Report dell'Istat relativo al 2022
Oltre 5,6 milioni di italiani in povertà assoluta. 1,3 milioni i minorenni
 
Secondo il report dell'Istat, nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta o relativa oltre 14 milioni di persone. Una cifra spropositata, in aumento dall'anno precedente di oltre un punto percentuale, soprattutto se si pensa che ci si riferisce a una delle 8 nazioni più industrializzate del mondo, dove evidentemente si arricchisce prevalentemente la grande e media borghesia che continua a spartirsi utili da capogiro sulla pelle delle masse popolari.
Per il proletariato infatti le condizioni di vita sono ben diverse. Dei 14 milioni di poveri, risultano in povertà assoluta 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale in aumento dal 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di persone (9,7% in crescita dal 9,1% del 2021). E non è un caso se quasi un terzo di esse, è rappresentato da famiglie con almeno uno straniero nel nucleo familiare.

Cosa intende l'Istat per povertà assoluta
La soglia di povertà assoluta rappresenta in sostanza la spesa minima necessaria per acquisire i beni e servizi inseriti nel paniere di povertà assoluta. Varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla regione e dimensione del comune di residenza.
Per le modalità di calcolo, l'Istat tiene conto del fatto che i costi sono variabili nelle diverse regioni del Paese e considera “l'unità familiare” come riferimento del paniere. I fabbisogni essenziali sono stati individuati in un’alimentazione adeguata, nella disponibilità di un’abitazione - di ampiezza consona alla dimensione del nucleo familiare, riscaldata, dotata dei principali servizi, beni durevoli e accessori - e nel minimo necessario per vestirsi, comunicare, informarsi, muoversi sul territorio, istruirsi e mantenersi in buona salute. Insomma, potersi permettere il minimo per vivere.
Di conseguenza, il paniere si compone di tre macro componenti - alimentare, abitazione, residuale - la cui valutazione monetaria non è stata effettuata al prezzo minimo assoluto, ma al prezzo minimo accessibile per tutte le famiglie.

Aumentano persone e famiglie in povertà assoluta
L'incremento delle famiglie e delle persone in povertà assoluta, secondo l'istituto di statistica, è imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell'inflazione registrata nel 2022 (+8,7% la variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo - IPCA), il cui impatto è risultato insostenibile per le famiglie meno abbienti, riducendo drasticamente il potere d'acquisto degli stipendi già bassi e precari. Naturalmente le famiglie più in difficoltà hanno subito anche un calo della loro spesa del 2,5%, il che significa che hanno minor denaro da spendere e con quello che spendono acquistano minore quantità di beni.
Secondo l'Istat i bonus sociali per l’energia e il gas - potenziati nel 2022 sia in termini di platea di beneficiari sia nell’importo a causa della crisi energetica speculativa a seguito della guerra in Ucraina – hanno drenato appena sette decimi di punto, rivelandosi un puro e semplice palliativo, assolutamente incapace di contrastare un così grande problema che svela in maniera chiara e inequivocabile la necessità di misure incisive, soprattutto al sud, e su tutte il diritto al lavoro, negato d'ufficio nel capitalismo.
Tornando ai dati, l'incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (10,7%, da 10,1% del 2021), con un picco nel Sud (11,2%), seguita dal Nord-est (7,9%) e Nord-ovest (7,2%). In generale però la distribuzione delle famiglie povere, cioè sia in povertà assoluta che relativa, è equa a livello territoriale: il 41,4% risiede nel Mezzogiorno (41,7% nel 2021) e il 42,9% al Nord (42,6% nel 2021), il che conferma che mentre a Sud non ci si rialza, al Nord si affonda.

Le conseguenze del capitalismo continuano a colpire soprattutto i minori
Il 2022 conferma che l’incidenza di povertà assoluta è più elevata tra le famiglie con un maggior numero di componenti: raggiunge infatti il 22,5% tra quelle con cinque e più componenti e l’11,0% tra quelle con quattro. Segnali di peggioramento provengono dalle famiglie di tre componenti (8,2% da 6,9%). Il disagio più marcato si osserva per le famiglie con tre o più figli minori dove l’incidenza arriva al 22,3%; e, più in generale, per le coppie con tre o più figli (20,7%).
In pratica nel nostro Paese sono poveri assoluti quasi 1 milione 269 mila minori, e anche stavolta l’incidenza nel Mezzogiorno è la maggiore, con il 15,9% sul totale. Rispetto al 2021 la condizione dei minori è stabile a livello nazionale, ma si colgono segnali di peggioramento per i bambini da 4 a 6 anni del Centro e per quelli dai 7 ai 13 anni del Mezzogiorno, per i quali si arriva al 16,8% dal 13,8% osservato nell’anno precedente.
In generale le famiglie in povertà assoluta in cui sono presenti minori sono 720mila, con un’incidenza dell’11,8%, anch'essa in aumento rispetto all'11% del 2021, e è indicativo che la diffusione del fenomeno aumenti al crescere del numero di figli minori presenti in famiglia e a quelle monogenitore.
È chiaro che l’incidenza della povertà tra le famiglie con minori varia molto a seconda della condizione lavorativa e della posizione nella professione: fra gli occupati è al 9,4%, ma se l'estrazione della famiglia è operaia si sale al 15,6%; si arriva al 22,8% se la persona di riferimento economico è disoccupato e addirittura al 28,1% se è in cerca di occupazione. Una fotografia di una chiara società classista.
Inoltre, ben il 36% del totale dei nuclei familiari con minori composto totalmente da stranieri è in povertà assoluta, un dato allarmante che dimostra qual'è lo scandaloso livello di integrazione che offre il nostro Paese.

