Vergognosa sentenza
Assolto Berlusconi per il Lodo Mondadori
Ridotta la pena a Previti e alla sua banda di giudici e avvocati corrotti per Imi-Sir
Quella emessa il 23 maggio dalla corte d'Appello di Milano a conclusione del processo di secondo grado sulla scandalosa vicenda Imi-Sir/Lodo Mondadori è una sentenza vergognosa che di fatto cancella quello che il 6 agosto 2003 nelle motivazioni della sentenza di primo grado i giudici della IVa Sezione penale del tribunale di Milano definirono come "il più grave episodio di corruzione nella storia della Repubblica e forse del mondo" compiuto dal "privato corruttore" Berlusconi e dalla sua banda di giudici e avvocati corrotti con alla testa il fascista doc Cesare Previti.
Il collegio giudicante presieduto da Roberto Pallini ha mandato assolti tutti gli imputati con alla testa il neoduce Berlusconi "perché il fatto non sussiste" dall'accusa più grave, quella relativa alla corruzione dei giudici romani che, secondo l'accusa, in cambio di laute tangenti hanno "aggiustato" la sentenza civile sul Lodo Mondadori a favore di Silvio Berlusconi attribuendo al neoduce il pieno controllo del colosso editoriale di Segrate togliendolo a Carlo De Benedetti.
Secondo la corte d'Appello mancherebbero gli elementi che provano quella corruzione, tant'è che nel dispositivo della sentenza l'assoluzione è supportata dal secondo comma dell'articolo 530, quello sulla `vecchia' insufficienza di prove (formula questa che non esiste più nel Codice riformato).
In realtà Berlusconi era già fuori da questo processo grazie alla sopraggiunta prescrizione del reato avvenuta in virtù del riconoscimento delle attenuanti generiche al processo di Appello del maggio del 2001.
Condanne confermate, ma con pene fortemente ridotte, invece per l'altro capo d'imputazione, quello relativo alla vicenda Imi-Sir. In questo caso i giudici ammettono che è stata una corruzione ad "aggiustare" la sentenza civile che pose termine al lungo contenzioso tra l'Istituto Mobiliare Italiano (Imi) e il colosso petrolchimico Sir di Nino Rovelli.
Le pene però risultano molto inferiori a quelle inflitte in primo grado dal Tribunale di Milano il 29 aprile 2003 (vedi Il Bolscevico n.19 e 35/2003). Cesare Previti e Attilio Pacifico sono stati giudicati colpevoli di "corruzione attiva" nei confronti di Renato Squillante, all'epoca dei fatti capo dei Gip del tribunale di Roma, e condannati entrambi a 7 anni di reclusione invece degli 11 rimediati in primo grado. Allo stesso modo la condanna di Squillante passa da 8 anni e 6 mesi a 5 anni. Il giudice Vittorio Metta, da 13 a 6 anni. Felice Rovelli, figlio del petroliere Nino passa da 6 a 3 anni e sua mamma, Primarosa Battistella, da 4 anni e 6 mesi a 2 anni. Inoltre Previti e Pacifico sono stati giudicati colpevoli anche per il cosiddetto episodio Berlinguer, ovvero il tentativo di "aggiustamento" della causa Imi-Sir in Cassazione prima della quale sarebbe stato contattato l'avvocato Francesco Berlinguer perché avvicinasse un giudice della suprema corte, Simonetta Sotgiu.
Nessuna decisione, invece, sull'entità dei risarcimenti danni che i giudici di primo grado avevano quantificato in 516 milioni di euro da pagare all'Imi e in un milione e 290 mila euro da corrispondere alla presidenza del Consiglio: ogni questione "economica" relativa al risarcimento danni, scrivono i giudici d'Appello di Milano nel dispositivo della sentenza, è competenza del Tribunale Civile.
L'ultima parola sul processo spetterà alla Cassazione; ed è proprio ai giudici in ermellino di Piazza Cavour che gli imputati guardano con fiducia dopo questa "mezza assoluzione". Non a caso il primo commento di Giorgio Perroni, uno degli avvocati difensori di Previti, è stato: "sono soddisfatto solo a metà. Speriamo di ribaltare questa valutazione in Cassazione". Sulla stessa lunghezza anche il suo collega, l'avvocato Alessandro Sammarco, il quale addirittura ha dichiarato che con questo verdetto d'Appello "il teorema accusatorio è stato sconfessato".
Di parere opposto invece Giuliano Pisapia, legale di parte civile per la Cir di De Benedetti, secondo cui si tratta di una "sentenza incomprensibile e contraddittoria" soprattutto perché "Metta viene ritenuto responsabile per un episodio mentre per l'altro, nonostante la presenza di elementi probatori e indiziari, viene assolto anche se in forma dubitatoria". Anche a lui, dunque, la Cassazione potrebbe portare buone nuove.

15 giugno 2005