Riflessioni sul discorso del Segretario generale alla 6ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI tenutasi il 14 gennaio 2018
Fondamentale applicare con determinazione le indicazioni di Scuderi per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso
 

di Ugo - Genova

Cinque anni fa, e precisamente il 14 gennaio 2018, il Segretario generale compagno Giovanni Scuderi tracciava, in occasione della 6° Sessione plenaria del 5° Comitato centrale del PMLI tenutasi a Firenze, alcune problematiche che il PMLI doveva, e in ogni modo, dovrà, necessariamente affrontare.
Descrivendo lo stato del Partito di cinque anni fa, il compagno Scuderi ha detto: “Il nostro Partito sta attraversando un passaggio assai delicato della sua storia. Dobbiamo prenderne coscienza, adeguare ad esso il nostro spirito e atteggiamento, discutere a fondo la questione e prendere le misure necessarie per superare questo passaggio e per proseguire con maggiore consapevolezza, chiarezza e coerenza la nostra Lunga marcia politica e organizzativa sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista.
Il motivo fondamentale di questa nuova situazione del Partito è costituito dal fatto che, come detto, non siamo riusciti ancora a risolvere i tre vecchi problemi: quello economico, quello dell'allargamento del gruppo di lavoro al Centro, quello del radicamento locale” . Mi sembra che essi siano ancora attuali.
Non conosco la situazione finanziaria attuale, o passata, del Partito. Ciò nondimeno, nel suo discorso scritto, il compagno Scuderi ne illustra un quadro abbastanza severo. Persino preoccupante. Tutti noi sappiamo quanto sia necessario, per un Partito come il nostro che vive esclusivamente di contributi economici dei propri militanti e simpatizzanti, il valore del “vil denaro”. Senza denaro non paghi l’affitto della Sede centrale. Senza denaro perdi l’agibilità politica. Diventa per cui strategico, sia per diffondere, sia per ampliare il più possibile il lavoro politico che il PMLI svolge nel Paese, sia per continuare a essere la voce e la bandiera anticapitalista e rivoluzionaria che tutti riconoscono, contribuire in massa al suo sostegno economico. Impegno che non deve essere estemporaneo, ma regolare, continuo.
Nel suo elaborato il compagno Scuderi, dopo aver discusso di come sono state risolte alcune contraddizioni interne al Partito, interviene sulla situazione economica e sociale in cui vive il proletariato italiano. Leggendo i dati che riporta sembrerebbe che da quegli anni nulla sia cambiato (forse il quadro generale è persino peggiorato). Ogni giorno in Italia continuano a morire sul lavoro, medialmente, tre lavoratori. Le pensioni per i giovani sono un miraggio. E per ampi strati della popolazione un miraggio è arrivare alla fine del mese.
Questo sta a significare che i governi che in questi anni si sono succeduti - compreso il governo neofascista Meloni - non hanno fatto nulla per eliminare il divario sociale, mentre hanno garantito i privilegi dei capitalisti, ignorando completamente le difficoltà che vive la popolazione intera. Penso ai tagli alla sanità, al precariato, alla disparità sociale e fiscale, alla disoccupazione giovanile, allo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori, al trattamento pensionistico, ai salari bassi e mi fermo qui. Poche voci si sono alzate in questi cinque anni per equilibrare, almeno in parte, queste disparità. E quando si sono alzate, o si alzano, si alzano timidamente, addirittura fingono di farlo. Ciò si è dimostrato palesemente quando i presunti partiti di “sinistra”, presenti in parlamento, si sono seduti al fianco del banchiere Mario Draghi dandogli il sostegno necessario per governare il Paese. E guai, durante quel mandato, a chi si opponeva. Come era da immaginare da persona di potere qual è, l’ex-premier Mario Draghi ha badato agli interessi della sua parte borghese, lanciando strali e fiamme su chi contestava, su chi aveva il difetto di non aver capito il proprio ruolo; quello di essere un proletario; merce necessaria per innalzare il profitto e per tenere alta l’immagine dell'imperialismo italiano nel mondo; e tutto questo con il beneplacito di quella presunta “sinistra”.