Si conferma più diffusa la povertà assoluta tra le famiglie in affitto
Nel 2022, il 17,6% delle famiglie residenti in Italia paga un affitto; una larga fetta delle altre ha si la casa di proprietà, ma paga un mutuo sempre più salato.
Ma per poter stipulare un mutuo, quindi per indebitarsi di centinaia di migliaia di euro per un trentennio con la Banca di turno, servono anche certe caratteristiche che non tutti hanno. Ecco perché oggi si contano oltre 983mila famiglie in affitto, che sono povere, e che rappresentano il 45% di tutte le famiglie povere, con un’incidenza di povertà assoluta del 21,2% contro il 4,8% di quelle che vivono in abitazioni di proprietà. Un altro elemento che conferma come, subito dopo il lavoro, sia la casa che determina la salute economica delle persone.

Quasi 9 milioni in povertà relativa
Nelle rilevazioni del 2022, Istat ha posto la soglia di povertà relativa familiare a 1.150 euro per una famiglia di due componenti, aumentandolo dai circa 1.054 euro del 2021. Una cifra minima, che a nostro avviso non rispecchia appieno il reale aumento dei costi dovuti all'inflazione.
In ogni caso, pur con un indice piuttosto moderato, nel 2022 le famiglie in condizioni di povertà relativa sono oltre 2,8 milioni, per un totale di 8,6 milioni di individui. Come per la povertà assoluta, l’incidenza della povertà relativa cresce in relazione all’aumentare del numero dei componenti della famiglia; nel 2022 ad esempio per quelle monocomponenti si attesta al 4,9%, fino ad arrivare al 35% per le famiglie più numerose (di 5 componenti e oltre). Fra le tipologie familiari, infatti, mostrano i valori più elevati le famiglie con tre o più figli minori.
I trend generali della povertà relativa seguono quelli già analizzat per l'assoluta.

Per cancellare la povertà occorre abbattere il capitalismo
Insomma, se il quadro del 2022 è stato drammatico, immaginiamo che la situazione attuale nel novembre del 2023, dopo un anno di ulteriori aumenti di prezzi, tassi d'interessi e servizi, con gli stipendi ancora al palo, sia ancor peggiore. Eppure il governo neofascista Meloni, si appresta a chiudere una manovra finanziaria a beneficio degli speculatori, degli evasori, riservando alle masse popolari il solito pugno di lenticchie.
A nostro avviso, come già accennato, la soluzione alla povertà è il lavoro, stabile, tutelato, e a salario pieno; il lavoro infatti è un diritto che nel nostro Paese va riconquistato. Non ha funzionato nemmeno il reddito di cittadinanza, sia per le sue distorsioni applicative, ma soprattutto perché basso e insufficiente a coprire le necessità; noi non lo abbiamo mai sostenuto, anche se il governo Meloni si è macchiato di un crimine sociale abolendolo dalla mattina alla sera senza essere capace di dare altri strumenti alle masse popolari bisognose e disagiate.
Una misura che viene oggi richiesta con forza da tutto il fronte della “sinistra” parlamentare e anche da una gran fetta di quella extraparlamentare come contrasto alla povertà, è il salario minimo per legge. A nostro avviso in una situazione come questa di inflazione in crescita, di tassi di interesse alle stelle che non accennano a ridimensionarsi e grazie ai quali le Banche fanno utili miliardari, e con un padronato aggressivo e poco combattuto come non mai, è più facile prevedere che il salario minimo per legge tenda ad appiattire le retribuzioni, indirizzando al ribasso anche il salario medio che in Italia è già largamente inferiore agli altri paesi.
Noi siamo altresì favorevoli al salario minimo per via contrattuale, ma dobbiamo essere consapevoli che la lotta per alzare i salari passa anzitutto per la mobilitazione della classe operaia e dei lavoratori e la firma di contratti nazionali dignitosi.
A nostro avviso lo strumento che serve affinché il lavoro e la casa siano diritti inalienabili per tutti – questi si strumenti per drenare realmente la povertà – continua ad essere la lotta di classe, cosciente e organizzata.
In ogni caso, nel ribadire le necessità di un grande fronte unito di lotta totale contro il governo neofascista Meloni che chieda un lavoro stabile e tutelato per tutti, il diritto alla casa, una politica fiscale proporzionale alle rendite e ai patrimoni che sostituisca via via le imposte indirette, e un welfare efficace, noi marxisti-leninisti continuiamo a chiedere nell'immediato l'applicazione di un reddito di emergenza di 1.200 euro per tutti i disoccupati e i senza reddito (migranti e casalinghe incluse) poiché, se da un lato la pandemia è finita, dall'altro la crisi economica perdura e si fa sempre più ampia e grave, come anche lo stesso rapporto dell'Istat conferma.
Poi una volta abbattuto questo governo neofascista e affamatore del popolo, noi continueremo a lottare contro la causa delle crisi e della povertà nel mondo, e cioè il capitalismo, per conquistare il socialismo e il potere politico da parte del proletariato che poi, in fin dei conti, è la madre di tutte le questioni politiche e sociali.

6 dicembre 2023