Salario minimo per via contrattuale
Aumentare i salari

Periodicamente nel nostro Paese si ripresenta la discussione sul salario minimo. Da tempo alcuni partiti, sindacati e organizzazioni cercano di tenerlo al centro del dibattito politico. Il tema ha di nuovo guadagnato la ribalta da quando l'Unione Europea (UE) a ottobre 2022 ha emesso una direttiva denominata “salari minimi adeguati nella UE”, da raggiungere attraverso la contrattazione collettiva o con un salario minimo per legge, anche se l'uno non esclude l'altro. In Italia vige il primo sistema ma la discussione ha portato alcuni partiti italiani a presentare o ripresentare delle proposte sul salario minimo.

La direttiva UE
Ma che cosa dice la direttiva della UE? Che gli Stati dove la contrattazione collettiva supera l'80% del totale (l'Italia la supera abbondantemente attestandosi oltre il 95%) questo sistema è considerato adeguato, mentre dove esiste il salario minimo, vigente in 21 paesi su 27, questo deve essere aumentato per far fronte al carovita schizzato alle stelle, e armonizzato per renderlo più omogeneo tra i vari stati. Cosa quest'ultima pressoché impossibile dato che si va dai 332 euro mensili della Bulgaria ai 2256 del Lussemburgo. Difatti non si parla di cifre, ma soltanto che ogni Paese dell’Unione dovrebbe fissare il salario minimo al 60% del salario mediano lordo e al 50% del salario medio lordo. Tuttavia, dato che questi valori possono cambiare in base a vari fattori, l’Unione Europea verifica regolarmente il processo di adeguamento, adattando il salario minimo in base al cambiamento delle condizioni economiche. Se in Italia fosse in vigore, utilizzando il calcolo suggerito dalla UE, si arriverebbe alla cifra di 7,68 euro l'ora.
Questo significa che in Italia non esiste una questione salariale? Tutt'altro, semmai è vero il contrario. Proprio recentemente il rapporto del 2023 dello Svimez (l'Istituto per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno) ci segnala che ci cono tre milioni di lavoratori che guadagnano meno di 9 euro lordi all'ora, all'incirca proprio la cifra contenuta nelle proposte di legge sul salario minimo, mentre se si calcola anche il Tfr e la tredicesima si arriva a poco meno di due milioni. In tanti (tra cui il PMLI) denunciano ogni giorno il fatto che in Italia i salari sono tra i più bassi del continente ed è l'unico paese in cui i salari reali negli ultimi 30 anni sono diminuiti mentre in Germania e Francia sono aumentati del 20-30%, come in quasi tutti i paesi europei a nel resto del mondo. È un dato di fatto riconosciuto da tutti, anche dalle associazioni padronali.

Gli schieramenti politici
Il problema è come intervenire per combattere il lavoro povero e più in generale i bassi salari italiani, fermo restando che nel capitalismo non si potrà mai arrivare a corrispondere il reale valore prodotto dal lavoratore, altrimenti manca il profitto e senza plusvalore viene meno il fondamento su cui si basa il capitalismo stesso. La destra al governo afferma che l'istituzione del salario minimo metterebbe in crisi le tante aziende del terziario che in un batter d'occhio dovrebbero aumentare i salari che in questo settore spesso sono sotto i 9 euro l'ora. Preferisce appoggiarsi alla leva del “cuneo fiscale”, ovvero diminuire le tasse a dipendenti e aziende (su questo punto sono d'accordo anche i sindacati confederali), togliendo risorse alle casse dello stato, che andrebbe a ritorcersi sui lavoratori, pensionati e masse popolari in termini di tagli alla spesa ai servizi pubblici, sociali e sanitari.
Da parte della sinistra borghese e dei 5 Stelle invece lo si invoca a gran voce. Naturalmente la demagogia la fa da padrona perché, ci si domanda, quando erano al governo del salario minimo non se ne è mai fatto niente? La strumentalizzazione in chiave elettorale è palese; in calo di consensi e senza “cavalli di battaglia” che possano interessare le masse popolari, si cerca una rivendicazione che riesca ad accaparrarsi le simpatie di tante persone che non riescono ad arrivare alla fine del mese con i loro magri salari. Un po com'è successo con il reddito di cittadinanza, con cui si è carpito il voto di tanti disoccupati, specie al sud.
Ma se vogliamo fare una riflessione seria non dobbiamo farci condizionare dalle apparenze, farci convincere da chi afferma che la destra e i padroni sono contrari e la sinistra e i sindacati sono favorevoli basandosi sul fatto che in parlamento a fine 2022 sono state votate 5 mozioni, una del Governo contro l'istituzione del salario minimo (passata) e 4 in suo favore (tutte bocciate) da parte delle “opposizioni”. Partiti e gruppi parlamentari (tranne Italia Viva) che adesso hanno trovato un accordo per presentare una proposta di legge unitaria che sarà votata in parlamento martedì 25 luglio.
Anche perché questo schema non è reale e gli schieramenti sono assai variabili a seconda delle convenienze del momento. Lo stesso Renzi a gennaio 2017, ancora segretario del PD e appena dimessosi da presidente del consiglio dopo la sconfitta al referendum costituzionale, proponeva un salario minimo legale a 10 euro l'ora. Solo un anno fa Salvini era d’accordo: “Se il salario minimo riguarda i lavoratori non coperti dai contratti collettivi nazionali, è assolutamente sacrosanto”. Anche Fratelli d'Italia negli anni scorsi ha presentato in parlamento una proposta di legge per il salario minimo attraverso il deputato Walter Rizzotto (un transfuga dai 5 Stelle approdato nel 2016 al partito della Meloni).
"Se vogliamo parlare di salario minimo con una soglia minima di 9 euro lordi non è un problema di Confindustria, che va sopra questa soglia". Lo ha detto il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, intervenendo all’assemblea di Assolombarda del 3 luglio scorso, riferendosi all'intesa raggiunta nell'opposizione per una proposta unica. Ad esempio, ha aggiunto Bonomi, "per i metalmeccanici di terzo livello il prezzo è di 11 euro. Da parte nostra non ci sono veti, anzi è una grande sfida". Anche Montezemolo, presidente di Italo si è detto favorevole. Così come non è vero che dove non c'è il salario minimo si guadagna di meno perchè tra i paesi che fanno compagnia all'Italia, a parte Cipro, ci sono l'Austria e i paesi nordici di Danimarca, Svezia e Finlandia dove gli stipendi, anche quelli più bassi, permettono un tenore di vita più alto di quello italiano.