Come porre un argine? Un rimedio? Un passo che propone il compagno Scuderi è il lavoro sindacale. Lavorare all’interno dei luoghi di lavoro. Nella scuola. Nella società. In ogni movimento di massa. E dentro la CGIL. Creare correnti unendo anticapitalisti e antifascisti. Con l’obiettivo di costruire un sindacato fondato sulla democrazia diretta.
Altro argomento tracciato nel suo importante scritto, è “la via del cambiamento”.
Il PMLI vuole cambiare l’Italia, anche gli altri partiti vogliono cambiare l’Italia. Si chiede e chiede a tutti noi, un po’ provocatoriamente, il compagno Scuderi, ma allora dove sta la differenza? La differenza eccome se esiste. E dice bene il nostro Segretario generale dando soluzione alla sua domanda e usando la sua consueta chiarezza senza inutili giri di parole. I partiti borghesi vogliono adeguare, al nuovo che arriva, il capitalismo dandogli ulteriore sviluppo. Noi lo vogliamo abolire. Molti economisti borghesi, riconoscendo le frequenti difficoltà finanziarie che incorre il capitalismo, problematicità responsabili di generare conflitti sociali, quali licenziamenti, che potrebbero mettere in dubbio la filosofia che regge il sistema di produzione capitalistico, considerano la fase attuale del capitalismo da adeguare e come superata. Attenzione però, non superata e quindi da sostituire, come, per esempio, giudicherebbero gli anticapitalisti. Ma superata nella sua rigidità (d’altronde la dialettica insegna proprio questo, il movimento e il cambiamento esistono in tutto ciò che ci circonda). Avere un capitalismo meno rigido, quindi, non significa sostituirlo con un sistema economico più equo. Ma farlo approdare definitivamente dentro la ricetta Keynesiana, cioè estendere, completamente, nel settore privato l’intervento pubblico; in pratica scaricare sulla fiscalità, e quindi sulle spalle di chi paga le tasse, le crisi di produzione capitalistiche.
Come ci dice, attraverso il suo scritto, il compagno Scuderi, il proletariato italiano, con la responsabilità attiva dei revisionisti, ha subìto negli anni (da decenni) una politica di regresso culturale che lo ha di fatto decomunistizzato, deideologizzato, corrotto con il riformismo, tanto da indurlo a rinunciare alla lotta di classe. Abbiamo il dovere, per superare questa stagnazione culturale, rilanciare le nostre parole d’ordine. Intensificare i nostri sforzi per mettere in luce il falso mito dell’elettoralismo, del parlamentarismo, del pacifismo e la truffaldina tesi della “via italiana al socialismo”. Una sola via maestra può condurre il proletariato alla giustizia sociale, all’uguaglianza, al socialismo. E quella via maestra non può che essere il superamento del sistema di produzione capitalistico attraverso la rivoluzione proletaria e socialista.
Il ruolo che il PMLI si è assunto il 9 Aprile del 1977, cioè quando è stato fondato, non ha mezze misure. Ma i marxisti-leninisti non sono per le mezze misure. E se di fronte esistono grosse difficoltà i marxisti-leninisti sanno che non devono demotivarsi, non devono arretrare. Piuttosto studiare, lavorare politicamente fra le masse, fare conoscere, attraverso il loro lavoro politico, il proprio programma, le proprie proposte, le proprie idee. Infondere fra il proletariato la consapevolezza del proprio ruolo, della propria forza. Dare fiducia, fare emergere la coscienza di classe, ora assopita, e fornire definitivamente al PMLI quel corpo di Gigante Rosso che necessariamente gli occorre per condurre all’emancipazione il proletariato. E per questo occorre applicare con determinazione e senza soluzione di continuità le indicazioni concrete, specie quelle sul radicamento locale, contenute nel discorso al CC del Partito.
Giovanni Scuderi termina citando le conclusioni del capolavoro ideologico rivoluzionario di Marx e Engels il “Manifesto del Partito Comunista” . Io concluderò questa riflessione, nell’idea che possa essere un auspicio, parafrasando il suo prologo - “Uno spettro si aggira per l'Italia - lo spettro del PMLI” .

15 novembre 2023