Report Bankitalia
Il 5% delle famiglie possiede quasi la metà della ricchezza

Come accade ogni anno, la Banca d’Italia ha presentato il report annuale dedicato ai conti distributivi sulla ricchezza delle famiglie nel nostro Paese.
Il primo dato certo è la conferma che, considerando tempi relativamente recenti, le famiglie italiane hanno registrato un calo della propria ricchezza a partire dalla crisi del capitalismo e dei debiti sovrani iniziata nel 2008, senza più riuscire a tornare ai livelli economici del 2011, che in ogni caso evidenziavano già grosse criticità e disparità economiche a danno delle masse popolari.

Ricchezza sempre più concentrata nelle mani di pochi
I dati aggiornati alla fine del 2022, configurano una accentuata spaccatura sociale in Italia e mostrano come “il cinque per cento delle famiglie italiane più ricche possieda circa il 46 per cento della ricchezza netta totale”, mentre al cinquanta per cento più povero resta in totale “meno dell’otto per cento” di tutta l’attuale ricchezza prodotta e detenuta.
In ambito internazionale, l'Italia si colloca sotto la media Ue per concentrazione della ricchezza, sugli stessi livelli della Francia e dietro la Germania che appare "il paese con il maggior grado di disuguaglianza in termini di ricchezza netta".

I patrimoni immobiliari
Secondo Bankitalia la metà degli averi degli italiani è rappresentata dalle abitazioni, ma il dato varia molto in base alla fascia di popolazione considerata. Va poi ricordato che le abitazioni di “proprietà” sulle quali si calcola economicamente tale “ricchezza”, nella stragrande maggioranza dei casi nella fascia bassa della popolazione hanno come sottostante un mutuo “prima casa” che obbliga al pagamento di salatissime rate, e che le rende schiave del debito per decine di anni. Un salasso costante per ottenere un tetto che dovrebbe essere un diritto inalienabile e gratuito per tutti.
Al contrario, l’acquisto di immobili per i ricchi diviene soprattutto una condizione speculativa, un indebitamento per far profitti; ecco infatti che le case rappresentano addirittura i tre quarti della ricchezza totale per le famiglie sotto la soglia di “media”, mentre è poco più di un terzo per quelle appartenenti alla classe più ricca, con l’ulteriore differenza che le prime rappresentano una sorta di “tassa mensile”, mentre le seconde una ulteriore fonte di profitto.
Inoltre, mentre i pochi ricchi si sbizzarriscono a diversificare i loro denari in investimenti immobiliari, azionari, fondi speculativi, polizze e quant’altro, per le famiglie più povere che non hanno nemmeno una casa “di proprietà”, i pochi spiccioli che riescono a risparmiare dopo aver pagato anche l'affitto, rappresentano l’unica componente della loro cosiddetta “ricchezza finanziaria”, che purtroppo rimane pressoché nulla.

Ricchi sempre più ricchi
La distribuzione della ricchezza rappresenta una disuguaglianza netta che nel corso degli ultimi anni si è fatta più feroce; infatti se i principali indici sono rimasti sostanzialmente stabili tra il 2017 e il 2022, tra il 2010 e il 2016 l’indice di Gini (che misura la concentrazione, compreso fra 0 e 1, e utilizzato per rilevare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza) è aumentato da 0,67 a 0,713, mentre la quota di ricchezza netta posseduta dal cinque per cento più ricco delle famiglie è passata dal 40 al 48%, per poi assestarsi ad un sonoro 46% rilevato alla fine del 2022.
In altre parole, se le famiglie italiane sotto la media detengono circa 60 mila euro nelle diverse forme (prime case incluse), ciascuna di quelle che rappresentano il 10% più ricco ne possiede oltre 2 milioni; e sono proprio queste famiglie quelle che nell’ultimo decennio hanno aumentato i loro depositi di oltre il 40%. Una sproporzione che mostra in maniera inequivocabile le ingiustizie sempre crescenti che il sistema capitalista produce e aggrava incessantemente.

