Travaglio meloniano
 
Mentre la coscienza di massa sulla natura neofascista di questo governo si fa ogni giorno più ampia, Il Fatto Quotidiano minimizza, e con un articolo a firma del suo direttore, il filoputiniano di ferro Marco Travaglio, copre di fatto Meloni e le sue riforme antipopolari.
In un articolo di spalla in prima pagina pubblicato il 6 giugno scorso dal titolo “Al lupo! Al lupo!”, Travaglio apre addirittura con un riconoscimento a Mussolini, “capace di tutto”, ma meritorio per aver riunito “attorno a sé il meglio della cultura fascista e nazionalista, e diverse eccellenze del mondo liberale e cattolico”. E in questa esaltazione del duce sembra tradire un altro tributo al suo modello e maestro Indro Montanelli, di cui è nota la sua adesione al fascismo mussoliniano.
Il governo Meloni invece, a suo dire, sarebbe anch'esso “capace di tutto”, ma formato da “buoni a nulla”, che parodiano i vecchi gerarchi, senza riuscire - loro malgrado - ad essere neanche lontanamente come loro.
In sostanza – e qui ci inseriamo a pieno titolo nel processo di riabilitazione del fascismo - secondo Travaglio “Chi li paragona al fascismo fa loro un favore e un complimento”, perché praticamente, pur volendo, non sarebbero all'altezza dei vari Mussolini, Gentile Ciano e camerati.
Questa l'apertura, certo in tono provocatorio come l'edonista e narcisista direttore de Il Fatto ci ha abituati a fare, ma non per questo meno grave e comunque inaccettabile, che dimostra la sua posizione anticomunista e filofascista al pari del suo maestro, il fascista Montanelli.
Il pezzo prosegue invitando le opposizioni e “il poco di stampa libera rimasta” nella quale va a suo avviso direttamente il suo giornale, a “selezionare i bersagli, evitando di gridare al fascismo o alla svolta autoritaria qualunque cosa faccia il governo”, per evitare - fra le altre cose - l'affetto “Al lupo! Al lupo!”.
Eppure il lupo oggi c'è, ci governa, ed è nero come il carbone. Come non vederlo?
Travaglio argomenta questo suo passaggio con un banale: “se tutto è fascismo, nulla è fascismo”; una massima qualunquista che serve solo a sminuire la gravità dell'impatto politico, sociale e culturale di Meloni e del suo governo. Basti pensare al ventennio, dove in effetti “tutto” era fascismo, punto. Senza bisogno di altri giri di parole.
Dal punto di vista culturale, appunto, come può Travaglio, sempre attento alle schegge dialettiche che gli tornano comode, non vedere le travi rappresentate dagli interventi culturali in pieno stile ventennio nella scuola, nella protezione concessa ai gruppi neofascisti, nel tentativo di riabilitazione di quel fascismo ai quali anche lui stesso – seppur con discrezione e in una dialettica artatamente confusa – per certi aspetti, strizza l'occhio? Se Travaglio ritiene “inesistente” il saluto romano alla parata del 2 giugno, come può non aver udito il grido “Decima!” (in onore alla X MAS che insieme ai nazisti rastrellò, torturò e uccise partigiani) che il plotone ha lanciato sotto il palco delle autorità fra gli apprezzamenti di Meloni e in particolare del nero La Russa che ghignava compiaciuto?
Ma oltre a coprire il governo da questo punto di vista, Travaglio va oltre, e normalizza sia l'occupazione della RAI e il presidenzalismo, semplicemente perché “ogni governo” ha messo i suoi uomini in RAI, un fatto secondo lui “normale”, e quindi non argomento meritorio di preoccupazione.
Sul presidenzialismo addirittura afferma che esso “esiste in democrazie più antiche e mature”, e per ciò non avrebbe dunque “nulla di autoritario”. Ma ciò non è assolutamente vero. Se l'impianto di una riforma, di un provvedimento, di una legge è di stampo fascista, o neofascista, lo rimane a prescindere da chi lo propugna e lo vota. D'altra parte tutto gira nell'ambito del capitalismo e delle sue strutture governative, economiche e sociali, dei suoi partiti di destra o di “sinistra” che siano.
È una semplificazione inaccettabile e strumentale affermare sostanzialmente che non può essere di stampo “fascista” ciò che è stato proposto anche dai governi precedenti. Ecco perché i marxisti-leninisti italiani non hanno mai fatto sconti a nessuno, né a Renzi, con i suoi tentativi di demolizione della Costituzione del '48 in un'ottica presidenzialista, né ai decreti Minniti sull'immigrazione, e tanto meno ai “Sicurezza” del destro Salvini, solo per citarne alcuni dei più clamorosi e recenti. Tutti prodotti di quello stesso stampo autoritario, antidemocratico e neofascista.
L'articolo che copre Meloni, termina con l'invito ad investire “energie (…) per denunciare la guerra ai poveri, la legalizzazione dello schiavismo, il folle bellicismo atlantista, i disastri su Pnrr e 110%, le schiforme della giustizia penale e contabile, i miliardi buttati nel Ponte e in altri regali ai ricchi e ai ladri, le promesse tradite su bollette e accise, i 14 condoni alle vittime del “pizzo di Stato”, ma naturalmente senza parlare di “fascismo”.
Noi, avendo denunciato fin dal primo giorno del suo insediamento le politiche antidemocratiche e antipopolari del governo Meloni, incluso ciò che richiama demagogicamente Travaglio, siamo convinti che le cose vanno dette tutte e fino in fondo, proprio perché in un Paese antifascista come il nostro, mostrare alle masse popolari tutte le affinità di obiettivi, di pensiero e di stile fra il governo Meloni e il fascismo sia oltreché giusto, anche un potente vettore per respingere a fondo e nella sostanza le riforme che propone il governo, a partire proprio dal presidenzialismo, fino ad arrivare alla riscrittura della storia e a quella riabilitazione del fascismo stesso, chiara come la luce del sole, del quale però Travaglio oggi non pare preoccuparsi più di tanto, suggerendo ai propri lettori di guardare da un'altra parte, mentre il governo Meloni, anche dal punto di vista culturale e della riscrittura della storia in chiave neofascista, tira dritto per la sua strada, anche grazie a siffatte protezioni e coperture.

14 giugno 2023