Rapporto Svimez
Il Sud più indietro sulla Sanità
Grazie all'autonomia differenziata le diseguaglianze tra Nord e Sud aumenteranno ulteriormente

Il 7 Febbraio scorso è stato presentato a Roma il Rapporto Svimez “Un Paese, due cure. I divari Nord-Sud nel diritto alla salute” redatto in collaborazione con Save The Children. Il Report, pubblicato nell’ultimo numero di Informazioni Svimez, è una fotografia impietosa delle condizioni territoriali del SSN al quale si rivolgono i cittadini per le cure.
Nell'ambito della presentazione è stato proiettato un video con le storie immaginarie di due donne, una calabrese e una emiliana, che affrontano la stessa patologia oncologica. Due storie che riflettono la realtà del divario Nord-Sud nella qualità dei Sistemi Sanitari Regionali (Ssr) e del conseguente terrificante "turismo sanitario"di molti cittadini del Mezzogiorno, indotto dal bisogno di ricevere assistenza nelle strutture sanitarie del Centro e del Nord, specie per curare le patologie più gravi. La stessa Save the Children ha ribadito come i divari territoriali addirittura siano evidenti già a partire dalla nascita, tanto sono ormai esplosive le disuguaglianze territoriali: secondo l'Istat infatti, il tasso di mortalità infantile, entro il primo anno di vita, è di 1,8 decessi ogni 1000 nati vivi in Toscana, ma è quasi doppio in Sicilia (3,3) e più che doppio in Calabria (3,9).
Non è dunque la stessa cosa nascere nel Centro-Nord rispetto al nascere al Sud, tutt'altro. I divari territoriali poi sono aumentati dopo la pandemia e nell'ambito di un contesto di sostanziale smantellamento del Sistema Sanitario il quale, nel confronto europeo, risulta sottodimensionato per stanziamenti di risorse pubbliche (in media 6,6% del Pil contro il 9,4% di Germania e l’8,9% di Francia), a fronte di un inaccettabile contributo dato ai privati molto elevato (24% della spesa sanitaria complessiva, quasi il doppio di Francia e Germania).
A dimostrazione del fatto che i governanti nazionali e locali del regime neofascista hanno smantellato il diritto alla salute demolendo in qualità e quantità il SSN per spingere le masse (coloro che possono permetterselo almeno) verso la sanità privata, un preciso, infame e criminogeno disegno politico basato sulla legge del massimo profitto a tutto vantaggio della borghesia, delle mafie e spesso e volentieri in odore di "santità".Come si vede quindi i soldi per rilanciare almeno in parte il SSN ci sarebbero, ma vengono dirottati verso il privato.
Analizzando la spesa sanitaria sul piano regionale (fonte Conti Pubblici territoriali) risultano livelli di spesa per abitante, corrente e per investimenti, ovviamente più contenuti nelle regioni meridionali. A fronte di una media nazionale di 2.140 euro, la spesa corrente più bassa si registra in Calabria (1.748 euro), Campania (1.818 euro), Basilicata (1.941 euro) e Puglia (1.978 euro). Per la parte di spesa in conto capitale, i valori più bassi si ravvisano in Campania (18 euro), Lazio (24 euro) e Calabria (27 euro), a fronte del dato nazionale che si attesta su una media di 41 euro.
Il monitoraggio dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), offre un quadro delle differenze di tipo qualitativo delle prestazioni fornite dai diversi SSR, e fa emergere i deludenti risultati del Sud: 5 regioni del Mezzogiorno risultano totalmente inadempienti. Secondo le recenti valutazioni del Crea (Centro per la ricerca economica applicata in sanità), sono il 6,1% le famiglie italiane in povertà sanitaria, che hanno riscontrato difficoltà o hanno addirittura rinunciato a sostenere spese sanitarie. Nel Sud la quota della povertà sanitaria sale all’8% dei nuclei familiari, una percentuale doppia rispetto al 4% del Nord-Est e comunque più alta del resto del Paese, il 5,9% al Nord-Ovest, 5% al Centro, a fronte appunto di una media nazionale del 6,1%. Questo significa che in Italia oggi vi sono 1,6 milioni di famiglie italiane in povertà sanitaria, di cui almeno 700 mila al Sud.