Salario, disoccupazione e fisco ingiusto
A questa situazione contribuiscono senz’altro i salari, le pensioni e i redditi da lavoro dipendente che sono rimasti al palo, in alcuni settori fermi nominalmente da oltre un decennio e dunque ridotti nel loro potere di acquisto per colpa di un aumento speculativo del costo della vita in continua ascesa e di una inflazione ancora alle stelle, e la disoccupazione.
Tutti i governi borghesi che si sono succeduti fino a giungere a quello neofascista capeggiato da Meloni, oltre a confermare e rilanciare a termini di legge il neoliberismo e il conseguente aumento delle disuguaglianze sociali che gli è proprio, hanno agevolato questo processo anche attraverso controriforme fiscali sempre più ingiuste e basate sulle imposte indirette che colpiscono in prevalenza le fasce più deboli della popolazione, senza scalfire i grandi patrimoni.
A questo proposito uno studio appena pubblicato dai ricercatori della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Università Milano-Bicocca pubblicato sul prestigioso “Journal of the european economic association”, dimostra che il sistema fiscale italiano è regressivo, ingiusto e anche in netto contrasto con quanto stabilito dell’art. 53 della Costituzione borghese del ’48 alla quale tutti si appellano.
Lo studio conferma infatti che la concentrazione dei redditi è in aumento a partire in particolare dalla crisi finanziaria del 2008, ma dice anche che sono i giovani e le donne che emergono come fasce sociali più svantaggiate da questa tendenza.
Lo studio conferma anche il contenuto dei nostri numerosi articoli, che hanno sempre denunciato questo sistema fiscale che favorisce i ricchi borghesi e i capitalisti; e lo fa affermando che il 5% più ricco degli italiani in termini di reddito, paga nei fatti aliquote inferiori rispetto al restante 95% della popolazione.

Nessun governo borghese torce un capello ai patrimoni
Come riporta “Greenreport”, un altro studio della stessa Scuola Superiore Sant’Anna, dimostra che aumentare blandamente la progressività delle tasse sulle multinazionali e sull’uno per cento più ricco degli europei – dei soli multimilionari insomma - permetterebbe di finanziare per intero un argomento di vitale importanza per la popolazione di tutto il mondo e per l’intero pianeta quale la transizione ecologica e, contestualmente, se andasse in porto la sola iniziativa europea “Tax the Rich”, lo Stato italiano incasserebbe dai 14,5 ai 25,5 miliardi di euro l’anno semplicemente concentrandosi sulla tassazione dello 0,1% più ricco, da destinare a politiche di sostenibilità ambientale e sociale.
Naturalmente questi esempi echeggiano possibili riforme istituzionali che sono però bloccate sul nascere, iniziative che non vedranno mai la luce nell’ambito del sistema capitalista imperante proprio perché gli sono avverse; come sperare dunque che chi governa, possa torcersi anche solo un capello per volontà propria?

Lottare contro il capitalismo per il socialismo
Nell’immediato è ovviamente necessario che le masse popolari si battano unite per una fiscalità equa e concentrata sui patrimoni, per la redistribuzione della ricchezza dei profitti capitalistici a favore dei salari, per aumenti salariali consistenti e netti in tutte le categorie fino al ripristino della scala mobile o di un altro meccanismo automatico che porti i salari al pari passo dell’inflazione, per la piena occupazione, il diritto alla casa e per tutte le altre battaglie sociali oggi necessarie a ridurre questo inaccettabile gap.
Nel nostro Paese questa lotta unita in quello che vorremmo essere un quanto più largo fronte unito possibile, dovrebbe essere indirizzata in particolare contro il governo Meloni che oggi rappresenta gli interessi e i voleri dei capitalisti e della borghesia nostrana; contro il governo che attualmente è il principale nemico delle masse popolari italiane, impoverite giorno dopo giorno di più in mille modi, tutti utili alla crescita dei profitti che si intascano un numero sempre inferiore di ricchi sempre più ricchi.
Va da sé però che inserire tutte queste rivendicazioni in una più generale lotta contro il capitalismo, che abbia per obiettivo il socialismo quale unico sistema che può ottenerle, rimane il passo fondamentale da compiere per risolvere una volta per tutte le innumerevoli e inaccettabili contraddizioni che questo sistema ingiusto e sbagliato genera in Italia come nel resto del mondo.

10 aprile 2024