Aberrante sentenza della magistratura dello Stato borghese
Cospito condannato a 23 anni di carcere
 
Lo scorso 26 giugno l'anarchico Alfredo Cospito è stato condannato a 23 anni di reclusione dalla Corte d'assise d'appello di Torino, mentre 17 anni e 9 mesi è la pena inflitta all'anarchica Anna Beniamino, accusati per l'attentato alla caserma dei carabinieri di Fossano del 2 giugno 2006, una bomba carta piazzata dentro un cassonetto di rifiuti che che comunque non provocò né vittime né danni.
Cospito peraltro – il quale in passato aveva espressamente rivendicato l'attentato contro il dirigente dell'Ansaldo, Adinolfi – ha espressamente negato, prima della lettura della sentenza, qualsiasi coinvolgimento suo e della sua organizzazione nell'evento di Fossano: “non c'è nessuna prova – ha affermato in aula - che abbiamo piazzato l'ordigno a Fossano” , aggiungendo che “in vent'anni di attentati di sigle anarchiche non c'è mai stato un morto. Chiaramente erano tutti attentati dimostrativi”. “Questo – ha concluso il militante anarchico - è solo un processo alle idee. Gli anarchici non fanno stragi indiscriminate, non siamo lo Stato”.
Resta in vigore comunque a suo carico il regime di cui all'articolo 41 bis della legge dell'ordinamento penitenziario, che implica gravissime restrizioni nel regime carcerario al quale è sottoposto.
Le parole di Cospito mettono in luce il carattere politico del processo, con il quale si vogliono colpire le idee, soprattutto quelle che mettono espressamente in discussione la legittimità dello Stato borghese e delle sue istituzioni politiche, giudiziarie, militari e di polizia.
Uno Stato che mette in scena una simile mostruosità giudiziaria come quella del palcoscenico istituzionale torinese da una parte ostenta una grande debolezza e dall'altra mostra una contraddizione insanabile riguardo ai principi dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e della tutela dei valori garantiti dalla Costituzione.
Sotto il primo profilo, lo Stato con questa sentenza irroga una pena sproporzionata e addirittura abnorme per rispondere, per usare le stesse parole di Cospito, ad “attentati dimostrativi” dove “non c'è mai stato un morto” . È evidente che i burocrati dell'ordinamento giurisdizionale italiano – a cominciare dalla Cassazione - si sono inventati di sana pianta una tanto presunta quanto inesistente pericolosità degli atti solo ed esclusivamente al fine di colpire le idee di chi – come gli anarchici, ma anche i marxisti-leninisti – mettono in discussione ed anzi disconoscono espressamente ogni legittimità alle istituzioni, nessuna esclusa, della Repubblica borghese. È evidente che la Repubblica borghese, la quale altro non è – al di fuori delle altisonanti ma vuote esaltazioni retoriche - che un apparato burocratico destinato a puntellare un sistema socioeconomico nel quale la classe borghese la fa da padrona, percepisce che le masse popolari, e soprattutto i giovani, nutrono nei suoi confronti solo disprezzo, e per incutere terrore usa il bastone giurisdizionale, ma il trucco politico ormai è storicamente smascherato.
Sotto il secondo profilo, la sentenza di condanna di Cospito e della Beniamino mette in discussione i principi – considerati, a chiacchiere, fondamentali per l'ordinamento giuridico sostanziale dello stato borghese – dell'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e della rilevanza dei valori costituzionalmente garantiti. Come è possibile – si veda “Il Bolscevico” n. 46 del 22 dicembre 2022, p. 9 - che persone come i poliziotti Forlani, Segatto, Pontani, Pollastri, Miraz, Mis, De Biasi, Spaccarotella, D'Aguanno e Romitaggio e i carabinieri Di Bernardo e D'Alessandro i quali hanno gratuitamente e deliberatamente infierito su persone inermi tanto da provocare loro la morte possano ricevere pene che, nella peggiore delle ipotesi, siano di gran lunga inferiori rispetto a quelle inflitte a Cospito e alla Beniamino, accusati di avere scompaginato, al massimo, un po' di pattumiera contenuta in un contenitore dell'immondizia?
Lo stesso dicasi per la recentissima ridicola condanna – rispetto a quelle inflitte a Cospito e alla Beniamino - a un anno e mezzo di reclusione dell'ex sindaco di Torino, Chiara Appendino, la cui negligenza e superficialità ha contribuito in modo determinante a privare della vita tre persone dopo una straziante agonia. Per lo Stato borghese, evidentemente, il bene costituzionalmente garantito della vita delle persone comuni, che non appartengono alla cricca di potere dal punto di vista economico o istituzionale, vale meno dell'immondizia gettata dentro un cassonetto dei rifiuti, perché a giudicare dalle condanne tutti i pubblici ufficiali sopra menzionati hanno avuto, senza esclusione, pene senza confronto abissalmente inferiori a quelle irrogate a Cospito e alla Beniamino. Ma una spiegazione di questa apparente contraddizione c'è ed è ovvia: la legge borghese in realtà non è uguale per tutti, perché quando delinquono imprenditori, funzionari, burocrati, pubblici ufficiali e magistrati con loro la legge è clemente o per volontà dei giudici o per l'ostinazione dei cavilli dei legali degli imputati, mentre quando a compiere atti penalmente rilevanti, pur se non certo lesivi della vita e dell'integrità fisica, sono persone che platealmente non riconoscono questo sistema e addirittura lo contrastano, la stessa legge si rivela spietata.

12 luglio 2023