Il Mezzogiorno, secondo gli indicatori Bes (Benessere Equo e Sostenibile) sulla salute, è l’area del Paese caratterizzata dalle peggiori condizioni di salute, cosa particolarmente infame perché non dovuta solo a cause "naturali" (basti pensare che è la Pianura Padana ad essere una delle zone più inquinate del mondo) ma appunto economiche e politiche.
Gli indicatori relativi alla speranza di vita mostrano una differenziale territoriale marcata e crescente nel 2022, la speranza di vita alla nascita per i cittadini meridionali era di 81,7 anni, in media 1,3 anni in meno del Centro e del Nord-Ovest, 1,5 in meno rispetto al Nord-Est. Al Sud si verificano quindi i dati più alti per la mortalità evitabile causata da deficit nell’assistenza sanitaria e nell’offerta di servizi di prevenzione. Il tasso di mortalità per tumore è pari al 9,6% per 10 mila abitanti per gli uomini rispetto a circa l’8% del Nord.
A parità di patologia dunque si muore di più al Sud, le donne vedono poi crescere il divario rispetto ai pazienti maschi: 8,2% di decedute al Sud contro il meno del 7% al Nord, il dato è in forte crescita se si pensa che nel 2010 i due dati erano praticamente allineati.
Il fenomeno è dovuto anche al fatto che nel Mezzogiorno vi è meno prevenzione oncologica, secondo l’Istituto superiore di sanità (Iss), nel biennio 2021-2022, in Italia circa il 70% delle donne di 50-69 anni si è sottoposta ai controlli e di queste circa due su tre lo ha fatto aderendo ai programmi di screening gratuiti.
La copertura complessiva è dell’80% al Nord, del 76% al Centro, ma si ferma ad appena il 58% nel Mezzogiorno. La prima regione per copertura è il Friuli-Venezia Giulia (87,8%), l’ultima è la Calabria (ma va?), dove solamente il 42,5% delle donne di 50-69 anni si è sottoposto ai controlli.
I dati relativi agli screening organizzati dai SSR confermano i profondi divari regionali nell’offerta di servizi che dovrebbero essere garantiti su tutto il territorio nazionale in maniera uniforme in quanto compresi tra i Lea.
La percentuale di donne che ha avuto accesso a screening organizzati oscilla tra valori compresi tra il 63 e il 76% in Veneto, Toscana, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, P.A. di Trento, Umbria e Liguria contro il 31% in Abruzzo e Molise, appena il 20,4% in Campania e addirittura solo l'11,8% in Calabria, il dato più basso d'Italia. Per quanto riguarda le cure, si verifica uno vero e propria “esodo” di massa dal Sud per ricevere assistenza in strutture sanitarie del Centro e del Nord, soprattutto per le patologie più gravi. Nel 2022 dei 629 mila migranti sanitari ben il 44% era residente in una regione del Mezzogiorno.
Per i tumori 12.401 pazienti meridionali, il 22% del totale dei pazienti, si sono spostati per ricevere cure in un SSR del Centro o del Nord.
Solo 811 pazienti del Centro-Nord (lo 0,1% del totale) hanno fatto il viaggio inverso.
È la Calabria a registrare l’incidenza più elevata di migrazioni: il 43% dei pazienti si rivolge a strutture sanitarie di Regioni non confinanti, seguita da Basilicata con il 25% e dalla Sicilia con il 16,5%.
Save the Children evidenzia poi in particolare numeri crescenti anche nelle migrazioni sanitarie pediatriche da Sud verso il Centro-Nord, segno di carenze o di sfiducia nel sistema sanitario delle regioni del Mezzogiorno: l’indice di fuga o "turismo sanitario" nel 2020 si è attestato in media all’8,7% a livello nazionale, con differenze territoriali che vanno dal 3,4% del Lazio al 43,4% del Molise, il 30,8% della Basilicata, il 26,8% dell’Umbria e il 23,6% della Calabria.
Un terzo dei bambini e degli adolescenti si mette in viaggio dal Sud per ricevere cure per disturbi mentali o neurologici, della nutrizione o del metabolismo nei centri specialistici del Centro e del Nord verso le sedi di Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs) pediatrici.
