IL 14 DICEMBRE TUTTI A ROMA PER CHIEDERE LE DIMISSIONI DI BERLUSCONI
Rivolta degli studenti e dei ricercatori per fermare la "riforma" Gelmini
Assediato il parlamento blindato
Bloccate stazioni, autostrade, ponti e città. Occupate scuole, università e monumenti, cortei non autorizzati. Le ragazze in prima fila. Le selvagge cariche delle "forze dell'ordine" non arrestano le proteste delle masse studentesche. Proteste di studenti, lavoratori e immigrati alla Prima della Scala. Berlusconi e Fini attaccano gli studenti in lotta
E' questa la via per difendere i diritti e gli interessi delle masse e il futuro dei giovani
L'appuntamento cruciale è quello del 14 dicembre davanti alla Camera, il giorno in cui i becchini parlamentari dell'istruzione e della ricerca pubblica si riuniscono per celebrarne la morte. Le studentesse e gli studenti dell'Onda e i precari della ricerca hanno proclamato una grandiosa giornata di lotta per bloccare questo piano scellerato e costringere il premier alle dimissioni.
L'invito a partecipare in massa è rivolto non solo a tutti i lavoratori della scuola, dell'università e della ricerca pubblica ma anche agli operai, ai precari di tutte le categorie, agli immigrati per "costruire con noi una vera e propria giornata di liberazione" perché "l'attacco che subiamo nelle scuole e nelle università è lo stesso che propone la Confindustria a Pomigliano, è lo stesso che subiscono le popolazioni campane sommerse dai cumuli di immondizia, è lo stesso delle popolazioni aquilane prese per i fondelli dall'illusione della 'ricostruzione', è lo stesso degli immigrati di Brescia saliti su una gru ed espulsi appena scesi" (doc. della Rete della conoscenza, pubblicato a parte).

La militarizzazione di Roma non ferma gli studenti
Nella capitale la grande mobilitazione di fine novembre è stata la prova generale di questa nuova grande ondata di lotte studentesche. Martedì 30, decine di migliaia di studenti medi ed universitari, con in testa le ragazze, volevano raggiungere Montecitorio per assediarlo, com'era avvenuto una settimana prima con l'occupazione dell'atrio del Senato mentre il PDL votava l'odiato "DDL Gelmini". Al mattino però Roma era una città militarizzata, un muro di camionette delle "forze dell'ordine" blindavano la "zona nera" dove insistono i palazzi del potere politico e un numero impressionante di uomini in divisa era stato sparpagliato tutto intorno. Decisi a raggiungere gli obiettivi che collettivamente erano stati stabiliti, le studentesse e gli studenti, tra cui anche giovanissimi, hanno tentato di sfondare gli sbarramenti provando anche a capovolgere i blindati. Ne sono seguite una raffica di cariche delle "forze dell'ordine" che hanno costretto il grande corteo a ripiegare in direzione del Colosseo e poi ad occupare i binari della stazione Termini.
Grave e imperdonabile che neanche questo impressionante "coprifuoco" nel centro di Roma, né l'uso sempre più massiccio dei manganelli e dei lacrimogeni per reprimere pacifiche manifestazioni, sono riusciti a convincere l'opposizione di cartone a denunciare in Parlamento il regime neofascista, lo Stato di Polizia, la dittatura neofascista che ha ormai rimesso la camicia nera all'Italia. Cosa altro serve? Quali interessi si nascondono dietro a questa omertà? Ogni volta che il nero esecutivo è in difficoltà, il PD liberale di Bersani continua beatamente a dormire permettendo ai gerarchi del regime di ricompattarsi e di fare quadrato per attaccare in coro gli studenti in rivolta. Il ministro della d-istruzione Mariastella Gelmini veniva accolta da un lungo applauso nella prima riunione del Consiglio dei ministri come fosse un eroina, mentre il ministro Maroni placidamente affermava: "ho il compito di evitare l'assalto ai luoghi sacri della democrazia". Dal canto suo il fascista ripulito Fini per il gruppo Futuro e Libertà, il cui voto sarà determinante per la definitiva approvazione della "storica" controriforma, non ha esitato a condannare "gli estremisti che hanno bloccato Roma", mentre il becero secessionista Umberto Bossi si è limitato a sospirare: "Questa è passata, speriamo sia un buon segno". È così a dettare la linea del "Me ne frego della piazza" è ancora una volta il neoduce in persona con le dichiarazioni più velenose (e deliranti): "Quelli che studiano sono a casa, in giro a protestare ci sono solo Centri sociali e fuori corso". Una arroganza che ha imbeccato le dichiarazioni non solo del pre-programmato pappagallo Gelmini ma anche dei dirigenti di "Azione universitaria": "siamo stanchi di perdere ore di lezione per colpa di chi non ha voglia di studiare". Dimenticano questi diligenti crumiri che una delle prime rivendicazioni, fin dalla nascita, del movimento dell'Onda è il diritto allo studio fatto a pezzi da un governo che in soli due anni, con le ultime finanziarie di lacrime e sangue, ha operato un taglio di ben l'89,5% dei fondi cancellando di fatto le "borse di studio" a 184.043 aventi diritto, senza contare i tagli a gli enti locali.

