Per contrastare l'egemonia economica e finanziaria dell'imperialismo americano
L'alleanza imperialista del Brics si allarga a altri sei Paesi
Movimenti anticolonialisti e ambientalisti: “Siamo noi il vero Sud globale”
Il socialimperialismo cinese ambisce alla leadership

 
Dal 22 al 24 agosto si è tenuto a Johannesburg, in Sudafrica, il quindicesimo vertice dei Brics, l’alleanza economica e finanziaria tra Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, da tempo in contrapposizione con l’imperialismo americano. Proprio per meglio contrastarlo, quest’alleanza imperialista paladina di un “mondo multipolare” e falsa amica dei popoli del Sud del mondo, ha deciso di allargarsi, inizialmente ad altri 6 Paesi, in futuro ad altre decine.

Dal 1° gennaio entrano Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita, Argentina e Emirati Arabi
Il presidente cinese Xi Jinping aveva chiesto di accelerare il processo: "Dovremmo consentire a più paesi di unirsi alla famiglia Brics, al fine di rendere la governance globale più giusta e ragionevole”, ha detto al vertice, definendo poi "inaccettabili" le pratiche "di confezionare le proprie norme e i propri regolamenti come norme internazionali" e di “allearsi per formare gruppi esclusivi”.
“Le norme internazionali - ha spiegato stilettando contro gli USA - dovrebbero essere scritte e sostenute da tutti i paesi sulla base degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite, piuttosto che dettate da coloro che hanno i muscoli più forti e la voce più forte”. I paesi Brics secondo Xi dovrebbero scegliere "in modo indipendente il percorso di sviluppo", muoversi "insieme verso la modernizzazione, essere compagni sulla strada dello sviluppo e della rivitalizzazione e opporsi al disaccoppiamento e alla rottura delle catene degli approvvigionamenti e alla coercizione economica". Il presidente cinese ha inoltre invocato una riforma delle regole della finanza internazionale e posto infine l'accento sull'intelligenza artificiale, sulla quale i paesi del blocco dovrebbero rafforzare la cooperazione.
I Brics così si allargano e avranno altri sei "membri effettivi" dal primo gennaio 2024: sono Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti. Lo ha annunciato il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, nel corso della conferenza stampa finale dei leader. “Abbiamo condiviso la nostra visione del gruppo, paladino dei bisogni e delle preoccupazioni dei popoli del Sud Globale” su “crescita economica, sviluppo sostenibile e riforma del sistema multilaterale”, ha aggiunto Ramaphosa, oltre a ribadire “il nostro impegno per un multilateralismo inclusivo”. Esprimendo soddisfazione per gli accordi raggiunti, Xi Jinping ha osservato che l’allargamento dei Brics ad altri Paesi oltre ad essere un “evento storico”, "rappresenta un nuovo capitolo nella collaborazione dei Paesi emergenti e in via di sviluppo", a cui ha fatto eco sebbene in videoconferenza, vista l’impossibilità per il Sudafrica di ospitarlo a causa del mandato di arresto spiccato nei confronti del criminale di guerra leader russo dalla Corte penale internazionale, a cui Pretoria aderisce (a differenza di Mosca e Washington), il nuovo zar Putin, che ha elogiato l'espansione del gruppo Brics "per far sì che cresca la sua influenza nel mondo".
Con l'ingresso di Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, i Paesi Brics "rappresenteranno il 36% del Pil mondiale e il 47% della popolazione dell'intero pianeta", ha detto nel corso della conferenza stampa finale il presidente brasiliano Lula. "A questa prima fase se ne aggiungerà un'altra di ulteriore ampliamento", ha aggiunto Lula, che riguarderà gli altri paesi candidati, Algeria, Bangladesh, Bahrein, Bielorussia, Bolivia, Cuba, Honduras, Indonesia, Kazakistan, Kuwait, Marocco, Nigeria, Palestina, Senegal, Tailandia, Venezuela e Vietnam. Guarda caso tutti nell’orbita del socialimperialismo cinese o dell’imperialismo russo. Anche per il premier indiano Narendra Modi l’espansione dei Brics “rafforzerà la fiducia di molti Paesi del mondo in un ordine mondiale multipolare”. Nel celebrare l’invito del suo Paese ad aderire ai Brics anche il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha dato una stoccata a Washington: “L’espansione dei Brics dimostra che l’approccio unilaterale è sulla via del declino”.
Concetti ribaditi anche dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres: “Mentre ci muoviamo verso un mondo multipolare, dobbiamo urgentemente ripristinare la fiducia e rinvigorire il multilateralismo”. Dall’Iran all’Egitto passando per l’Argentina, i Paesi invitati ad aderire riflettono il desiderio dei singoli membri del Brics di portare alleati nel gruppo di Paesi dalle economie emergenti. La Cina di Xi Jinping ha posto sotto la sua ala pelosa l’Etiopia, il presidente brasiliano Lula ha fatto forti pressioni per l’inclusione della vicina Argentina, mentre l’Egitto ha stretti legami commerciali con Russia e India. Russia e Iran hanno trovato una causa comune nella loro lotta condivisa contro le sanzioni guidate dagli Stati Uniti e l’isolamento diplomatico, con i loro legami economici che si sono approfonditi in seguito all’invasione neozarista dell’Ucraina da parte di Mosca. “ I Brics non sono in competizione con nessuno”, ha affermato Putin, “ma è anche ovvio che questo processo di nascita di un nuovo ordine mondiale trova ancora feroci oppositori”.
Sotto il profilo economico, inoltre, è stato incoraggiato “l’uso delle valute locali nel commercio internazionale e nelle transazioni finanziarie tra i Brics e i loro partner commerciali” come ribadito dal presidente sudafricano. Questo anche perché tra gli obiettivi a lungo dichiarati dal gruppo Brics vi era anche la creazione di una “valuta comune” per rivaleggiare con il dollaro statunitense, ma su questo punto non si è stato trovato alcun accordo. Tuttavia "I leader Brics hanno incaricato i loro ministri delle Finanze e governatori delle Banche centrali, come opportuno, di considerare la questione di valute locali, strumenti di pagamento e piattaforme e di riferire agli stessi leader Brics nel prossimo vertice", ha precisato lo stesso Ramaphosa. Passaggio cruciale verso un modo multilaterale è per Putin la de-dollarizzazione, un processo che a suo parere sta già prendendo piede in modo irreversibile, come starebbe a dimostrare il fatto che negli scambi commerciali tra i cinque Paesi Brics nel corso del 2022 l’uso della moneta americana è stato pari solo al 28,7% del totale.