L’autonomia differenziata in ambito sanitario aggrava le disuguaglianze interregionali nelle condizioni di accesso al diritto alla salute. Per il direttore generale della Svimez, Luca Bianchi, infatti: “La necessità di incrementare le risorse complessivamente allocate alla sanità convive con la priorità di potenziare da subito le finalità di equità del SSN.
I dati del Report offrono la fotografia preoccupante di un divario di cura che si traduce in minori aspettative di vita e più alti tassi di mortalità per le patologie più gravi nelle regioni del Mezzogiorno. La scelta, spesso obbligata, di emigrare per curarsi oltre ai costi individuali finisce per amplificare i divari nella capacità di spesa dei diversi sistemi regionali. Rafforzare la dimensione universale del Sistema sanitario nazionale è la strada per rendere effettivo il diritto costituzionale alla salute. Una direzione opposta a quella che invece si propone con l’autonomia differenziata dalla quale deriverebbero ulteriori ampliamenti dei divari territoriali di salute e una conseguente crescita della mobilità di cura".
Mentre per Raffaella Milano di Save The Children: "La condizione di povertà familiare incide fortemente sui percorsi di prevenzione e sull’accesso alle cure da parte dei bambini. È necessario un impegno delle istituzioni a tutti i livelli per assicurare una rete di servizi di prevenzione e cura per l’infanzia e l’adolescenza all’altezza delle necessità, con un investimento mirato nelle aree più deprivate. Occorre conoscere e superare i divari territoriali che oggi condizionano l’accesso ad un servizio sanitario che rischia di essere 'nazionale' solo sulla carta. È un investimento da mettere al centro dell’agenda della politica”.
Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe a proposito dei dati ha affermato: “Il nostro SSN è ormai profondamente indebolito e segnato da inaccettabili diseguaglianze regionali. E con l’attuazione delle maggiori autonomie in sanità si legittimerà normativamente la 'frattura strutturale' Nord-Sud: il Meridione sarà sempre più dipendente dalla sanità del Nord, minando l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute. Uno scenario già evidente: su 14 Regioni adempienti ai Livelli Essenziali di Assistenza solo 3 sono del Sud (Abruzzo, Puglia e Basilicata) e tutte a fondo classifica mentre la fuga per curarsi verso il Nord vale circa 4,25 miliardi di euro”. “I dati del report restituiscono l’immagine di un Paese diviso a metà nell’accesso alle cure sanitarie. Dal nostro osservatorio, ed è un ulteriore elemento di preoccupazione, emerge una frammentazione che si aggiunge alle disuguaglianze Sud-Nord poiché riguarda questioni diffuse come la desertificazione dei professionisti e dei servizi. Medici di medicina generale ed infermieri, ad esempio, sono carenti al Nord più che al Sud, ma mancano in generale nelle aree interne, come anche alcuni servizi caratterizzati da alta innovazione e specializzazione. In questo quadro la riforma della autonomia differenziata, sulla quale si continua a ragionare – e per giunta con scarsissimo coinvolgimento dei cittadini - senza la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni, dà come unica certezza quella di amplificare questa frammentazione e di consegnarci un Paese ulteriormente diviso nella garanzia del diritto alla salute”, ha affermato Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva.
Lo smantellamento del diritto alla salute nel regime capitalista neofascista è dunque cosa fatta ed è avvenuto grazie ai governanti locali e nazionali della destra e della "sinistra" del regime e alle politiche lacrime e sangue imposte dall'infame UE imperialista, aggravando la Questione merdionale, per noi marxisti-leninisti la vera questione nazionale e le differenza tra le regioni.
Tra l'altro anche lontano dal Mezzogiorno i costi sanitari pubblici e privati aumentano, rendendo per i più poveri impossibili le cure, la prevenzione e la diagnosi anche nelle regioni più ricche.
Una vergogna immane che va cancellata con la lotta per la Sanità pubblica, gratuita, senza ticket, gestita dai pazienti e dai lavoratori del settore, lottando contro l'inquinamento e per la bonifica dei territori, tenendo nel mirino il nero governo Meloni e la sua infame "autonomia differenziata"(gradita anche dalla "sinistra" del regime, ennesima variante del federalismo neofascista) che va buttato giù da sinistra e dalla Piazza prima che possa fare ulteriori danni al nostro martoriato popolo.

3 aprile 2024