Scuderi su Mao c'è quello su “Mao e il socialismo”
Questo saggio tra l'altro affronta il tema della lotta e dello smascheramento del revisionismo

di Ugo - Genova
Individuare quale sia il più importante discorso su Mao scritto dal compagno Giovanni Scuderi, per la crescita del Partito e di tutti noi, è assai arduo. Ogni testo custodisce una profonda saggezza. Cenni storici. Un'analisi approfondita del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. In sintesi, questi discorsi scritti, assumono il valore di pietre miliari per l’agire politico dell’intero corpo del Partito. Fra gli elaborati che, personalmente, reputo tra i più illuminati discerno “Mao e il socialismo”; discorso tenuto l’8 settembre del 1991, in occasione del quindicesimo Anniversario della morte di Mao Zedong. In questo saggio il compagno Scuderi affronta temi come la lotta e lo smascheramento del revisionismo, le origini e le ragioni della rivoluzione culturale proletaria cinese, e la necessaria presa del potere politico da parte del proletariato italiano.
Il testo è impreziosito da molte citazioni di Mao, questo perché, come fa rilevare il compagno Scuderi, nessuno meglio di lui ci può chiarire, con le sue analisi limpide e chiare, determinate situazioni politiche che si sono determinate in Cina e all’interno del movimento comunista internazionale. Capacità raggiunte e riconosciute non per illuminazione divina, ma perché avendo vissuto, e diretto, in prima persona sia la Rivoluzione proletaria con la Lunga Marcia, e sia l’edificazione del socialismo in Cina, ha avuto modo di comprendere molti aspetti politici e di farne prezioso patrimonio per ogni rivoluzionario. Tra le principali difficoltà in cui si è imbattuto nella costruzione del socialismo in Cina, è stata la resistenza, neanche poi tanto camuffata, dei revisionisti; da questa esperienza ha tratto, tuttavia, considerevoli insegnamenti.
Una delle fondamentali critiche e accuse che i revisionisti, anche moderni, portano a sostegno delle loro teorie, nei confronti del socialismo e soprattutto della dittatura del proletariato, è il fallimento economico e le condizioni di vita precarie in cui la popolazione precipitò in quella fase politica. In verità costoro non fanno che cambiare le carte in tavola. In questo saggio viene dimostrato in maniera evidente e con una logica, che, come a volte si dice, non fa una piega, l’esatto contrario. Infatti, nell’elaborato, il compagno Scuderi, attraverso un'accurata analisi della situazione politica determinata dagli agenti interni controrivoluzionari, e revisionisti, dell’Unione Sovietica del dopo Stalin e della Cina comunista alla morte di Mao, ci dimostra che il fallimento, di quella esperienza rivoluzionaria, non è stato il progetto socialista, ma il proposito revisionista, poiché una volta ottenuto il potere i revisionisti non sono riusciti a conservarlo e lo hanno dovuto cedere alla borghesia la quale poi ha instaurato un regime imperialista-capitalistico. È bene precisare che l’obiettivo politico dei revisionisti, russi e cinesi, non era quello di fare fallire banalmente il socialismo per consegnare il loro Paese ai capitalisti. Piuttosto di farlo apparentemente sopravvivere in maniera, diciamo, ambigua, furba, con aspetti retorici utili per ingannare le masse, in modo da ottenere personali e importanti privilegi; posizione di potere all’interno del Partito, riappropriazione della proprietà privata, dei mezzi di produzione. Quindi a fallire fu il loro progetto, non quello socialista.
Per usare una metafora, poco politica, ma che rende l’idea, usata spesso da mio zio partigiano, si potrebbe concludere che il revisionismo è come la muffa. È sufficiente anche una sola spora e si rovina l’intera conserva. E questo è ciò che è successo nell’Unione Sovietica alla morte del compagno Stalin, e nella Cina comunista alla dipartita del compianto compagno Mao. È bene ricordare che i revisionisti non si incontrano dietro l’angolo. Non sono neppure agenti segreti spediti dai reazionari di Paesi esteri. Ma crescono e si sviluppano persino all’interno di un Partito rivoluzionario. Solo che raccontano una cosa e pensano l’opposto. E quando hanno l’occasione si trasformano, o gettano la maschera, e si rivelano per ciò che sono. E come avviene questa evoluzione? Ce lo spiega Mao osservando ciò che avveniva in URSS (marzo 1957): “Negare i principi fondamentali del marxismo, negare le sue verità universali, questo è il revisionismo. Il revisionismo è una concezione borghese. I revisionisti annullano le differenze tra il capitalismo e il socialismo. Le differenze tra la dittatura borghese e la dittatura proletaria. In realtà quello che auspicano è la linea capitalistica, non quella socialista. Nelle condizioni attuali il revisionismo è molto più dannoso del dogmatismo. Oggi abbiamo un compito importante sul fronte ideologico, sviluppare la critica al revisionismo”.
Nacque quindi la necessità di educare le masse.
Studiando l’evoluzione reazionaria dell’URSS, alla morte di Stalin, Mao, percependo pure all’interno del Partito Comunista Cinese, le stesse ambiguità (cricche dirette da Liu Shaoqui e Deng Xiaoping) elabora la rivoluzione culturale proletaria. Compito di questo movimento di popolo (Guardie rosse) è quello di stanare i revisionisti, i borghesi travestiti da rivoluzionari ed educare le masse al socialismo. “La Grande rivoluzione culturale proletaria è, in fondo, una grande rivoluzione politica che il proletariato conduce nelle condizioni del socialismo, contro la borghesia e tutte le altre classi sfruttatrici, la continuazione della lunga lotta che oppone il Partito comunista cinese e le larghe masse popolari rivoluzionarie che esso dirige alla reazione del Guomindang, la continuazione delle lotta di classe tra il proletariato e la borghesia ”. La Rivoluzione culturale, di fatto, era perciò diretta contro la borghesia infiltrata nel Partito, nella società, nel governo popolare, per consolidare ed esercitare la dittatura del proletariato. Unica garanzia, unica possibilità, che “il Partito e il Paese non cambino colore ”.
Tuttavia, Mao e le Guardie rosse non ne ebbero il tempo. Nello spazio di due anni, dalla morte del Grande Timoniere, i revisionisti diretti da Deng Xiaoping ripresero il potere e la Cina cadde fra le fauci della borghesia e dei capitalisti.
Nelle ultime pagine del suo saggio il compagno Scuderi traccia aspetti nostrani, descrive le mille difficoltà che bisognerà affrontare per giungere al socialismo in Italia, ma con il suo incrollabile ottimismo, retto tuttavia dallo studio del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, citando il Presidente Mao trascrive: “il sistema socialista finirà col sostituirsi al sistema capitalista; è una legge obiettiva, indipendente dalla volontà dell’uomo. Per quanto i reazionari si sforzino per fermare la ruota della storia, prima o poi la rivoluzione scoppierà e sarà inevitabilmente vittoriosa”.

14 giugno 2023