Il peso dei Brics nel mondo
L’alleanza Brics, fondata da Brasile, Russia, India e Cina nel 2009 e a cui si è unito il Sudafrica un anno dopo nella sua unica precedente espansione, ha sempre cercato di fungere da contrappeso al dominio del G7 formato dai Paesi più industrializzati del mondo.
I Brics hanno progressivamente aumentato il loro peso sul Pil nominale globale, passando dall’8,9% del 2003 al 26% del 2022. Misurando invece il Pil in termini di parità di potere d’acquisto (PPA), tenendo conto quindi del diverso costo della vita, il balzo in questi vent’anni è stato dal 20% al 31,6%. Operando un confronto attraverso la conversione PPA, emerge che il blocco Brics ha sorpassato nel 2020 il G7, il cui peso è calato costantemente fino al 30,4%. E, contando sul 42% della popolazione, sul 30% del territorio e sul 18% delle esportazioni mondiali, si prevede che il divario economico aumenti in futuro. È pur vero che i Brics restano ancora indietro in termini di Pil pro capite, con una media pari a 9.265 dollari nominali (19.328 in PPA) contro una media dei Paesi G7 pari a 47.958 (58.652 in PPA) e mondiale pari a 12.870.
Con l’ingresso nei Brics di altri sei paesi dal 1° gennaio 2024, il gruppo imperialista riunirà oltre il 45% della popolazione mondiale con 3,7 miliardi di abitanti. Con l’ingresso di Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Etiopia, Iran e Emirati Arabi Uniti si aggiungeranno 400 milioni di abitanti. A titolo di paragone il G7 (Germania, Canada, Usa, Francia, Italia, Giappone e Regno Unito), raggruppa appena il 10% della popolazione mondiale con 775 milioni di abitanti. Nel 2022 i futuri 11 Paesi Brics hanno registrato un Pil pari a 29.374 miliardi di dollari, mentre il pil dei Brics a 5 era pari a 26.134 miliardi di dollari.
La distanza rispetto ai Paesi del G7 che detengono il 43,5% della ricchezza mondiale è ancora consistente: complessivamente il Pil dei Paesi del G7 nel 2022, infatti, si attesta a 43.700 miliardi di dollari. Per quanto riguarda il commercio, i Brics a 11 paesi peseranno per 6.259 miliardi di dollari di esportazione (contro 5.036 miliardi di dollari rispetto ai Brics a 5): grazie soprattutto agli Emirati Arabi Uniti (600 miliardi di dollari di esportazioni nel 2022) e all’Arabia Saudita (400 mld). Il G7 pesa per quanto riguarda le esportazioni 6.916 miliardi di dollari. Sulle esportazioni in alta tecnologia i dati della Banca Mondiale danno un vantaggio ai Brics a 11 con oltre 990.000 miliardi di dollari di esportazioni contro 755.000 miliardi per i paesi del G7.

