Secondo il rapporto della Caritas e della Fondazione Zancan
Sono aumentati a 8.370.000 i poveri in Italia (+3,7%)

Invitato a replicare alle tracotanti dichiarazioni rilasciate dall'AD Fiat, un operaio della Sata di Melfi ha denunciato in tv: "Marchionne guadagna 450 volte quello che guadagna uno di noi operai. Ho fatto i conti: dovremmo lavorare per 450 anni per prendere quanto lui: da quando Michelangelo finì il Giudizio Universale...". Questo è il paradosso in cui affonda l'Italia del neoduce Berlusconi: a un pugno di superricchi, tra padroni e manager pagati a peso d'oro, si contrappone la stragrande maggioranza del popolo italiano di giorno in giorno sempre più povero.
A confermarlo il decimo rapporto sulla povertà ed esclusione sociale messo a punto dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Zancan presentato alcune settimane fa a Roma, dove smentendo i dati Istat afferma che i poveri in Italia sono 8.370.000 e non 7.810.000 come sostenuto dai dati ufficiali dell'Istituto di Statistica. Ossia 560 mila persone in più (+3,7%).
"Non è vero - afferma il rapporto - che siamo meno poveri come farebbero pensare i dati ufficiali sulla povertà del luglio 2010" che parla di povertà stabile. Alle stime sui poveri, va aggiunto un 10%, circa 800 mila italiani, di "impoveriti", ossia persone che vivono in "forte fragilità economica".
Infatti, continua il rapporto, "secondo l'Istat lo scorso anno l'incidenza della povertà relativa è stata pari al 10,8% (era 11,3% nel 2008) mentre quella della povertà assoluta risulta del 4,7%. Secondo l'Istat si tratta di dati 'stabili' rispetto al 2008. In realtà si tratta di un'illusione ottica: succede che, visto che tutti stanno peggio, la linea della povertà relativa si è abbassata, passando da 999,67 euro del 2008 a 983,01 euro del 2009 per un nucleo di due persone". Se però aggiornassimo la linea di povertà del 2008 sulla base della variazione dei prezzi tra il 2008 e il 2009, il valore di riferimento non calerebbe "ma al contrario salirebbe a 1.007,67 euro. Con questa posizione di ricalcolo, alzando la linea della povertà relativa di soli 25 euro, circa 223 mila famiglie diventano povere relative: sono circa 560 mila persone in più da sommare a quelle già considerate dall'Istat (cioè 7.810.000 poveri) con un risultato ben più amaro rispetto ai dati ufficiali": 8.370.000 poveri nel 2009 (+3,7%).
Non è una novità ma un'amara constatazione che la povertà si conferma un fenomeno del Sud, delle famiglie numerose e monogenitoriali, e di chi ha bassi livelli di istruzione. Insomma - continua il rapporto - "sempre più famiglie, in cui uno o più membri lavorano, sono povere". Infatti "accanto ai dati ufficiali ci sono le persone impoverite che pur non essendo povere, vivono in una situazione di forte fragilità economica. Sono persone che, soprattutto in questo periodo di crisi, hanno dovuto modificare, in modo anche sostanziale, il proprio tenore di vita, privandosi di beni e servizi, precedentemente ritenuti necessari". I dati che confermano questa situazione sono il fatto che il credito al consumo è sceso dell'11%, i prestiti personali del 13% e la cessione del quinto dello stipendio a settembre 2009 ha raggiunto il +8%. Sulla base di questi ed altri parametri il rapporto calcola un 10% in più di poveri da sommare agli oltre 8 milioni stimati.
Il rapporto della Caritas e della Fondazione Zancon ci portano a ribadire quanto già denunciammo nel luglio scorso su Il Bolscevico commentando i dati ufficiali Istat. Ossia che ormai le condizioni di vita delle masse popolari italiane, non sono più tollerabili e rischiano di peggiorare ulteriormente, considerato che, alla diminuzione della capacità d'acquisto si accompagnano la privatizzazione di settori vitali, come acqua e sanità, gli aumenti vertiginosi delle tariffe, delle tasse scolastiche e universitarie, i pedaggi stradali e autostradali, il taglio dei servizi operati dai comuni a settori deboli della popolazione, come anziani con pensioni minime e disabili.
Il problema non può essere affrontato con le elemosine, come quei 500 euro mensili che il ministro Brunetta ipotizzava di dare ai giovani italiani per spingerli a uscire di casa o i ridicoli bonus governativi, come il "bonus vacanze" della ministra Brambrilla, uno schiaffo in faccia a famiglie che non possono arrivare nemmeno alla terza settimana del mese.
La povertà, peraltro, rischia di diffondersi ulteriormente con i provvedimenti antipopolari contenuti nell'ultima manovra finanziaria del governo del neoduce. Invece di tagli, occorrono rimedi strutturali, ossia permanenti non aleatori: aumenti degli stipendi e delle pensioni sociali, minime, basse e medie, ripristino della scala mobile, tagli fiscali ai redditi medio-bassi e aumento delle tasse ai redditi alti e altissimi, tassazione dei grandi patrimoni e delle grosse rendite, blocco totale dei prezzi e delle tariffe, blocco dei licenziamenti, stabilizzazione dei precari con un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato, "ammortizzatori sociali" universali, alzare la retribuzione della cassa integrazione, indennità di disoccupazione pari al salario medio degli operai dell'industria per un periodo non inferiore a tre anni, estesa ai giovani in cerca di prima occupazione, ampi interventi pubblici per il Mezzogiorno, abbattere gli interessi bancari sui mutui sulla prima casa. Occorre al più presto abbattere il governo Berlusconi e la sua politica di macelleria sociale e dell'immiserimento generale delle masse popolari. Solo così si potranno alleviare le condizioni delle masse popolari italiane.

3 novembre 2010