Mentana, “ributtante” e ipocrita
Su Instagram attacca il cartello del PMLI “Con Hamas, le Brigate Ezzedin al-Quassam e il popolo palestinese. Per la liberazione della Palestina”. Non cita mai le posizioni del Partito sul TG LA7
 
Questo manifesto, ributtante dal mio punto di vista, è però involontariamente emblematico della posta in gioco nella fase che viviamo. C'è una parte del mondo – la nostra – in cui un simile messaggio si può scrivere, stampare ed esibire. E pur considerandolo bestiale, soprattutto quattro settimane dopo la strage del 7 ottobre, sono orgoglioso di vivere là dove ogni manifestazione del pensiero può essere diffusa. Ma oggi è impensabile issare un manifesto di accusa al terrorismo palestinese, o anche semplicemente manifestare contro Hamas a Teheran, a Damasco, ma anche al Cairo e ad Amman o a Doha. Spero che la guerra finisca al più presto, prego per le popolazioni esposte (e non solo per i bambini), mi batto e mi batterò sempre per la soluzione “due popoli e due stati”: ma poi il conflitto globale sarà sempre lo stesso, perché c'è chi può vivere in libertà e chi no. L'illusione che i conti fossero stati regolati 78 anni fa è perduta, e piuttosto che teorizzare catastrofici piani di “esportazione della democrazia” sarà bene cominciare a proteggere la nostra ”.
In questo modo si apre e si chiude un post su Instagram di Enrico Mentana, direttore del TG dell'emittente televisiva La7, che fa da didascalia a una foto del manifesto del PMLI in appoggio ad Hamas e alla Resistenza palestinese portato in piazza dai compagni e dalle compagne della cellula “Mao” il 4 novembre scorso a Milano.

Ipocrita attacco al PMLI e alla resistenza palestinese
Un attacco diretto tanto al nostro partito quanto alla resistenza palestinese, ma anche un apologetico e incondizionato sostegno a Israele e all'occidente capitalista.
Non sfugge a nessuno, infatti, – e nemmeno ai commenti delle centinaia di lettori che l'hanno aspramente criticato – che Mentana fa “la sua lezioncina di democrazia” esaltando l'occidente capitalista, e al modello Israele, dove tutto parrebbe lecito e consentito, contrapponendogli l'oscurantismo islamico che invece la nega. Da vecchio volpone del giornalismo borghese qual è, si dice orgoglioso di vivere in un Paese che evidentemente considera libero, e che consente “addirittura senza censura”, di scrivere e portare in piazza posizioni “così aberranti”, ovviamente per lui. Il finale con cui conclude il suo post è inquietante e squilla come una chiamata alle armi: “piuttosto che teorizzare catastrofici piani di 'esportazione della democrazia' sarà bene cominciare a proteggere la nostra ”. Capovolgendo ogni evidenza, spaccia addirittura il suo democratico occidente sotto attacco. No, a suo dire e alla stessa stregua dei fascisti e dei razzisti del governo Meloni che si preoccupano del rischio di “sostituzione etnica”, le vittime sarebbero i paesi imperialisti occidentali e non piuttosto Gaza e i miliardi di popoli appartenenti ai paesi più poveri ed economicamente arretrati che sono occupati, depredati, saccheggiati di ogni loro ricchezza e schiavizzati, oggi come e più di ieri, dal neocolonialismo imperialista. Guai a toccargli l'occidente imperialista, specie se a puntare il dito contro di esso è lo spettro dei marxisti-leninisti che firma quel manifesto di solidarietà con Hamas e la Resistenza palestinese.

Un prodotto di Craxi e Berlusconi
Enrico Mentana, nato a Milano il 15 gennaio del 1955 dal padre Franco Mentana, giornalista sportivo, e dalla madre Lella Cingoli di origine ebraica, ha iniziato la sua carriera negli anni Ottanta in pieno craxismo, provenendo direttamente prima dal gruppo anarchico “Movimento Socialista Libertario”, e poi dalla Federazione Giovani Socialisti Italiani del PSI. Nel 1980 viene assunto presso la Redazione Esteri del TG1, ufficiosamente di area cattolica, anche se mantiene stretti legami col Partito Socialista. Nel lontano 1987, fiutando la crisi che di lì a breve farà crollare il regno corrotto di Bettino Craxi, rifiuta di fare da testimonial per uno spot elettorale del suo partito di riferimento. Dopo la fine del PSI, colui che si è autoeletto da anni paladino del giornalismo libero e oggettivo, passa armi e bagagli con Berlusconi, che gli garantiva una carriera di tutto rispetto come direttore del TG5 e come direttore editoriale di Mediaset. Da buona volpe, sempre abile a fiutare gli eventi e ad anticiparli, nel 2009 affermando di aver voluto difendere un principio proponendo di stravolgere il palinsesto per la morte di Eluana Englaro, abbandona Mediaset per La7, che diventa il suo nuovo regno, diventando uno dei referenti giornalistici della Sinistra perbenista e moderata del Bel Paese. Dopo l'azione di legittima resistenza scatenata da Hamas contro l'occupante israeliano si è distinto per il suo sostanziale appoggio alla barbarie israeliana a Gaza, quantunque sia abile a infarcirlo di sofismi grazie a una fuorviante dialettica.

