Maxi processo ‘ndrine
Pittelli, ex FI massone, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa

Dal corrispondente del PMLI per la Calabria
Lunedì 20 novembre, nell’aula bunker di Lamezia Terme, è stata pronunciata la sentenza di primo grado del maxiprocesso “Rinascita Scott” a carico di 338 imputati.
Nel dicembre del 2019, l’inchiesta guidata dall’ormai ex procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri, aveva permesso di scoperchiare l’ennesimo intreccio criminale tra le cosche del vibonese con a capo i Mancuso di Limbadi e diversi politicanti borghesi della destra e della “sinistra”, massoni, imprenditori, funzionari pubblici e uomini degli apparati dello stato deviati.
Un vero e proprio terremoto giudiziario che portò in Calabria a 334 ordinanze di custodia cautelare, 416 indagati, 250 capi d’imputazione e 15 milioni di euro sequestrati. Non a caso lo stesso Gratteri definì l’operazione “la più grande inchiesta antimafia dopo il maxiprocesso di Palermo”.
La lettura della sentenza è durata circa un’ora e quaranta minuti e alla fine il collegio giudicante del tribunale di Vibo Valentia ha inflitto 11 anni di carcere all’ex senatore di Forza Italia ed avvocato penalista Giancarlo Pittelli per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa e per due casi di rivelazione di segreto d’ufficio. Assolto invece dall’accusa di abuso d’ufficio aggravato perché il fatto non sussiste.
Pittelli, uomo chiave dell’inchiesta considerato la “cerniera tra i due mondi” al servizio di Luigi Mancuso detto il “Supremo”, nonché appartenente alla loggia massonica del Grande Oriente d’Italia, il 7 dicembre del 2021 mentre era agli arresti domiciliari, indirizzò una lettera d’aiuto alla sua amica Mara Carfagna, allora ministra per il Sud e la coesione Territoriale, dove denunciava il suo stato detentivo invitandola a mettersi in contatto telefonico con lui. Questa violazione aveva indotto la Dda di Catanzaro a chiedere e ottenere dal tribunale collegiale di Vibo Valentia il ripristino della detenzione in carcere suscitando diverse polemiche tra i parlamentari di Forza Italia. Un partito, è bene ricordare, che fin dalla sua fondazione è sempre stato considerato punto di riferimento dei mafiosi.
Subito dopo la condanna il colletto bianco massone e fascista, recitando il ruolo della vittima innocente perseguitata dalla giustizia ha dichiarato: “Sono sempre stato abituato a non commentare le sentenze, continuerò a farlo. Lascio agli sciacalli di turno il compito di imperversare, così come hanno fatto in questi quattro anni, sulle televisioni nazionali e locali”.
Per gli avvocati di Pittelli, che hanno addirittura paragonato il loro assistito a Enzo Tortora, si è trattato di una “condanna indispensabile per salvare la credibilità dell’intera operazione investigativa Rinascita Scott”, certi che “l’innocenza dell’imputato verrà riconosciuta seppure con imperdonabile ritardo e dopo aver causato danni incommensurabili”.
Nel frattempo continuano i guai giudiziari per l’ex senatore di Forza Italia. Il 24 novembre scorso i finanzieri del comando provinciale di Catanzaro lo hanno posto ai domiciliari con l’accusa di bancarotta fraudolenta in quanto amministratore di fatto di una società già in liquidazione poi dichiarata fallita.
E menomale che dopo essere stato scaricato da Berlusconi, la fascista Meloni offrendogli telefonicamente una candidatura alla Camera e dandogli il benvenuto in Fratelli d’Italia, lo definiva un “valore aggiunto per la Calabria e per tutta l’Italia”.
Proprio lui, avvocato prediletto dai boss della ‘ndrangheta calabrese perché capace “di mettere mano ai processi con le sue ambigue conoscenze e rapporti d’amicizia con magistrati”.
Tra i politicanti borghesi, oltre a Pittelli, condannato anche l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino colluso con la cosca di Piscopio (un anno e mezzo di carcere) nonostante la richiesta iniziale a 20 anni di reclusione.
Assolto invece l’ex sindaco (PD) di Pizzo Calabro Gianluca Callipo accusato sempre di concorso esterno con la ‘ndrangheta.
Oltre alle condanne pesanti dei principali boss delle ‘ndrine vibonesi e alcuni imprenditori, sono stati giudicati colpevoli anche uomini appartenenti alle cosiddette “forze dell’ordine” come l’ex capitano dei carabinieri Giorgio Naselli (2 anni e 6 mesi), l’ex comandante della polizia municipale di Vibo Valentia Filippo Nesci (4 anni) e l’ex agente della Dia passato ai servizi segreti Michele Marinaro (10 anni e 6 mesi). Quest’ultimo secondo gli inquirenti nel maggio 2019 avrebbe informato Pittelli che sarebbe stato arrestato da lì a poco.
Insomma, il maxiprocesso “Rinascita Scott” ha certamente inferto un duro colpo alla criminalità organizzata calabrese confermando il marciume della società capitalista ma non è stata di certo “decapitata” come si è potuto leggere su alcuni organi di stampa locali.
Non è stata decapitata perché come da sempre sosteniamo noi del PMLI la testa della piovra mafiosa si trova dentro la classe dominante borghese, lo Stato borghese e l’economia capitalistica.
La lotta contro la criminalità organizzata rientra quindi nella lotta di classe tra il proletariato e la borghesia, tra il socialismo e il capitalismo, tra il marxismo- leninismo-pensiero di Mao e il riformismo, il revisionismo e il neorevisionismo.
Per iniziare a contrastarla efficacemente occorre battersi per il lavoro, lo sviluppo e l’industrializzazione dell’intero Mezzogiorno, non con la militarizzazione del territorio, con l'oppressione delle masse e la fascistizzazione della società o con la costruzione del famigerato Ponte sullo Stretto.
Per questo è necessario delegittimare, disgregare e distruggere le istituzioni rappresentative borghesi perché al servizio del capitalismo e delle mafie iniziando fin da subito ad abbattere da sinistra e dalla piazza il governo neofascista Meloni.
Uniamoci quindi in un vasto Fronte unito antifascista, poi ognuno sarà libero di andare per la propria strada.
Noi marxisti-leninisti italiani andremo fino in fondo contro il capitalismo, per la conquista del socialismo e del potere politico del proletariato.

29 novembre 2023