Ondata di cortei, occupazioni, autogestioni
Mentre la neonata "Radio Lond®a" ed altre radio autogestite informavano le reti studentesche sull'andamento del corteo romano in tutta Italia si moltiplicavano i cortei, le occupazioni e le autogestioni di scuole (centinaia e centinaia) e facoltà (oltre 75). Ovunque, anche sui tetti, si svolgevano le assemblee generali sovrane per decidere e coordinare le strategie, le scadenze e le forme di lotta. A Milano venivano occupati i binari della stazione Cadorna, poi i manifestanti per portare la protesta tra le vetrine della Milano-bene, sono stati selvaggiamente caricati dalla polizia in Via dell'Orso. Cariche della polizia anche a Brescia e a Genova dove uno studente è stato gravemente ferito mentre era in presidio dinanzi alla prefettura. A Napoli il grande corteo per "bloccare la città" si è soffermato nel lancio di sacchetti di immondizia dinanzi alla sede della provincia in Piazza Matteotti e alla regione a Santa Lucia, mentre uova e vernice rossa sono state lanciate sull'ingresso della sede dell'Unione degli Industriali in piazza dei Martiri e uno striscione veniva calato dal Castel dell'Ovo. A Bergamo gli studenti hanno scaricato dello sterco davanti all'abitazione della Gelmini.
"Chiamparino l'inaccettabile sei tu. Le strade sono degli studenti, le piazze della lotta", recitava così lo striscione esposto il 6 dicembre, con un'azione fulminea, dagli studenti torinesi proprio davanti alla porta del gabinetto del neopodestà targato PD, in risposta alle dichiarazioni forcaiole di quest'ultimo contro le manifestazioni studentesche che hanno paralizzato il capoluogo piemontese. "Chiamparino che cosa vuoi! quando blocchiamo lo decidiamo noi!", hanno urlato gli studenti e il giorno successivo hanno bloccato per quasi un'ora la stazione ferroviaria di Porta Nuova, fermando i treni a lunga percorrenza.

La repressione poliziesca
Durante l'occupzione del S. Carlo a Napoli, la polizia è penetrata nel teatro per sgomberare alcune centinaia di studenti che stavano solidarizzando con maestranze e artisti. Nei giorni seguenti occupato il Museo Madre in Piazza Cavour. Stazioni bloccate, oltre come detto a Milano, Torino e Roma, anche a Parma, Pisa, Perugia, Padova, Trieste e Venezia. Anche a Venezia la stazione ferroviaria è stata assediata, bloccate anche l'autostrada, così come a Torino, Genova, Pisa e Cosenza, mentre a Bari è stato occupato il Teatro Petruzzelli. A Bologna studenti e ricercatori hanno prima occupato il tratto urbano della A14 e poi si stavano apprestando a occupare i binari della stazione quando sono stati aggrediti dalle selvagge cariche della polizia che hanno provocato numerosi feriti. A Palermo è andata in scena in sequenza l'occupazione della sede Rai, del Consiglio regionale e del Municipio. A Firenze migliaia si sono riuniti in presidio dinanzi al Rettorato. Partecipati cortei, in contemporanea con la grande manifestazione romana, si sono svolti a Genova, L'Aquila, Roma, Napoli, Cagliari, Palermo e Trento. A Brescia e L'Aquila tutte le facoltà sono occupate.
Il 7 dicembre a Roma, 12 studenti sono stati fermati dalla polizia durante l'azione dimostrativa anti-privatizzazioni in via Minghetti sotto la sede degli uffici legali della Fondazione Roma, società contestata perché dovrebbe entrare nel Consiglio di Amministrazione della Sapienza. I vigilantes della Fondazione hanno iniziato a spintonare i manifestanti, quando questi hanno tentato di entrare nella sede, fino a infrangere la porta di vetro della fondazione che si è spaccata ed è crollata sui ragazzi. Un giovane è stato ferito dai frammenti di vetro.
All'arrivo delle "forze dell'ordine" gli studenti si sono mossi in direzione di piazza San Silvestro, dove sono stati raggiunti da due camionette e da alcuni poliziotti in tenuta antisommossa. I manifestanti hanno cominciato a correre per disperdersi, ma, come denuncia un esponente dell'Unione degli Universitari (UDU), che ha ricevuto una manganellata su una mano, gli studenti sono stati inseguiti e picchiati. La polizia ha effettuato una vera e propria caccia al manifestante, addirittura bloccando i mezzi pubblici, individuando gli studenti, facendoli scendere dagli autobus e portandoli al commissariato, dove sono stati identificati e denunciati.
