Corrispondenza delle masse
La rivolta antifascista di Genova del 1960
Due manifestazioni per ricordarla

di Ugo - Genova
Genova, 30 giugno 1960. Sono passati solo 15 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale e dalla conclusione della lotta di Liberazione, eppure nell’Italia diventata democratica già dal dicembre del 1946 esiste un partito di dichiarata estrazione fascista; il MSI. La tanto elogiata e antifascista Costituzione italiana lo vieterebbe, tuttavia, quando a trarne vantaggi è la borghesia, alcuni articoli costituzionali vengono elusi, come accantonati.
Il 29 aprile del 1960, il democristiano Tambroni, con i voti del MSI, assume la carica di presidente del Consiglio. I missini galvanizzati decidono di fare il congresso e provocatoriamente pretendono di tenerlo a Genova: città Medaglia d’oro della Resistenza. L’annuncio ufficiale venne dato il 15 maggio, e qualche giorno dopo sul Secolo d’Italia , l’organo ufficiale del MSI, venne pubblicato un editoriale intitolato “Torniamo a Genova” firmato da Carlo Basile, il famigerato prefetto fascista che nel 1943 fece deportare migliaia di operai antifascisti dell’Ansaldo, della San Giorgio e di tante altre fabbriche genovesi (“caro compagno” Togliatti, altro che amnistia!).
Viene deciso che il congresso debba tenersi presso il teatro Margherita in via XX Settembre, a poche decine di metri di distanza dal Sacrario dei partigiani caduti durante la lotta di Liberazione.
Fra la classe operaia, fra gli antifascisti, sale l’indignazione. Il 25 giugno iniziano le prime manifestazioni di protesta e i primi scontri di piazza. Il 30 giugno, un corteo, di almeno centomila antifascisti, parte dal Ponente cittadino. Attraversa il centro città. Giunge in piazza De Ferrari. Lo slargo, ma pure le vie adiacenti, sono presiediate dalle cosiddette forze dell’ordine. Gli antifascisti incominciano a cantare canzoni partigiane, canzoni di rivolta. I manifestanti si armano di pale, di sassi, di molotov, spunta, dalle mani dei portuali genovesi, il pratico e famoso “gancio”. La tensione è alta. La rabbia degli antifascisti ancora di più. La Celere lancia dei lacrimogeni e tenta una carica per disperdere i manifestanti. La carica viene respinta. Alcune camionette vengono date alle fiamme. La polizia spara alcuni colpi di arma di fuoco. La piazza diventa rovente. La Celere inizia i “caroselli”. A velocità sostenuta gira attorno alla fontana di piazza De Ferrari bersagliata, però, dagli antifascisti, con lanci di sassi, di blocchi di porfido divelti dalla pavimentazione stradale. I manifestanti si spostano nei “caruggi” e compiono sortite contro la polizia. La Celere prova a inseguirli, ma quando entra nei “caruggi” viene bombardata dall’alto con vasi, con bottiglie; è la gente che vive nel centro storico a colpirli. La battaglia durerà l’intera giornata e lascerà sul terreno di scontro 162 feriti fra gli agenti della celere e 40 fra gli antifascisti.

Il congresso del MSI viene sospeso.
Nei giorni successivi l’Italia antifascista conobbe il colpo di coda, la vendetta, del governo Tambroni. Il 7 luglio 1960, a Reggio Emilia, la polizia spara sulla manifestazione e assassina Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Marino Serri, Emilio Reverberi e Afro Tondelli. Altri cadranno nell’Italia democratica.
Il 27 luglio 1960, cade il governo Tambroni.
Genova, 30 giugno 2023. In ricordo di quella data a Genova si sono svolte due manifestazioni.
Una organizzata dall’ANPI e dalla CGIL. Il corteo, circa mille partecipanti, ha attraversato la via principale della città, via XX Settembre, ha quindi deposto due corone di fiori, sotto il Ponte Monumentale, per rendere omaggio ai 1.863 caduti partigiani e ai 2.250 deportati morti nei campi di concentramento nazisti.
L’altra manifestazione ha tenuto un presidio in piazza Alimonda; in quello slargo, durante il G8, venne ucciso, dalle “forze dell’ordine”, il ragazzo Carlo Giuliani; era il 20 luglio 2001. Questa manifestazione ha visto la partecipazione di qualche centinaio di antagonisti; CARC, CALP, R.C., Genova Antifascista e con la mia presenza, in rappresentanza, ma immagino ci siano stati altri compagni che non ho individuato, del PMLI.
Questa è la cronaca di ieri e di oggi. Oltre ai resoconti occorre però analizzare i fatti. Quelle giornate, quegli scontri, quei morti, quella molto parziale, perché è rimasta proprio parziale, vittoria, deve fare, e una volta di più, davvero riflettere. Una battaglia di piazza, che sia estemporanea oppure organizzata, può riuscire nell’intento di fare cadere un governo, può fare saltare un congresso fascista, ma nulla può quando l’obiettivo primario è l’emancipazione del proletariato; senza quello, di 30 giugno ce ne saranno sempre. Per ottenere l’emancipazione del proletariato occorre un partito comunista organizzato, con una linea politica chiara, marxista-leninista, e determinato alla conquista del potere politico. Quella è la direzione che bisogna seguire. Quella è la direzione che il proletariato deve fare propria culturalmente e organizzativamente.
Come indica Mao: “Se si vuol fare la rivoluzione, ci deve essere un partito rivoluzionario. Senza un partito rivoluzionario, senza un partito che si basi sulla teoria rivoluzionaria marxista-leninista e sullo stile rivoluzionario marxista-leninista, è impossibile guidare la classe operaia e le larghe masse popolari a sconfiggere l’imperialismo e i suoi lacchè”.
 

5 luglio 2023