Non c'è accordo su Afghanistan, "manovra bis" e sul partito
Babele in Rifondazione
La proposta di Giordano sulla nuova segreteria ottiene solo il 55% di sì
Ferrero: se continua così in sei mesi smontiamo il partito

L'unico voto all'unanimità è stato quello, scontato, sull'ordine del giorno sul referendum costituzionale. Per il resto, il Comitato politico nazionale (CPN) di Rifondazione del 17 giugno, il primo dopo l'elezione di Franco Giordano a segretario in sostituzione di Bertinotti, ha registrato una spaccatura dopo l'altra fra maggioranza e minoranza, ma anche all'interno della stessa maggioranza.
Come non mai, una vera e propria Babele regna in Rifondazione, sottolineata dall'intervento dello stesso neoministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero che ha avvertito: "Se continua così in sei mesi smontiamo il partito".
La spaccatura più clamorosa avviene proprio sulla nomina della nuova segreteria proposta da Giordano che ottiene appena il 55% dei voti favorevoli: 98 sì, 73 contrari, 7 astenuti. Almeno 15-20 voti in meno di quelli che compongono la maggioranza.
Nella segreteria ai vecchi membri (Giordano, Ferrara, Daniela Santroni, Imma Barbarossa, Loredana Fraleone) vanno ad affiancarsi Michele De Palma, Roberta Fantozzi, Walter De Cesaris e l'operaista riformista Maurizio Zipponi, ex sindacalista che nel giro di pochi mesi è divenuto deputato, membro del CPN e della segreteria nazionale.
Hanno votato contro la nuova segreteria non solo la corrente revisionista e trotzkista "Essere comunisti" di Grassi, e quelle ufficialmente trotzkiste, "Sinistra critica" di Cannavò e Malabarba e "Falcemartello" di Bellotti, ma anche una parte della maggioranza che si è riconosciuta nell'intervento del trotzkista operaista (ex Avanguardia operaia, ex DP), Pietro Vinci che aveva chiesto di sospendere la votazione a favore di scelte più collegiali e aveva rifiutato che i nomi fossero imposti dall'alto. Richiesta liquidata da Giordano: "Troppa conflittualità sulla linea politica per un'apertura". "La linea è chiara - ha ribadito Giordano - incidere sul programma senza avere un atteggiamento di nicchia". Prendere o lasciare. Si può criticare, cercare di condizionare l'azione di governo, far finta di contare qualcosa, ma occorre rispettare il patto sottoscritto costi quel che costi.
Le minoranze sono avvisate nonostante che Giordano sia stato eletto con l'astensione delle correnti di Grassi e di Cannavò per lanciare "un segnale di apertura" che potesse portare alla "gestione unitaria" del partito.
Le contraddizioni nel CPN erano comunque già esplose sul rifinanziamento della missione in Afghanistan e sulla politica economica del governo.
Il CPN ha approvato a maggioranza un documento proposto dalla segreteria in cui si chiede un "cambiamento della politica estera dell'Italia, una nuova politica economica e sociale". Ha respinto invece, 100 contro 57, un ordine del giorno presentato da Grassi, Burgio, Cannavò e Malabarba che avrebbe impegnato i parlamentari di Rifondazione a votare no a qualsiasi atto non prevedesse l'immediato ritiro delle truppe dall'Afghanistan.
In sostanza, è stata lasciata mano libera ai parlamentari di Rifondazione di votare il rifinanziamento della missione senza dover costringere il governo a imporre il voto di fiducia e dare quindi segni di debolezza e scollatura. Con Grassi che si domanda come potrà capire l'elettorato un tale voto dopo che il PRC ha votato per otto volte contro la missione.
Sulla politica economica e sociale il punto più caldo è quello della manovra bis che ha registrato disaccordo anche nella maggioranza con Alfonso Gianni, ex fedelissimo di Bertinotti e sottosegretario allo Sviluppo economico, nettamente contrario e Paolo Ferrero che è stato più possibilista.
Oltre che manifestazione delle faide interne e dei rancori alimentati dalla spartizione delle numerose poltrone e sgabelli governativi e istituzionali, le contraddizioni all'interno del vertice del PRC sono soprattutto il riflesso delle pressioni che salgono dalla base di Rifondazione che già registra abbandoni di militanti e la deludente affermazione elettorale alle amministrative dove in grandi città, come Milano, addirittura dimezza i consensi. La base non digerisce affatto la svolta governativa del vertice e i primi passi del governo della "sinistra" borghese Prodi in perfetta continuità con quello del neoduce Berlusconi sia in politica interna che estera. Così come non gradisce la corsa alle poltrone romane e locali dei propri dirigenti e il ruolo di cane da guardia della Camera perfettamente interpretato da Bertinotti.
Un dissenso fra base e vertice che ha già spinto i maggiori esponenti della mozione 3 (Per un progetto comunista), i trotzkisti Marco Ferrando e Franco Grisolia, da una parte, e Francesco Ricci, dall'altra, a uscire dal PRC per creare nuovi "specchietti per le allodole" nel tentativo di catturare l'emorragia a sinistra del partito. I primi dando vita a il "Movimento costitutivo del partito comunista dei lavoratori", che si è riunito per la prima volta con scarsi esiti il 23 giugno, e il secondo dando vita a "Progetto comunista - Rifondare l'opposizione dei lavoratori" che si propone di fondare entro l'anno un nuovo "partito comunista".
Giordano fa molta fatica a tenere unito il partito. In più deve vedersela con il vertice revisionista e trotzkista del PdCI di Diliberto e Rizzo (ex Lotta continua) che tatticamente sta giocando la carta del minor coinvolgimento governativo e istituzionale e di una presunta maggior fermezza a parole sui principi (per poi allinearsi regolarmente alle decisioni del governo) proprio per rosicare voti e militanti al PRC.
Il rischio è di arrivare alla fondazione della Sezione italiana della Sinistra europea con un partito allo sfascio. Ecco perché Giordano ha insistito nella sua relazione e nelle conclusioni sulla necessità di accelerarne i tempi di realizzazione prima che i rapporti con i movimenti siano completamente logorati e nella speranza che la sinistra DS venga loro in aiuto una volta persa la partita contro la nascita del partito democratico.
Comunque vada, la deriva di Rifondazione è ormai certa. I sinceri comunisti e fautori del socialismo che militano nel PRC non devono coltivare più illusioni. Sarebbero solo una perdita di tempo. Tempo che potrebbero invece spendere efficacemente subito decidendo di militare nel PMLI, e lottare insieme a noi contro il governo Prodi della "sinistra" borghese, per l'Italia unita, rossa e socialista.

5 luglio 2006