La leadership del socialimperialismo cinese
Il traino di Pechino, che era comunque annunciato, è stato un fattore ancora più determinante di quanto ci si immaginasse. Dal 2003 al 2012 tutte e quattro le economie sono cresciute in linea o molto meglio delle previsioni inziali di Goldman Sachs (il Sudafrica venne preso allora come caso di studio), tenendo botta alla crisi finanziaria del 2007-2009 (a parte la Russia). Ma durante il decennio successivo solo la Cina ha battuto le attese, nonostante il crollo del mercato azionario domestico nel 2015-2016 . L’India ha retto, mentre Russia, Brasile e Sudafrica hanno reagito molto peggio del loro potenziale, anche al netto dei fattori Covid-19 e guerra in Ucraina. E hanno tutte e tre ridotto in vent’anni il loro peso sul Pil globale a parità di potere d’acquisto. Il predominio economico cinese è visibile anche guardando ai mercati finanziari, all’interscambio commerciale e agli investimenti diretti esteri intra-Brics. Pechino rappresenta oltre la metà della capitalizzazione di mercato di tutti i Paesi emergenti, è primo partner commerciale di Brasile, Russia e Sudafrica e massimo finanziatore e destinatario degli investimenti diretti esteri intra-gruppo. Infine, la Cina può far valere la leadership mondiale in termini di raffinazione delle materie prime critiche, di cui i Brics non sono certo poveri.
Insomma la storia di crescita di questa alleanza imperialista non sembra svincolarsi da quella del socialimperialismo cinese nemmeno in futuro. La Cina rappresenta oggi il 70% dei 26mila miliardi di dollari di Pil dei Brics. E se il motore cinese smettesse di funzionare, gli altri Paesi membri avrebbero poco da offrire. La Russia, che aveva già subito il colpo post-2014, ha decretato il suo isolamento da una parte di mondo il 24 febbraio 2022. Brasile e Sudafrica non hanno mantenuto le attese di Paesi emergenti di prima fascia: casi di corruzione, instabilità politica e macro e finanze pubbliche fragili ne hanno segnato il sentiero di crescita. Senza contare che oggi Pretoria è alle prese con un tasso di disoccupazione ancora sopra il 30%, tra i più alti al mondo, e una crisi energetica pesantissima. L’unico Paese che può controbilanciare il rallentamento cinese nei prossimi 50 anni sfruttando a suo favore il trend demografico e diventare potenzialmente la seconda potenza economica mondiale è l’India. Che però dovrà fare enormi passi in avanti sugli investimenti in infrastrutture, sanità, capitale umano e decarbonizzazione.

Le proteste di anticolonialisti e ambientalisti
L’ambiguità o meglio l'imbroglio sul concetto di rappresentare il “Sud globale” è una delle ragioni della protesta di università e movimenti di base organizzati in studi, ricerche e attività politiche. Decine di migliaia di manifestanti, non solo da Johannesburg, ma anche da Marikana a ricordare la strage del 2012 in cui 34 minatori furono assassinati da una violenta repressione, e poi da Nigeria, Ucraina, Pakistan, Bangladesh, si sono aggregati a Innes Park, nella zona del summit, per contestare i rappresentanti dei Brics.
Ha le idee chiare uno degli attivisti, Zaki Mamdoo del movimento Stop Eacop (Est African Crude Oil Pipeline), che considera il summit un disastro perché dietro al concetto di sviluppo sostenibile nasconde l’evidenza dello sfruttamento e fa l’esempio di un nuovo colonialismo in Africa: “Lo Stato cinese con le sue compagnie private è impegnato a costruire la più grande opera di oleodotto che attraversa, dal nord dell’Uganda alle coste della Tanzania, centinaia di comunità. Decine di migliaia di famiglie stanno perdendo le loro terre, vite e tradizioni, ricevendo compensi irrisori. Molte comunità e attivisti sono stati repressi con violenze e minacce: una continua violazione di diritti umani”. Aggiungendo: “Il Chinese National Oil Corporation, tra l’altro, è padrone del Kingfisher Oil Field che estrae petrolio dal Lago Alberto, minacciando una delle più grandi risorse di acqua”.
Insomma concetti di “Sud globale”, “sviluppo sostenibile”, “anticolonialismo” divengono del tutto irrisori nel vocabolario Brics. Secondo Patrick Bond, direttore del Centro per la trasformazione sociale all’Università di Johannesburg, “i Brics saranno ora affiancati da regimi tirannici e ad alta intensità di carbonio, pessima notizia per chiunque si aspetti che il multipolarismo contrasti l’unipolarità Usa/Ue. E nella principale battaglia economica, quella sulla de-dollarizzazione, le fazioni più conservatrici dei Brics, provenienti dai ministeri delle finanze e dalle banche centrali, oltre al Business Council dei Brics, hanno costretto il blocco a una tragica ritirata”.
Alla luce di ciò appaiono incomprensibili e fuorvianti gli osanna all’allargamento dei Brics da parte di partiti con la bandiera rossa e la falce e martello che si definiscono comunisti come il Partito comunista e il Partito comunista italiano, che in nome del “multilateralismo” antioccidentale spingono i sinceri comunisti e gli antimperialisti ad abbracciare il socialimperialismo cinese e l’imperialismo neozarista russo. Dalla padella nella brace. Evidentemente si sono ridotti a portavoce del socialimperialismo cinese

6 settembre 2023