Al Campus Einaudi di Torino
La polizia manganella gli antifascisti
Due professoresse antifasciste ferite al pronto soccorso
 
Dopo appena un mese dall'ultimo episodio di violenza squadristica da parte della polizia in assetto antisommosa nei confronti di studenti e studentesse antifasciste, siamo nuovamente a denunciare un episodio analogo che ha come teatro il campus universitario Luigi Einaudi di Torino.
Oltre al luogo, sono gli stessi anche gli attori, sia i pestati che i protetti; infatti la volta scorsa la polizia difese l'iniziativa del Fuan, organizzazione giovanile fascista collegata a Fratelli d'Italia, alla quale partecipò l'assessore della regione Piemonte di FfI, ed anche stavolta – il 6 di dicembre - i manganelli delle “forze dell'ordine” borghese sono stati utilizzati per consentire a militanti dello stesso Fuan di svolgere impunemente un volantinaggio provocatorio.
Fra l'altro risulterebbe che la polizia era stata chiamata dallo stesso Fuan per “ragioni di sicurezza”, e prontamente accorsa. Una sorta di “scorta personale” che ha stimolato la reazione di Alessandra Algostino, docente di Diritto Costituzionale pestata assieme alla collega Alice Cauduro nel giorno dei funerali di Giulia Cecchettin, secondo la quale questa solerzia nell'intervenire a supporto dei fascisti “non c'è mai quando le donne chiamano temendo una violenza”.
Insomma martedì scorso la scena si è ripetuta appena fuori dai cancelli dell'università, dove il cordone della polizia bloccava la strada nella quale decine di studenti e di studentesse erano nel frattempo intervenuti contestando i diffusori ed intonando slogan antifascisti ed anche “Bella Ciao”.
Eppure, nonostante l'assenza di contatto fisico a causa della protezione poliziesca, e sotto la regia di agenti della Digos che riprendevano dai piani alti dell'università, appena i fascisti del Fuan se ne sono andati, la polizia ha improvvisamente aperto la carica pestando violentemente gli studenti a colpi di scudo e manganelli.
“Sembrava tutto finito (…) – dichiara Algostino - e stavamo per tornare al nostro lavoro, quando improvvisamente la carica, gli scudi e i manganelli addosso. La storia mia e della collega, Alice Cauduro, finisce al pronto soccorso, con sette giorni di prognosi, come quella di una studentessa con il braccio rotto; le cariche sono proseguite, altri studenti sono stati picchiati, uno studente è stato fermato e rilasciato all’alba.”.
Le due insegnanti sporgeranno denuncia per l'aggressione definita “violenta e gratuita” subita da parte delle forze dell’ordine, e chiederanno al Rettore di intervenire presso la questura, anche se non conforta il fatto che un mese fa, di fronte a fatti analoghi, il Rettore stesso non è stato capace di fare altro che chiudersi in un omertoso e complice silenzio.
È di tutta evidenza che il ripetersi di fatti come questo, non solo a Torino, ma anche a Firenze, Milano, Roma ed in ogni altra parte d'Italia mostra che la già avviata e progressiva chiusura degli spazi di protesta e di inasprimento della repressione del dissenso, si è esponenzialmente intensificata con l'arrivo del governo neofascista Meloni, passando da decreto sicurezza in decreto sicurezza, in chiave sempre più restrittiva.
Non è un caso infatti che fin dal primo sui rave il governo Meloni, abbia adottato un numero impressionante di decreti che criminalizzano la solidarietà, puniscono il dissenso, i migranti, il disagio sociale, mettendo nel mirino soprattutto le antifasciste e gli antifascisti che si oppongono a questa deriva neofascista della società, a certe leggi, ed alla cultura revisionista, oscurantista e reazionaria che il governo vuole radicare nell'opinione pubblica. Certo, Meloni e ministri in questa escalation autoritaria e repressiva non dimenticano le masse operaie in lotta, come testimonia la recente precettazione di Salvini ai danni dei lavoratori e delle lavoratrici dei trasporti in occasione dello sciopero generale territoriale promosso da CGIL e UIL.
Un governo insomma che continua in ogni occasione a negare ogni possibilità di espressione del dissenso, del conflitto, della critica, e che non risparmia nessuno, neppure chi lotta per il diritto alla casa, così come gli attivisti per il clima sui quali si stanno abbattendo con estrema violenza tutte queste misure restrittive e penali di stampo fascista
“L’antifascismo è il fondamento della Repubblica e attraversa tutta la Costituzione – chiude la professoressa Algostino la sua testimonianza pubblicata su Il manifesto – e gli studenti in presidio lo stavano difendendo. L’università deve essere un luogo, antifascista, di costruzione di sapere critico, aperto alla partecipazione e al dissenso. È un mondo a rovescio, non permettiamo che diventi la norma.”.
Pur non condividendo l'esaltazione della Costituzione e della “Repubblica” borghesi, noi apprezziamo lo spirito dell'insegnante, soprattutto perché porta in sé il messaggio più importante, e cioè che il fascismo e tutto ciò che si porta dietro come il razzismo, la xenofobia, l'omofobia e la violenza, sono incompatibili anche con gli stessi valori democratico-borghesi.
Il fascismo è un reato e non una opinione, e per questo condividiamo e rilanciamo lo slogan “Fuori la polizia dalle università, fuori i fascisti dalle università! Sciogliere i gruppi neofascisti!”; in questa ottica creare un quanto più vasto fronte unito per buttare giù con la piazza il governo neofascista Meloni prima che faccia altri danni è l'obiettivo principale che il popolo antifascista e democratico deve porsi.
Infine, esprimiamo solidarietà militante alle professoresse, alle studentesse e agli studenti che sono state vittime della violenza squadrista della polizia di Piantedosi. Che mille assemblee antifasciste nelle università occupate si moltiplichino e diano rossi frutti di unitaria e compatta Resistenza alle politiche liberticide ed antidemocratiche del governo Meloni in camicia nera.

13 dicembre 2023