“'Il Bolscevico' è un baluardo culturale opposto al capitalismo, contrapposto al revisionismo, contro il fascismo dilagante”
“Il PMLI e 'Il Bolscevico' sono una lancia sola scagliata in direzione della rivoluzione proletaria”

di Ugo - Genova
Il 15 dicembre di quest’anno “Il Bolscevico” compie 54 anni. Posa, per cui, per bene i piedi dentro il sesto decennale della sua esistenza, e lo fa con la freschezza e l’entusiasmo di un giovane rivoluzionario. Per un giornale di un Partito, privo di finanziamenti occulti, utili per indirizzarne la linea politica, e avversato e oscurato dai mass-media, dai revisionisti, e dalle istituzioni borghesi, giungere e superare il mezzo secolo di vita è già, di per sé, un importante traguardo raggiunto. Ma “Il Bolscevico” di strada ne dovrà fare ancora molta. Il ruolo che gli è stato assegnato, e che si è assunto, è ambizioso. Come è ambizioso, e necessario, l’impegno che il PMLI e i sinceri rivoluzionari si sono posti: la presa del potere politico.
Scorrendo, e leggendo, lo speciale del 50° Anniversario de “Il Bolscevico”, ravvisando tutte le difficoltà, le persecuzioni giudiziarie subite, ma pure la lungimiranza, le battaglie politiche sostenute, sorge in me, come una forma di rammarico per non essere stato presente, per non aver contribuito, con le mie possibilità, alla sua realizzazione, e di non aver vissuto il momento in cui i componenti della redazione e dell’intero Partito, alzarono all’unisono la voce per dire… Buona la prima! Si va in stampa… E a ricordare quei tempi, e riflettendo su quelli attuali, della pubblicazione de “Il Bolscevico”, il proletariato italiano ne aveva proprio bisogno. Con lui ha trovato un organo d’informazione che non si è mai tirato indietro per denunciare le malefatte dei governi borghesi reazionari e democristiani, per segnalare le capriole di quelli che sventolando sbiadite bandiere rosse entravano nei governi di solidarietà nazionale, a sentire loro, necessari per salvare il Paese, imponendo al proletariato enormi sacrifici e abbandonando totalmente (tuttavia non si può dire neppure totalmente, poiché costoro quel passo non lo avevano neanche messo come ipotesi) la presa del potere politico per raggiungere il socialismo; più corretto descriverli come strapuntino della borghesia.
Fra le molteplici battaglie politiche che l’organo d’informazione del PMLI ha sostenuto c’è la storica lotta degli operai FIAT del 1980. Ricordo quei 35 giorni. All’epoca ero delegato di fabbrica presso un’azienda navalmeccanica del porto di Genova. Come Consiglio di fabbrica ci eravamo assunti l’impegno di sostenere la lotta dei lavoratori sia contribuendo economicamente, e sia dando la nostra presenza fisica nei picchetti tenuti in prossimità dei cancelli. Nonostante che la decisione presa fu unanime, per molti delegati della fabbrica quella lotta si era spinta oltre il lecito, come se fosse scappata di mano dal controllo dei vertici sindacali. Il loro partito di riferimento (il PCI di Berlinguer) quella lotta l’appoggiava, ma con distingui, con riserve. Sì, la sosteneva, ma il loro intento era di fare calare i toni, di privarla di valori possibilmente rivoluzionari. Condannare la presa di posizione degli operai FIAT il PCI non poteva, ma se avesse potuto li avrebbe probabilmente accusati di avventurismo. Di conseguenza ai varchi occupati dagli operai della FIAT, e alle manifestazioni, se potevano i delegati picisti (specialmente quelli fideisti) non si presentavano; la famiglia, l’età, il viaggio. Morale, salivo a Torino, in rappresentanza della mia fabbrica, tre volte alla settimana. Ci salii, per incontrare gli operai, anche quando la lotta fallì. Quando il sindacato e il PCI li lasciarono soli e con le ossa rotte; alla marcia dei 40.000 quadri avrebbero dovuto contrapporre una manifestazione a Torino con un milione di lavoratori. Ricordo la loro rabbia, ma pure la loro determinazione. Quello scontro sociale avrebbe potuto modificare la storia della lotta di classe del nostro Paese. Ci riuscì, ma in negativo. E forse ancora oggi la classe operaia ne paga le conseguenze.
