Importante iniziativa della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli
Lettera a “Repubblica” senza risposta su Napolitano e le Quattro giornate di Napoli
Perché Ragone sceglie di ignorare la vicenda

Redazione di Napoli
L'esaltazione apologetica di Giorgio Napolitano, all’indomani della sua morte che tutta l’informazione che va dalla destra alla “sinistra” del regime neofascista - salvo rare eccezioni – ce la aspettavamo noi marxisti-leninisti che lo abbiamo sempre smascherato come un rinnegato revisionista del PCI dell'ala destra e vicina all’allora neoduce Craxi, che poi negli anni del Quirinale ha vestito i panni del nuovo Vittorio Emanuele III.
Mai però ci aspettavamo di “scoprire” che il delfino di Amendola avesse ricoperto il ruolo di partigiano nelle Gloriose Quattro Giornate di Napoli, di cui ricorre l’80° Anniversario. È quanto sostiene Ottavio Ragone in un editoriale apparso su “La Repubblica-Napoli” domenica 24 settembre a pagina 14 con un titolo che è tutto dire: “Le Quattro Giornate di Napolitano”. Afferma spudoratamente: “aveva 18 anni Giorgio Napolitano quando il popolo in armi scacciò i nazisti. Era uno studente e faceva parte di un gruppo di giovani antifascisti. Fu testimone della storica rivolta, uno degli ultimi, ormai sono trascorsi ottant’anni. A quelle radici, a quei ricordi, il presidente è rimasto fedele per tutta la vita. In quegli avvenimenti nasce la sua formazione. Un militante della libertà e della democrazia. Con una fede incrollabile nella politica. Quella vera”.
Si rimane basiti dalle affermazioni del direttore Ragone perché nei libri pubblicati da “Repubblica”, proprio per ricordare l’evento partenopeo, non c’è uno straccio di ricordo di Napolitano come antifascista, partigiano di quei giorni, scugnizzo; né ricorre a completamento di queste parole una foto, un video, un frammento che potesse giustificare la sua presenza in quei giorni di Liberazione della città dai nazifascisti. Da dove avrà partorito questa farneticazione Ragone e così la Direzione di Repubblica?
I marxisti-leninisti partenopei con una lettera aperta hanno chiesto spiegazioni su questo autentico falso storico, inventato di sana pianta, nell’ambito dei piagnistei che hanno seguito la morte di Napolitano. Quasi a ricostruire una “verginità” politica che l’ex capo dello Stato ha perso proprio in quei giorni decidendo dove schierarsi, ossia con i Guf, come ricorda la Cellula napoletana allo smemorato di “Repubblica”, Ragone, che non partecipò alle Gloriose Quattro Giornate di Napoli e che solo nel 1945 decise di entrare nel PCI. D’altronde Napolitano non figura tra i partigiani perché oggettivamente in quei giorni rifuggì i monti e le lotte contro i nazifascisti rifugiandosi in altro luogo grazie alla sua famiglia borghese e nobiliare.
Se davvero fosse un amante della verità storica il direttore Ragone avrebbe potuto dimostrare e argomentare le sue tesi rispondendo alle nostre domande e obiezioni. E invece si è sottratto a ogni confronto e ha scelto il vile silenzio. E con ciò ha finito per avvalorare le osservazioni sollevate dalla nostra lettera, che qui pubblichiamo integralmente.
 
Egr. Direttore,
i marxisti-leninisti partenopei sono rimasti colpiti dal suo ultimo editoriale apparso su “La Repubblica-Napoli” di domenica 24 settembre a pagina 14 e dal titolo a nostro sommesso avviso equivoco “Le Quattro Giornate di Napolitano”. Si afferma sibillinamente anche se non in maniera chiara che Giorgio Napolitano avrebbe partecipato alle Gloriose Quattro Giornate di Napoli con queste parole iniziali: “aveva 18 anni Giorgio Napolitano quando il popolo in armi scacciò i nazisti. Era uno studente e faceva parte di un gruppo di giovani antifascisti. Fu testimone della storica rivolta, uno degli ultimi, ormai sono trascorsi ottant’anni. A quelle radici, a quei ricordi, il presidente è rimasto fedele per tutta la vita. In quegli avvenimenti nasce la sua formazione. Un militante della libertà e della democrazia. Con una fede incrollabile nella politica. Quella vera”.
Ci saremmo aspettatati a corredo del suo editoriale una foto di Napolitano combattente o partecipante che scacciava, in armi semmai, la teppaglia nazifascista dalla città, semmai in seno ai combattenti del Vomero, oppure con Maddalena “Lena” Cerasuolo o ancora con Antonio Amoretti nel centro di Napoli, o, vista la giovane età, a capo di quegli studenti antifascisti, come Adolfo Pansini, o degli scugnizzi, come Vincenzo Leone, che diedero un contributo inestimabile alla lotta contro le orde di Hitler e Mussolini, pagando anche con la vita, come fu per Gennaro Capuozzo. Nulla di tutto questo. Non vi è traccia, direttore, della partecipazione di Napolitano all’evento storico dove il proletariato e le masse popolari napoletane furono i primi come città capoluogo a mettere in fuga i nazifascisti. Anzi ci verrebbe da chiedere: in quelle giornate dove gli antifascisti e i comunisti in prima fila davano la vita per la libertà del popolo partenopeo, Giorgio Napolitano dov’era?
Sappiamo di certo che Giorgio Napolitano si formò politicamente dal 1942 nel Guf (Gruppo universitario fascista) non appena s'iscrisse all'Università di Napoli Insomma, Napolitano come tanti altri intellettuali borghesi, di origine liberale e nobiliare, divenuti poi dirigenti del PCI nel dopoguerra, era un fascista, iscritto al Guf fin dal 1942, collaborando attivamente al settimanale dei fascisti universitari di Napoli "IX maggio", dove curava una rubrica di critica teatrale e cinematografica, e ha anche partecipato alla Mostra di Venezia e all'annesso convegno degli universitari fascisti in Laguna. Un'adesione al fascismo, dunque, che Napolitano compie in piena consapevolezza, maturata all'apice dei vent'anni di dittatura mussoliniana, dopo la promulgazione delle leggi razziali, l'alleanza con Hitler e l'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale prima contro la Francia (10 giugno 1940) e poi contro l'Unione Sovietica. Direttore, le chiediamo, forse retoricamente: come mai Napolitano non ha mai rinnegato apertamente questo suo imbarazzante passato di militanza fascista e non ha mai sentito il bisogno di fare un'autocritica pubblica? Cosa ha avuto da nascondere l’ex massima carica dello Stato che da grande opportunista qual è, militava nel Guf mentre i partigiani lottavano e morivano in montagna e si è iscritto al PCI solo nel 1945?
Una verità a dir poco infamante, per noi maxisti-leninisti, per quella che è stata la più alta carica dello Stato nonché garante della Costituzione. Una verità inconfutabile quanto inconfessabile e vergognosamente nascosta e che nell’articolo si evita accuratamente di parlarne. Di questo ce ne dispiace vista l’iniziativa editoriale che il suo giornale a Napoli ha dedicato a questo avvenimento e al quale noi abbiamo dedicato un manifesto affisso a Napoli, Pozzuoli e Giugliano. Nel ringraziarla della sua attenzione, torniamo alla domanda iniziale e la specifichiamo: dove si trovava Giorgio Napolitano tra il 27 e il 30 settembre 1943 mentre Napoli si liberava dalle orde nazifasciste?
La ringraziamo per il suo tempo e la sua attenzione.
La Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI


4 ottobre 2023