La protesta più eclatante è stata quella del 7 dicembre a Milano, in occasione della Prima della Scala. In piazza gli studenti universitari insieme a quelli dell'Accademia d'arte drammatica e ai lavoratori dello spettacolo e della cultura. Una manifestazione annunciata che ha convinto il ministro della Cultura, Sandro Bondi, PDL, a rimanersene rintanato nei palazzi romani. All'improvviso, all'angolo fra la galleria e piazza della Scala, è partita una carica della polizia che ha spinto a colpi di manganello centinaia di studenti e lavoratori in fondo a piazza della Scala, lontano dall'ingresso del teatro. Intanto, il nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, mentre gli studenti e i lavoratori venivano picchiati dalla polizia, se ne stava ad ascoltare la lussuosa Prima, in compagnia di esponenti della destra e della "sinistra" borghese. Non una parola di solidarietà ai manifestanti è uscita dalla sua bocca. Ma a parlare ci hanno pensato le masse a suon di decine e decine di cartelli, portati dagli studenti e dai lavoratori, e parole d'ordine contro il governo. Tra queste: "Scala e Università: la Prima e l'ultima"; "Ma quali condizioni metereologiche: a Pompei piove da 2.700 anni. Solo voi siete riusciti a farla crollare!" e "Accozzaglia di affaristi, mafiosi, corrotti, leghisti, razzisti, post-fascisti, nani e ballerine: MANDIAMOLI TUTTI A CASA!" e "Tremontaccitua!". Dentro il teatro, intanto, faceva sentire la sua protesta contro i tagli al settore cultura e spettacolo anche il maestro Daniel Barenboim, prima di iniziare a dirigere la "Valchiria" di Wagner.
Fuori dalla Scala i manifestanti, tra cui il PMLI, portavano anche una riproduzione della torre di via Imbonati, per ricordare la lotta degli immigrati che per un mese hanno protestato per la regolarizzazione. Sulla riproduzione della torre è salita una ragazza che ha cantato "Oh Bella ciao" a squarciagola in un megafono.
Insomma è una valanga quella dei NO al Disegno di Legge Gelmini che va da un capo all'altro della penisola e che supera i confini nazionali e si collega alle rivolte studentesche che stanno infiammando l'Inghilterra e la Francia: a Parigi uno striscione contro il governo Berlusconi è stato calato dall'Arco di Trionfo. Il che conferma che il respiro di questo movimento vasto e di lunga durata, va oltre la lotta per dire NO ai tagli e alla privatizzazione, oltre la lotta per il ritiro del DDL, le dimissioni del ministro e del governo in carica, perché è in gioco: "La più grande rapina della storia del nostro paese: il furto del nostro futuro". A questo proposito i giovani della "Rete della conoscenza" sottolineano: "Le dimissioni di Berlusconi non risolvono il problema del berlusconismo... La caduta dell'esecutivo deve significare la caduta di tutte le leggi ingiuste, che privatizzano i beni comuni come l'acqua o che tagliano risorse da destinare alla società per dirottarle sulle scuole ed università private (265 milioni nell'ultima finanziaria di Tremonti), sulle spese di guerra o per grandi opere inutili e dannose". Per questo ribadiscono: "La vera opposizione siamo noi", "Occorre passare dalla Resistenza alla Riscossa", "Tutti a Roma per chiedere le dimissioni di Berlusconi!". Il PMLI è con loro: buttiamo giù il neoduce Berlusconi e il suo governo di macelleria sociale. Per scuola e università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti!
La via vincente è quella della lotta di classe, usando senza risparmio tutte le forme di lotta atte a raggiungere gli obbiettivi, come stanno facendo le masse studentesche. E infatti salutiamo positivamente lo sviluppo dei metodi di lotta, sempre più combattivi e di massa a cui ricorrono gli studenti decisi a non lasciarsi irretire e imprigionare nei limiti angusti e innocui in cui vorrebbero confinarli la destra e la "sinistra" borghese e apprezziamo la crescita degli obbiettivi di questa lotta di massa, specie tra i suoi settori più avanzati: dalla bocciatura della Gelmini si è allargata alla richiesta delle dimissioni dell'intero governo Berlusconi e al rigetto dell'intera legislazione neofascista approvata in questi anni. "L'auspicio del PMLI - si legge nel comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI del 25 novembre - è che l'eroica lotta delle studentesse, degli studenti, dei precari e dei ricercatori vada fino in fondo, e che a essa si unisca la lotta delle masse lavoratrici, pensionate, disoccupate, precarie e di tutte le forze democratiche e antifasciste per un nuovo 25 Aprile per liberarsi del nuovo Mussolini, Berlusconi.

9 dicembre 2010