La censura di Mentana al PMLI
È uno strenuo difensore del “pluralismo” a tal punto che, in occasione della pubblicazione del vomitevole e razzista libro del generale Vannacci dal titolo “Il mondo al contrario”, ne appoggiò la diffusione proprio per difendere la libertà d'espressione e in nome del “politicamente corretto”. Ma questo pluralismo Mentana lo accetta se i temi sono confinati all'interno delle idee borghesi e dominanti, in quelle cioè che il suo stesso pensiero accetta; ai tempi del Covid infatti dichiarò che non avrebbe mai consentito a un no-vax di parlare nelle sue trasmissioni, e così fece, sempre nel nome della tanto decantata libertà d'espressione.
Se da un lato anche oggi egli si dice orgoglioso di vivere in un Paese dove “si può dire tutto”, è altrettanto vero che non c'è stato un istante, non solo in questo post, ma in tutto l'insieme delle puntate del suo telegiornale, nel quale Mentana abbia dato spazio alle ragioni della resistenza palestinese, e di conseguenza di Hamas che ne rappresenta oggettivamente la punta più avanzata e antimperialista. E figuriamoci se questo spazio, l'ipocrita direttore del TG LA7, può concepire di darlo al PMLI, che ha ai suoi occhi la colpa di battersi contro il capitalismo e per il socialismo e di sostenere una politica strenuamente antimperialista, antitetica a quel sionismo israeliano col quale costui simpatizza. Insomma democratico a senso unico e solo a parole, perché in realtà è un feroce censore e inquisitore dei suoi nemici di classe.

L'appoggio militante al sionismo
La parzialità di Mentana va oltre al PMLI; non è un caso infatti, che in una manifestazione così partecipata dalla comunità islamica come quella di Milano, nella quale poco o nulla c'entrano i salotti televisivi frequentati solitamente da Mentana, quel manifesto con le nostre parole d'ordine sia stato condiviso e apprezzato non da terroristi o da fanatici islamici, ma dalla popolazione araba e dai sinceri antimperialisti, che hanno ben chiaro che la resistenza palestinese è un fronte unito largo e coeso che ha deciso di reagire e di opporsi all'oppressore sionista.
Che non si possa “issare un manifesto di accusa al terrorismo palestinese, o anche semplicemente manifestare contro Hamas a Teheran, a Damasco, ma anche al Cairo e ad Amman o a Doha”, è un fatto che ha anche la sua spiegazione; solo nella mente di chi difende Israele e legittima la sua occupazione ultradecennale in Palestina, così come questo nuovo massacro nella striscia di Gaza, Hamas viene definita e dipinta come un'organizzazione terroristica. Rammenti che anche i nostri gloriosi partigiani erano etichettati dagli occupanti nazisti come banditi e terroristi. Per il mondo islamico, invece, per chi ha consapevolezza di ciò che accade da anni in quell'area del Medio Oriente, e per coloro che sono sinceramente antimperialisti, Hamas non è che parte, e oggi trainante, di un vasto movimento di resistenza che lotta con ogni mezzo per la liberazione e l'indipendenza della Palestina. Il nocciolo della questione è che l'unico terrorista è il governo sionista d'Israele, sul quale però Mentana anche stavolta non spreca una parola.

Lo sfidiamo al confronto
Tanta attenzione al nostro manifesto che come spesso accade ha il merito di andare dritto alla contraddizione principale, eppure dov'è finita quella democrazia, quella libertà di parola che millanta, se intende liquidare una lettura così importante e diffusa e un intero partito con un post su Instagram senza dargli voce?
Ha un solo modo per dimostrare di essere rispettoso del confronto democratico tra idee diverse ed è quello di invitarci a una delle sue trasmissioni e così ciascuno avrà modo di esporre e difendere le rispettive ragioni. Noi siamo disponibili e aspettiamo il suo invito. In caso contrario si confermerà un democratico a senso unico: disponibile e aperto coi propri simili, intollerante e censore dei propri avversari.

15 novembre 2023