Giornali di orientamento di sinistra ce ne sono stati, cito; l’Avanti , Lotta Continua , il manifesto , l’Unità . Questi quotidiani, una volta cartacei come “Il Bolscevico”, o non esistono più, o qualora ancora esistessero sono l’ombra di loro stessi, di ciò che sostenevano. Chi esiste tuttora fa appello a ricette pacifiste, e il massimo sforzo rivoluzionario in grado di proporre è la concertazione, la collaborazione con la borghesia, se non persino peggio: l’Unità del signor Sansonetti ha, fra le sue firme, il noto fascista Valerio Fioravanti.
Non lo devo neppure accennare… quando mi dedico nella lettura degli articoli pubblicati da “Il Bolscevico” e nella sezione Conoscere il PMLI, senza alcuna sorpresa lo trovo, e senza sfumature, sempre in difesa degli oppressi, sempre aderente alle lotte operaie, alle battaglie dei cittadini in difesa dell’ambiente, della sanità, dei diritti civili. È rimasto tale quale, un baluardo culturale opposto al capitalismo, contrapposto al revisionismo, contro il fascismo dilagante. Ecco cosa è ancora oggi “Il Bolscevico.” E tutto questo non era scontato. E se la linea del giornale è rimasta incorrotta, se ha mantenuto, tenendo la fronte bene in alto e la schiena bene dritta, inalterato il progetto politico che si è dato alla nascita, lo si deve anche al Partito, perché entrambi sono rimasti fedeli al marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Partito e “Il Bolscevico” sono una lancia sola scagliata in direzione della rivoluzione proletaria.
Sullo speciale per il 50° de “Il Bolscevico”, una parte viene dedicata ai diffusori e militanti. Potrebbe apparire un tratto poco politico, forse poco importante. Da leggere velocemente senza soffermarsi. D’altronde a rendere di grande interesse un giornale sono le battaglie che sostiene, questo si potrebbe obiettare. Vero, ma poi lo speciale ricorda i compagni che non sono più fra noi; Nerina “Lucia” Paoletti, Vincenzo Falzarano, Ferruccio Panico. Non è la prima volta che leggo sugli articoli del giornale il loro nome. Essendomi avvicinato da poco al Partito non li ho conosciuti. Tuttavia, un po’ mi sembra di conoscerli, come se scorressero, come tanti altri compagni che ho incontrato nella mia vita, nelle mie vene, sento quindi il bisogno di aggiungermi agli altri compagni e con delicatezza ringraziarli per il lavoro svolto, per l’impegno profuso. E dire a loro, fosse possibile, che non sono terminati in loro stessi, ma che vivranno nella memoria delle compagne e dei compagni che animano la vita del Partito e de “Il Bolscevico”.
Ne siamo tutti consapevoli, “Il Bolscevico” dovrà percorrere, assieme al Partito, molta strada. Tuttavia, la sua via è delineata e ne conosce la destinazione. Dovrà migliorare. Certo, migliorare lo dobbiamo tutti. Dovrà diventare più incisivo e più protagonista nella società. D’altronde è il suo ruolo. Il motivo per il quale i suoi fondatori hanno speso le proprie forze per dargli la luce. “La formazione di un giornale ed in questo consiste anche la sua forza, sta nella sua capacità di far conoscere alle masse, nella maniera più rapida e più estesa, il programma e la linea del Partito, i principi e le misure politiche del Partito, i suoi compiti e i suoi metodi di lavoro” (Mao Zedong).
Che l’organo d’informazione del PMLI, “Il Bolscevico”, continui a tenere ben alte, e al vento, le bandiere del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, e della rivoluzione socialista proletaria.
“Osare pensare, osare parlare, osare agire, osare attaccare e osare fare la rivoluzione” (Mao Zedong).

21 giugno 2023