Attentato al procuratore generale di Reggio Calabria
Un'escalation di attentati e intimidazione ai magistrati del capoluogo calabrese

Nella notte del 25 agosto, davanti al portone dell'abitazione del magistrato Di Landro, che guida la Procura di Reggio Calabria dal novembre del 2009, è esplosa una bomba al tritolo che ha provocato diversi danni, ma per fortuna nessuna vittima. Gli attentatori hanno agito indisturbati, arrivando su un motore e posizionando la bomba a lunga combustione e poi riuscendo a fuggire, come dimostrano le immagini di una telecamera di sorveglianza. Si tratta dell'ennesimo avvertimento che le 'ndrine lanciano al procuratore Di Landro.
Nello scorso mese di giugno l'automobile di servizio di Di Landro, fu sabotata mentre la vettura si trovava nel parcheggio del Centro direzionale, dove vengono lasciate le vetture di servizio dei magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia( DDA) e della Procura generale. Il 3 gennaio un ordigno era stato fatto esplodere davanti l'ingresso della Procura generale di Reggio.
Il 25 di gennaio un proiettile con un biglietto di minaccia era stato inviato al sostituto procuratore della DDA di Reggio, Giuseppe Lombardo. Insomma un'escalation di attentati ai magistrati reggini impegnati contro la 'ndrangheta senza che le istituzioni borghesi muovano un dito per preservarne l'incolumità. Di Landro dichiara: "Contro di me, a partire dall'attentato a gennaio contro la Procura generale, c'è stata una tensione malevola e delittuosa crescente, da parte della criminalità organizzata, che si è personalizzata. Vogliono farmela pagare, evidentemente per il fatto che ho sempre e in ogni circostanza fatto il mio dovere di magistrato. Dall'attentato del tre gennaio - ha aggiunto Di Landro - l'attenzione negativa nei miei confronti è aumentata sempre più fino all'attentato della scorsa notte, che rappresenta il culmine di questa strategia".
Si sono susseguite dopo questo ennesimo attentato le ipocrite dichiarazioni degli esponenti delle istituzioni borghesi. "Lo Stato è vicino al procuratore generale Di Landro e a tutta la magistratura reggina - dichiara il ministro della Giustizia Pdl, Angelino Alfano - Questo ultimo ennesimo vile atto intimidatorio conferma la bontà dell'impegno finora profuso nel contrasto alla 'ndrangheta, ma ci impone di mantenere alto il livello di guardia. Quanto è accaduto rafforza la determinazione del governo nel portare avanti la lotta alla criminalità mafiosa". Ancora più ipocrita la dichiarazione del ministro dell'Interno, il leghista Roberto Maroni, "una simile reazione dimostra quanto la 'ndragheta si senta sotto pressione per la dura azione che le Istituzioni stanno conducendo nei suoi confronti''. Secondo Maroni "bene ha fatto Di Landro a dire che non ci lasceremo intimidire e che continueremo a fare il nostro lavoro con più determinazione di prima''.
Oltre alle inconcludenti e false dichiarazioni propagandistiche questo governo per nulla credibile sul fronte della lotta antimafia dovrebbe porsi il problema di come mai la criminalità organizzata calabrese ha rialzato così il capo e riesca ad agire militarmente da mesi indisturbata, mettendo bombe sotto il Palazzo di giustizia, sabotando le macchine dei giudici, arrivando persino sotto le case dei magistrati a piazzare l'esplosivo. Tant'è che le indagini sull'attentato sono state affidate al Procuratore aggiunto di Catanzaro Murone, già oggetto in passato di accertamenti per i suoi presunti rapporti con una cosca e ora imputato per corruzione in atti giudiziari per aver sottratto illegalmente le inchieste "Poseidone" e "Why Not" che riguardavano appunto gli intrecci tra politici, imprese e criminalità organizzata nella gestione del denaro pubblico.
Il procuratore nazionale antimafia Grasso ha affermato che "questo ennesimo grave episodio si inserisce in una lunga scia di intimidazioni e minacce, iniziata lo scorso tre gennaio, nei confronti della magistratura calabrese tutta. Certamente Di Landro rappresenta il più alto vertice della magistratura in Calabria, ma non bisogna dimenticare che sono stati messi proiettili sulle macchine di servizio, sottoposte a vigilanza e posteggiate nel Palazzo di giustizia, di altri magistrati a riprova del fatto che si tratta di un piano di intimidazione generale e allargata".
Dura la presa di posizione del presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara che ha chiesto "al governo e alla politica'' interventi "seri e coerenti'' che "non ignorino le reali emergenze del settore giustizia'', tra cui, appunto, la criminalità organizzata che "vede fortemente impegnati magistrati e forze di polizia la cui attività non deve essere delegittimata agli occhi dei cittadini, come purtroppo è sistematicamente avvenuto negli ultimi tempi''.
Il problema è principalmente politico e risiede nel messaggio di sostanziale appoggio che la politica del neoduce sulla giustizia e il Mezzogiorno ha mandato alla criminalità organizzata.

1 settembre 2010