Estensione del Ccnl e aumento dei salari
Abbiamo cercato di soffermarci su tali questioni per chiarire perché il PMLI è contro il salario minimo. I marxisti-leninisti hanno sempre chiesto un aumento degli stipendi e delle pensioni e sono favorevoli ad una soglia sotto cui non si può scendere ma preferiscono che il salario minimo sia garantito dall'estensione dei contratti a chi non ce l'ha e non con una legge che li sostituisce. In questo modo, oltre al salario, anche altri aspetti come le ferie, i permessi, la tredicesima, le maggiorazioni diventerebbero per legge i minimi sotto cui non si può andare. Una posizione questa fino a poco tempo fa tenuta anche dalla Cgil che invece adesso con Landini si è accodata all'”opposizione” parlamentare.
Il problema non è tanto avere o non avere un salario minimo, ma assecondare le esigenze padronali come hanno fatto i maggiori sindacati italiani, che da decenni hanno sposato la linea della collaborazione, della concertazione e dei sacrifici (per i lavoratori) che inevitabilmente hanno portato i salari italiani agli ultimi posti in Europa. I contratti poveri sotto i 9 euro non sono solo quelli “pirata” derivanti da accordi con sindacati di comodo, ma anche quelli firmati da Cgil-Cisl-Uil. Lo stesso salario minimo per legge, visto che le proposte prevedono una commissione tra le parti sociali (compresi i sindacati confederali) che ne definisce e ne aggiorna l'importo, è destinato a seguire la stessa logica della pace sociale e nel tempo risulterà inevitabilmente basso e insufficiente.
Ci sono alcuni gruppi politici, come ad esempio Potere al Popolo, o sindacati come USB, che dipingono questa misura come una grande incentivo alla crescita dei salari. Su questa posizione anche Unione Popolare, a cui aderisce anche il Prc, che stanno raccogliendo le firme alla proposta di legge di iniziativa popolare per il salario minimo promossa da Unione Popolare, che vorrebbe introdurre per legge un salario minimo di 10 euro l’ora.
In una situazione come quella attuale, con un'offensiva padronale e governativa generalizzata contro i lavoratori è più facile prevedere che il salario minimo per legge tenda ad appiattire su quella cifra (9 euro lordi l'ora comprensivi di tutto, Tfr, tredicesima ecc.) le retribuzioni, indirizzando al ribasso anche il salario mediano che in Italia è largamente inferiore agli altri paesi. Non dobbiamo dimenticare che ci sono settori del capitalismo italiano favorevoli al salario minimo per legge, inteso come una leva da utilizzare per destabilizzare l'attuale regolamentazione dei rapporti di lavoro e principalmente contro il Contratto Nazionale di Lavoro. Toglierlo gradualmente di torno sostituendolo con i 9 euro per tutti e ripristinando le gabbie salariali, lasciando tutto il resto, salari e diritti, alla contrattazione aziendale o, peggio ancora a quella personale dove il lavoratore si troverà da solo in posizione subordinata davanti al padrone.
Concludendo ribadiamo il nostro Sì al salario minimo per via contrattuale, ma dobbiamo essere consapevoli che la lotta per alzare i salari passa anzitutto per la mobilitazione della classe operaia e dei lavoratori e la firma di contratti nazionali dignitosi. A livello sindacale si devono respingere la politica della “moderazione salariale” e dei sacrifici dei lavoratori, rivendicare strumenti per l'adeguamento all'inflazione com'era un tempo la scala mobile, pretendere il rinnovo dei contratti scaduti e un'indennità in caso di ultravigenza (alcuni sono scaduti da oltre 10 anni) e invertire la tendenza ad allungare la loro validità (attualmente intorno ai 3-4 anni) riducendola a un massimo di due anni.

26 luglio 2023