In Toscana vince la diserzione dalle urne
Gli elettori toscani puniscono sonoramente il PD e i suoi governi locali e regionale

Dal corrispondente del PMLI per la Toscana
Il 14 e 15 maggio si sono svolte in Toscana le elezioni comunali parziali, 22 i comuni interessati. Per 6 di questi è stato necessario il ballottaggio nei giorni 28 e 29 maggio.
La diserzione dalle urne, come si può vedere dalla tabella è cresciuta nel totale dei comuni, in alcuni casi più che raddoppiata rispetto alle comunali del 2018. Nei tre capoluoghi di provincia chiamati al voto cresce a Pisa (+2,2%) e a Massa (+2,2%) mentre ha una leggera flessione a Siena (-0,7%).
Dopo il primo turno sono andate al ballottaggio Massa, Pisa, Siena, Campi Bisenzio (Firenze), Pietrasanta (Lucca), Pescia (Pistoia). Il governatore regionale Enrico Giani (PD) pur di non ammettere la sconfitta si è appellato ad una fantomatica “vittoria” affermando che “da un punto di vista quantitativo, non sono deluso. Anzi, forse abbiamo ottenuto risultati migliori di cinque anni fa. Siamo andati ai ballottaggi in tutti e sei i Comuni, il centrodestra ad esempio ha mancato il ballottaggio a Campi Bisenzio e ovunque abbiamo preso più del 43/44%”. Ridicolo.
Al ballottaggio il “centro-destra” ha mantenuto le città di Massa e Pisa. A Massa vince il neopodestà uscente Francesco Persiani (sostenuto da Lega e Forza Italia) col 54,36% dei soli validi; a Pisa confermato il neopodestà uscente Michele Conti (Lega, FI, FdI, Udc) 52,33%. Vince a Siena con Nicoletta Fabio (FdI, Lega, FI) 52,16%, già strappata alla “sinistra” borghese dopo decenni di dominio prima del PCI e poi del PD. Infine Pietrasanta con Alberto Stefano Giovannetti (Lega) 55,94%.
Il PD ha tenuto Pescia con Riccardo Franchi 52,43%, ma ha perso a Campi Bisenzio, poltrona vinta da Andrea Tagliaferri (ex piddino nel 2013) sostenuto da SI e M5S che in questo caso correvano proprio contro il partito con il quale avevano stipulato alleanze in altre città.
In questo “gioco” i commenti sia del “centro-destra” che del “centro-sinistra” sono stati vomitevoli. Ad esempio il neo segretario regionale del partito di Elly Schlein, Emiliano Fossi (ex sindaco di Campi Bisenzio), dopo aver cantato vittoria al primo turno delle votazioni ha esordito con “Qui (in Toscana, ndr), la destra è forte e competitiva. Dobbiamo aprire una stagione nuova”. Eppure l’analisi elettorale dovrebbe partire dall'assunto che il fortissimo astensionismo delegittima tutte le liste, le coalizioni e i sindaci eletti.
All'indomani del voto il PD si è proiettato ad allargare le intese elettorali pensando alle amministrative del 2024 che interesseranno comuni importanti come Firenze e Prato, per poi arrivare alle regionali del 2025.
Al ballottaggio è risultato altissimo l'astensionismo, una vera e propria emorragia di voti che conferma il trend nazionale analizzato dal nostro giornale che vede un vero e proprio rifiuto e delegittimazione dei partiti parlamentari, dei governi locali e centrali. Gli elettori toscani, d'altronde, non potevano certo premiare il “balletto di alleanze” e soprattutto la politica dei governi locali a guida PD fatta di cementificazione e disastri ambientali, scandali sui rifiuti, sanità pubblica al collasso, mancanza di efficaci politiche per il lavoro, progetti dannosi per l’ambiente come l’ampliamento dell’aeroporto di Firenze, privatizzazione dei servizi coronata dalla nascita della Multiutility.
Questa è la fotografia a livello regionale che ha fatto scegliere gli elettori di sinistra di utilizzare l’arma dell’astensionismo e soprattutto la diserzione come protesta senza turarsi naso ed occhi e far valere la propria volontà contro le istituzioni rappresentative borghesi marce, di stampo neofascista, inservibili al benessere del proletariato e delle masse popolari.
Anche in Toscana i partiti che si dichiarano comunisti hanno deciso di chiedere il voto come “elemento di mobilitazione popolare, un elemento di rottura del sistema politico della classe dominante e una spinta al rafforzamento del fronte anti Larghe Intese” o “un voto di consolidamento e resistenza”, tutte affermazioni che generano confusione e che non servono a far crescere le coscienze, a battersi per i diritti, a creare unità e chiarezza sul ruolo ormai sperimentato delle istituzioni borghesi, spargendo invece ulteriori illusioni su un sistema che già per come è costituito non permette alle minoranze di entrare nelle istituzioni e di contare un bel niente.
Per noi marxisti-leninisti l'astensionismo elettorale però non basta. Ecco perché proponiamo all'elettorato di sinistra, anche a chi non è astensionista ma vuole il socialismo, un'alternativa condivisa alle istituzioni borghesi del regime capitalista neofascista. Occorre creare in tutte le città e in tutti i quartieri le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta e con rappresentanti revocabili in qualsiasi momento dalle assemblee popolari territoriali.
Lo scopo fondamentale dei Comitati popolari (che sono a carattere permanente e costituiscono gli organismi di direzione politica delle masse fautrici del socialismo, da non confondersi con i comitati di lotta o altri tipi di comitati, come i comitati civici, i comitati popolari spontanei, ecc., in genere a carattere temporaneo e fondati su questioni particolari e specifiche) è quello di guidare le masse, anche se non fanno parte delle Assemblee popolari, nella lotta politica per strappare al potere centrale e locale opere, misure e provvedimenti che migliorino le condizioni di vita e che diano alle masse l'autogestione dei servizi sanitari e sociali e dei centri sociali, ricreativi e sportivi di carattere pubblico.
Su questa proposta possiamo creare un largo fronte unito fermo restando che la via politica giusta è quella indicata dal nostro Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, nell'Editoriale per il 46° compleanno del PMLI dove richiama il proletariato a riflettere sul suo futuro affinché ”si appropri della sua cultura, che è il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e non quella dell’operaismo, dell’anarco-sindacalismo, del riformismo e della socialdemocrazia, che prenda coscienza di essere una classe per sé, non solo in sé, il cui compito fondamentale è cacciare dal potere la borghesia con la forza e prenderne il posto come classe dominante, cambiando radicalmente la società, nella struttura e nella sovrastruttura”.

14 giugno 2023